Il mio canto libero – Primo maggio e 70 anni della Cisl: le nuove sfide del lavoro nella ripartenza

Bollettino ADAPT 4 maggio 2020, n. 18

 

Nei giorni scorsi abbiamo celebrato in successione i 70 anni della Cisl e la festa internazionale del lavoro. La cultura della organizzazione sindacale di ispirazione cristiana appare ancor più utile nel momento in cui affrontiamo una faticosa e incerta ripartenza dell’economia dopo il blocco delle attività imposto dal contagio. Dalla sua nascita, la Cisl ha coerentemente rifiutato la omologazione dei lavoratori in una indistinta classe votata al conflitto sociale, considerato quale fine ultimo della sua azione il benessere di ciascuna persona nella sua originalità, ritenuto l’impresa una comunità nella quale promuovere relazioni collaborative. La Cisl ha sempre difeso l’autonomia dei corpi sociali diffidando delle ingerenze del legislatore perché il contratto è per definizione flessibile, adattivo tra le parti, tanto quanto la legge è omologa, rigida e dipendente dai mutevoli equilibri politici. Per questa ragione si è opposta ad una regolazione legislativa del salario minimo e della rappresentatività sindacale che porterebbe le organizzazioni tutte nella dimensione pubblicistica. Sarebbe la vittoria postuma del corporativismo contro l’idea di società aperta che ha informato tutta la storia repubblicana dei corpi intermedi. Liberi e responsabili loro e gli accordi che reciprocamente stabiliscono.

 

Ci interroghiamo ora, con preoccupazione, sulle conseguenze occupazionali della combinazione tra rivoluzione tecnologica e recessione globale di origine pandemica. La ripresa vedrà probabilmente la morte di molte imprese marginali, la sopravvivenza in dimensione più contenuta di altre e la accelerazione diffusa dei processi di digitalizzazione con il risultato della scomparsa di molti posti di lavoro tradizionali. Sarà difficile per un sindacato partecipativo concorrere a gestire questi processi in modo che si traducano in posti di lavoro e in occupabilità delle persone. Vi sarà da un lato la propensione ideologica ad agire centralisticamente con illusori vincoli legislativi come quello collegato ai benefici della liquidità. E, dall’altro, la tentazione di molte imprese di sostituire quanto più possibile il lavoro con la tecnologia senza dialogo sociale. La stessa esperienza del lavoro da remoto potrebbe sollecitare questo convincimento.

 

Si accentueranno quindi i problemi della transizione ad altre professionalità per molti lavoratori e l’esigenza di politiche attive che li accompagnino efficacemente. Avevamo in Italia la buona pratica lombarda della “dote lavoro”, che consegnava al disoccupato la scelta del servizio cui rivolgersi, ma è stata fermata da una capziosa indagine europea sull’uso dei fondi relativi. Toccherebbe alle parti sociali difenderla e riproporla su scala nazionale per stimolare la competizione tra soggetti pubblici e privati in funzione del migliore accompagnamento al lavoro. Inoltre, è giunto davvero il momento di utilizzare con procedure semplificate le risorse del Fondo Sociale Europeo e dei fondi bilaterali per un piano nazionale di alfabetizzazione digitale. Soprattutto, solo un’azione sindacale moderna e duttile potrebbe conquistare le condizioni per la condivisione. Occorrono flessibilità regolatorie che, tuttavia, difficilmente governo e parlamento potranno garantire anche perché serviranno diverse nelle varie circostanze. Solo accordi aziendali e territoriali in deroga alle leggi e ai contratti nazionali potranno definire nuovi moduli di orario, rendere produttivo il lavoro a distanza, semplificare l’uso dei contratti a termine, conservare le collaborazioni senza la rigidità che le ha assimilate tutte a lavoro subordinato. La Cisl sarà certamente pronta a condividere soluzioni pragmatiche. Gli imprenditori, le loro associazioni, i consulenti del lavoro saranno disponibili anche ad accordi “separati”, ove inevitabili, o preferiranno approfittare della chiusura ideologica di altri sindacati per fare da soli? Come ha detto il vicesegretario della Cisl Luigi Sbarra, in una recente intervista, tocca soprattutto al sindacato proporre le giuste flessibilità se si vogliono salvare e produrre posti di lavoro.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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