Transizione verde e formazione continua: strumenti e metodi per un’efficace governance delle competenze
| di Elisa Macario
Bollettino ADAPT 26 maggio 2025, n. 20
Gli effetti del cambiamento climatico – a fronte dei quali, nel 2019, i Paesi europei hanno firmato il c.d. Green Deal europeo (EGD) con l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050 – stanno mettendo a dura prova i sistemi produttivi delle economie mondiali, gettando luce sull’esigenza di nuove misure di governo del cambiamento. Affinché le società non subiscano la “transizione verde” (green transition) ma la dirigano è fondamentale investire sullo sviluppo delle competenze di tutti i cittadini: a tal proposito, la formazione professionale continua (Continuing Vocational Education and Training, CVET) gioca un ruolo determinante.
Come puntualizza una recente pubblicazione del CEDEFOP (Meeting skill needs for the green transition. Skills anticipation and VET for a greener future), dal momento che la transizione ecologica, oltre ad impattare sull’economia, influenza anche il mercato del lavoro, se da un lato sempre più attività lavorative dovranno attenersi agli standard di ecosostenibilità, o col tempo spariranno, dall’altro i lavoratori saranno chiamati ad aggiornare le proprie competenze con maggiore assiduità. A fronte dell’invecchiamento della popolazione e della scarsità di manodopera giovanile è pertanto fondamentale incentivare la diffusione e il rinnovamento dei programmi di formazione continua, cosicché il re- e up-skilling dei lavoratori agevoli la loro transizione da occupazioni ormai obsolete verso mansioni più ecosostenibili. Infatti, nonostante la formazione dei più giovani rappresenti un fattore primario per lo sviluppo delle società, si tratta di un processo che richiede tempo per dare i suoi frutti; al contrario, la formazione di individui adulti già inseriti nel mercato del lavoro permette di rispondere in maniera diretta e immediata ai fabbisogni di competenze generati dalla transizione ambientale.
Affinché la transizione green abbia effettivamente luogo, quindi, è essenziale promuovere lo sviluppo di “competenze verdi” (green skills) in tutti i settori lavorativi: a differenza di una decina di anni fa, infatti, l’obiettivo della transizione ecologica non è più circoscritto alla sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili – e dunque rivolto a quei lavori ad impatto diretto sull’ambiente –, ma si estende a tutti i settori produttivi. Di conseguenza, la domanda di green skills si rivolge anche a quelle occupazioni che apparentemente non hanno ricadute dirette sull’ecosistema (ad esempio l’analisi finanziaria, relativamente alla quale, tuttavia, lo studio del CEDEFOP riporta che la richiesta di competenze verdi in Italia è rimasta invariata – inferiore all’1% – tra il 2020 e il 2024), motivo per cui diventa cruciale saper individuare i trend del mercato del lavoro e le skills più utili da trasmettere nella transizione da un’occupazione ad un’altra, così da facilitare l’identificazione delle opportunità lavorative e di formazione più adatte ai lavoratori, nonché l’aggiornamento dei programmi di CVET in maniera informata.
Un primo passo verso questa direzione, dunque, consiste innanzitutto nell’istituzione di una solida “governance delle competenze” (skills governance), ovvero una collaborazione tra più parti – che siano pubbliche, private o del terzo settore, nonché appartenenti ad ambiti o località geografiche diverse – che abbia il fine di favorire lo sviluppo delle competenze nel mercato del lavoro attraverso la garanzia dell’allineamento tra politiche ambientali e altri domini politici (ad esempio l’istruzione, la formazione e l’economia), investimenti e la diffusione della cosiddetta “anticipazione delle competenze” (skills anticipation). Nello specifico, quest’ultima consiste nella valutazione sistematica del fabbisogno formativo del mercato del lavoro tramite l’utilizzo di diversi strumenti di analisi (ad esempio la previsione delle skills, sondaggi e analisi di dati), e rappresenta uno dei principali strumenti di implementazione della suddetta skills governance.
