Ferie e Cassa Integrazione: la Cassazione torna sul punto

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Bollettino ADAPT 12 settembre 2022, n. 30
 
Con l’ordinanza n. 24977 del 19 agosto 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul delicato tema della fruizione delle ferie su determinazione unilaterale del datore di lavoro, a ridosso di un periodo di cassa integrazione.
 
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del comportamento aziendale – già accertata nei due precedenti gradi di giudizio – in considerazione del fatto che i lavoratori erano stati collocati forzosamente in ferie senza alcuna preventiva comunicazione da parte del datore di lavoro, il quale aveva provveduto a preavvisare solo la RSU.
 
Secondo alcuni primi commenti un po’ “frettolosi”, tale pronuncia imporrebbe limiti più stringenti, rispetto al passato, alla facoltà del datore di lavoro di collocare in ferie i dipendenti in concomitanza con l’avvio di una procedura di cassa integrazione.
 
Invece, un’attenta lettura della motivazione porta a conclusioni differenti.
 
Fermo restando che l’art. 2109 c.c. prevede che le ferie vengano godute “nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze degli impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”, sia la giurisprudenza sia la prassi applicativa sul punto sono piuttosto consolidate nel ritenere che la cassa integrazione debba essere considerata una situazione eccezionale e imprevedibile che può giustificare la decisione del datore di lavoro di posticipare il godimento delle ferie annuali residue all’esito della stessa, in caso di sospensione dei rapporti di lavoro al 100% (in caso di sospensione parziale, invece, i lavoratori devono ovviamente poter godere delle ferie per il recupero delle proprie energie psico-fisiche: sul punto, cfr. nota-circolare INL 23 novembre 2021, n. 1799; circolare INPS, 1 agosto 2016, n. 139; Interpello Ministero del Lavoro n. 19/2011).
 
Inoltre, come è noto, vi è una prassi consolidata dell’INPS per cui viene richiesto alle aziende di precisare se siano state “smaltite” le ferie maturate (quantomeno) negli anni precedenti dai dipendenti, essendo opportuno che ciò avvenga prima di ricorrere alla finanza pubblica. Tale prassi – come ritenuto, ad esempio, da Trib. Bergamo, 30 maggio 2013, n. 489 – costituisce una corretta applicazione del principio solidaristico, di cui all’art. 2 Cost., secondo cui ai singoli viene sì garantito il riconoscimento ed il rispetto dei diritti fondamentali, ma pure richiesto l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. E sarebbe certo contrario a questa ispirazione solidaristica il fatto di posporre sempre e comunque le esigenze di salvaguardia delle risorse pubbliche (che, come l’attualità insegna, non sono affatto illimitate) all’interesse dell’individuo a scegliere a proprio piacimento quando fruire di ogni singolo giorno di ferie, o magari a monetizzare le ferie eccedenti il periodo minimo garantito (…)”.
 
In ogni caso, anche in tali ipotesi, la giurisprudenza ha sempre precisato che il ricorso alle ferie debba essere sempre gestito tramite una comunicazione preventiva ai singoli lavoratori, meglio se a valle di un accordo sindacale (cfr. App. Roma, 5 ottobre 2005, n. 7332; Cass., 8 febbraio 1988, n. 1329; sul potere del datore di lavoro di disporre unilateralmente il periodo di godimento delle ferie, ove vi siano oggettive ragioni aziendali, cfr. Cass., 11 febbraio 2000, n. 1557 e Cass., 12 giugno 2001, n. 7951).
 
A parere di chi scrive, la pronuncia in esame non si discosta da tale filone interpretativo.
 
Infatti, la Suprema Corte:

– anzitutto, ha ribadito che l’art. 2109 cod. civ. attribuisce all’imprenditore il potere di fissare unilateralmente il periodo di fruizione delle ferie “in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali”;

– ha aggiunto che tale potere deve comunque trovare un bilanciamento con le esigenze del lavoratore e con il diritto di quest’ultimo a conseguire dalle ferie la finalità a cui sono preordinate, ossia il ristoro delle energie psicofisiche (anche detto principio si può ritenere consolidato);

– ha poi precisato che, affinché vi sia il ristoro delle energie psico-fisiche, è necessario che il lavoratore sia preavvisato della propria collocazione in ferie e che le stesse non siano eccessivamente frammentate (come avvenuto nella fattispecie in esame), o comunque non siano collocate in modo del tutto arbitrario dal datore di lavoro, perché ciò “si pone in contrasto con l’oggettivo conseguimento della finalità cui le ferie sono intrinsecamente preordinate (il ristoro delle energie psico fisiche)”.
 
A tutto voler concedere, l’unico aspetto “nuovo” riguarda il breve passaggio motivazionale relativo al mancato riconoscimento della prassi dedotta dall’azienda in materia di preventivo smaltimento delle ferie per accedere alla CIGS: tuttavia, la motivazione si concentra più che altro sul fatto che, nel caso di specie, la prassi non risultava provata e neppure si poteva desumere dalla nuova disciplina legislativa in materia di CIGS, in quanto non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
 
Quale logico corollario di quanto precede, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la comunicazione inviata alla sola RSU non potesse equipararsi all’avviso individuale, diretto ai singoli lavoratori: pertanto, il comportamento posto in essere dal datore di lavoro è stato considerato illegittimo, in quanto evidentemente attuato con modalità tali che non avevano permesso l’effettivo godimento delle ferie stesse. Ciò anche in ragione del fatto che “il collocamento forzoso in ferie dei lavoratori era stato disposto con una modalità del tutto peculiare (due, quattro o otto ore giornaliere durante il periodo di collocamento in CIGS), di cui gli stessi sono stati resi edotti solo successivamente al godimento e dalla consultazione delle buste paga”.
 
In conclusione, la pronuncia conferma – in astratto e nei limiti sopra richiamati – la facoltà del datore di lavoro di collocare in ferie i dipendenti in prossimità dell’avvio di una procedura di cassa integrazione, precisando però – come da giurisprudenza consolidata – che la comunicazione preventiva di collocazione in ferie deve essere inviata personalmente a ciascun interessato e non può essere sostituita da una mera comunicazione alle rappresentanze sindacali.
 
Federico Ubertis

ADAPT Professional Fellow

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