I profili formativi dell’apprendistato: una lettura in chiave di sistemi di relazioni industriali

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Bollettino ADAPT 21 settembre 2020, n. 34

 

È qualche giorno fa il dato, rilevato dall’Osservatorio sul Precariato dell’INPS, secondo il quale, durante il primo semestre del 2020, il tasso di conferma in servizio degli apprendisti una volta concluso il periodo di formazione è cresciuto del 9% rispetto al 2019. Nello stesso periodo, il numero di trasformazioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato ha registrato un calo del 32,1%.

 

Un risultato positivo anche se probabilmente dovuto più alle rigidità normative in materia di lavoro temporaneo che a un reale investimento formativo del sistema delle imprese. Vale dunque la pena riportare i riflettori sul sistema di apprendistato italiano, rilevando anche eventuali correttivi che, a costi anche relativamente sostenuti, potrebbero rappresentare una svolta.

 

La prospettiva di analisi offerta dai sistemi di relazioni industriali conferma la presenza di un nodo di fondo che frena il pieno sviluppo dell’istituto. Il riferimento è il mancato raccordo tra gli standard formativi del sistema scolastico e gli standard professionali definiti nei contratti collettivi. È questa – come sostenuto in dottrina (su tutti si veda M. TIRABOSCHI, L’apprendistato dopo il Jobs Act, in M. TIRABOSCHI, L’apprendistato dopo il Jobs Act, in F. CARINCI (a cura di), Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus va- riandi, ADAPT University Press, 2015, liberamente scaricabile presso la Banca Dati “Studi Scientifici” di fareApprendistato di ADAPT) – la principale barriera al radicamento del sistema duale cui pure anche la riforma del 2015 fa rituale riferimento.

 

Al fondo v’è, più ancora, una incomunicabilità tra contrattualisti e formatori come documenta l’uso incontrollato di termini e concetti chiave poco alla volta introdotti dal legislatore a partire dal Testo Unico dell’apprendistato del 2011.

 

Non è dunque fuori luogo ribadire che gli standard formativi costituiscono i livelli essenziali della prestazione formativa che le istituzioni formative coinvolte nei percorsi di apprendistato duale dovrebbero garantire. Il Decreto ministeriale del 12 ottobre 2015 definisce tali standard minimi, disponendo alcune regole generali, come la durata dei percorsi, i requisiti del datore di lavoro per la stipula di contratti di apprendistato duale (capacità strutturali, tecniche e formative), il contenuto dei Piani Formativi, il monte orario della formazione esterna, i diritti e doveri degli apprendisti derivanti dal doppio status di studente e lavoratore, i compiti e i requisiti del tutor, le modalità di valutazione e certificazione del competenze.

 

Per sapere cosa si intende, invece, per standard professionali occorre risalire all’art. 46, comma 3, d.lgs. 81/2015 che tratta proprio della «correlazione tra standard formativi e standard professionali». Per perseguire questo scopo e quello di armonizzare le diverse qualifiche e qualificazioni professionali, la norma istituisce il Repertorio delle professioni predisposto sulla base dei sistemi di classificazione del personale previsti nei contratti collettivi di lavoro.

 

Il Repertorio delle professioni, in teoria, avrebbe dovuto creare una corrispondenza tra standard formativi e standard professionali, creando la grammatica necessaria per il tanto invocato rapporto tra mondo della scuola e mondo del lavoro. Un rapporto a due sensi di marcia che avrebbe consentito, da un lato, di mettere in trasparenza i sistemi di classificazione del personale e di supportare la programmazione dell’offerta formativa pubblica, che avrebbe potuto articolarsi in percorsi formativi al termine dei quali il giovane otteneva una qualifica professionale. Dall’altro lato, grazie a un’implementazione reale del Repertorio, sarebbe stato possibile immaginare anche che il riconoscimento della qualifica professionale equivalesse al titolo e diploma professionale.

 

Una simile trasparenza e la possibilità di un’equivalenza tra standard formativi e professionali pare immaginabile all’interno dell’ordinamento italiano. Le parti sociali avrebbero invero potuto strutturare un sistema italiano di apprendistato governato dalle relazioni industriali. Ciò non è accaduto neppure per l’apprendistato professionalizzante che è la formula più elementare tra le numerose tipologie di apprendistato ammesse dall’ordinamento. La mappatura dei contratti collettivi nazionali contenuti nellOsservatorio sulla contrattazione collettiva di fareApprendistato.it   segnala una diffusa incomunicabilità tra i profili formativi dell’apprendistato e i sistemi di classificazione del personale. I primi sono costruiti come un corpo a sé stante del contratto collettivo, spesso relegati in allegati all’accordo, ben distinti rispetto agli inquadramenti; i secondi, come noto, non sono aggiornati da oltre trent’anni nella maggior parte dei contratti nazionali vigenti. Non di rado, all’interno dello stesso CCNL sono previsti percorsi formativi dell’apprendistato che non aderiscono alle qualifiche previste dalle medesime parti sociali. Anche le stesse tecniche di descrizione dell’occupazione divergono: se i profili formativi sono frequentemente scomposti e articolati in una pluralità di competenze, conoscenze e abilità da acquisire, le qualifiche professionali sono di converso rappresentate attraverso sintetiche declaratorie che spesso si rivelano inattuali e incapaci di fotografare il contenuto del lavoro d’oggi.

 

I prossimi mesi saranno caratterizzati da turbolenze economiche e dal dibattito su come gestire le ingenti risorse provenienti dal piano comunitario Next Generation EUNella consapevolezza che un vero sistema di apprendistato non possa imporsi senza una reale collaborazione degli attori istituzionali e senza una convinta adesione culturale da parte del mondo della scuola, le Parti sociali potrebbero comunque prendersi la responsabilità di rilanciare lo strumentoSia nel dibattito pubblico che nella progettualità e nell’operatività dell’azione rappresentativa e sindacale: la maggior cura nel dialogo tra profili formativi e sistema di classificazione delle qualifiche, la predisposizione di una disciplina dell’apprendistato duale (dalla mappatura sopra richiamata è emerso come meno di un terzo dei CCNL menzioni l’apprendistato duale), la promozione della bilateralità come soggetto capace di progettazione dei percorsi formativi e di monitoraggio della qualità degli stessi: sono alcune delle sfide che le relazioni industriali possono intraprendere da subito e autonomamente.

 

Giorgio Impellizzieri

ADAPT Junior Fellow

@giorgioimpe

 

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