Il mio canto libero – L’eccezione italiana della violenza sul lavoro

Bollettino ADAPT 28 settembre 2020, n. 35

 

È stato facile prevedere che la usuale “canizza” nella rete a seguito di un atto lavoristico contestato, come l’accordo tra Ugl e Assodelivery, avrebbe potuto trasformarsi in atti di violenza. E potremmo essere solo all’inizio di una nuova fase conflittuale nella quale le semplificazioni ostili di molti determinano le pietre dei soliti noti incoraggiati dalla “comprensione” delle istituzioni.

 

Il primo contratto per i riders è stato ritenuto legittimo da molti giuslavoristi non sospetti di simpatia verso l’organizzazione sindacale firmataria. La rappresentatività degli attori che si sono vicendevolmente riconosciuti nel perimetro addirittura definito dalla legge non ha trovato convincenti contestazioni. In altri tempi sarebbero stati i rapporti di forza effettivi, ovvero la capacità di mobilitazione dei lavoratori di settore, l’arma impiegata dalle organizzazioni escluse per dimostrare la propria rappresentatività. Oggi si preferiscono la via causidica, l’appoggio del Ministero, l’alleanza con i centri sociali, la colpevolizzazione dei “nemici di classe” nei messaggi radicali che si rincorrono nella rete.

 

Analogamente, è stata sufficiente la richiesta di riformare la contrattazione collettiva per sostenere criteri come la produttività o la professionalità per mettere nel mirino esponenti della nuova Confindustria come Bonometti e Pasini. La vulgata li vuole, con Bonomi, imprenditori egoisti e dediti a punire il lavoro mentre, al contrario, chiedono di migliorare le politiche attive per i disoccupati e di premiare i lavoratori che hanno concorso ai risultati aziendali. Si ripropongono parole d’ordine dimenticate e pericolose personalizzazioni che possono far riemergere il fenomeno carsico del terrorismo in un Paese che non si è mai liberato del tutto dai cattivi maestri e dalla ostilità all’impresa privata.

 

Lanciare l’allarme non significa ovviamente inibire la legittima e doverosa dialettica politica e sindacale ma rammentare a ciascuno il particolare contesto italiano, la sua storia lontana e recente, il dovere per il rispetto delle idee e ancor più delle persone. Ha senso che in una democrazia europea molti di coloro che si occupano a vario titolo di lavoro debbano essere protetti dal timore di atti ostili mentre nulla o poco viene fatto per sradicare alcune note scuole di violenza? Non c’è giustificazione sociologica o politica che possa indurre ad accettare una anomalia in tutto e solo italiana.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

Il mio canto libero – L’eccezione italiana della violenza sul lavoro
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