Dal rapporto del CEDEFOP emerge pertanto che al cuore di un’efficace governance delle competenze risiede la mediazione tra parti interessate: è proprio in virtù della collaborazione tra queste ultime, infatti, che diviene possibile agevolare la transizione ecologica del mercato del lavoro e rafforzare l’occupabilità a lungo termine dei lavoratori. In particolare, a livello regionale e locale l’intermediazione di parti sociali, camere di commercio e agenzie regionali gioca un ruolo determinante nell’assicurare la responsività del sistema di CVET. Lo studio del CEDEFOP evidenzia infatti che nelle regioni tradizionalmente industriali e ancora largamente dipendenti dall’uso intensivo di combustibili fossili, in assenza di supporto esterno nei processi di adattamento e promozione della transizione ecologica, l’impatto di quest’ultima sull’occupabilità dei lavoratori tende ad essere significativamente negativo, traducendosi in importanti licenziamenti di massa. Le strategie di re- e up-skilling, quindi, devono sempre tenere conto della dimensione delle imprese ed essere altamente contestualizzate.
Sulla base del fatto che per promuovere la sostenibilità della CVET e dell’occupazione la collaborazione è una condizione necessaria, un altro mezzo di implementazione della skills governance può essere individuato nell’apprendistato, strumento che si colloca al confine tra il sistema di istruzione e il mercato del lavoro. Proprio in virtù della sua duplice funzione di percorso formativo e al contempo lavorativo – che agevola lo scambio tra formatori e tutor aziendali, nonché la fertilizzazione delle idee –, infatti, l’apprendistato assicura il continuo sviluppo e aggiornamento delle competenze dei lavoratori, e pertanto si delinea come un valido strumento di promozione dell’occupabilità a lungo termine a fronte della transizione ecologica.
Anche l’efficacia dell’apprendistato, però, è strettamente connessa alla cooperazione tra parti sociali e istituzioni: è particolarmente importante, infatti, che le piccole-medie imprese (PMI) ricevano supporto nell’attenersi agli standard imposti dalle politiche ambientali e per lo sviluppo delle competenze, ma anche le scuole professionali locali nell’aggiornare i propri curricula con nozioni riguardanti la sostenibilità. A tal proposito, il CEDEFOP individua nella creazione di apposite piattaforme di collaborazione online una possibile soluzione per favorire l’interazione tra scuole professionali, enti bilaterali, camere di commercio e specialisti della formazione. Tali piattaforme, infatti, contribuirebbero a rendere l’apprendistato uno strumento di supporto alla transizione ecologica, poiché favorendo la condivisione delle conoscenze e la fertilizzazione delle idee tra insegnanti, formatori e apprendisti, sopperirebbero alla necessità di continuo aggiornamento delle competenze; inoltre, agevolando l’interazione con esperti della sostenibilità, supporterebbero PMI e scuole professionali nell’aggiornamento dei loro programmi di formazione.
A proposito di nuove tecnologie, sono numerosi (ancorché poco diffusi) gli approcci sistematici all’integrazione di soluzioni digitali e di Intelligenza Artificiale (IA) alla VET che stanno emergendo: in particolare, sono rivolti ad insegnanti e formatori per permettere loro di aggiornare i propri programmi e strumenti didattici, rendere più accessibili i materiali e promuovere l’emergere di innovazioni nei processi di apprendimento; inoltre, forniscono supporto ai ricercatori nell’anticipazione delle skills, identificando tempestivamente nuove occupazioni e competenze richieste dal mercato del lavoro. Nonostante l’implementazione di strumenti di IA richieda un’importante riflessione da parte degli enti di istruzione e formazione affinché se ne faccia un uso etico e orientato allo sviluppo sostenibile, la tecnologia rappresenta dunque un’ulteriore opportunità di skills governance per rendere la VET più responsiva ai pressanti e frequenti cambiamenti imposti dalle innovazioni green.
Tuttavia, per quanto l’integrazione sistematica nei luoghi di lavoro della CVET sia essenziale per non subire la transizione ecologica, e pur rappresentando lo scopo centrale della skills governance, siamo ancora lontani dalla realizzazione di tale obiettivo: il reskilling e l’upskilling, infatti, vengono spesso sottovalutati e non considerati come parti integranti delle strategie messe in atto. Ciò è dovuto al fatto che lo sviluppo delle competenze viene spesso concepito come un modo per reagire alle strategie di innovazione, crescita o competitività, focalizzate primariamente sulla ricostruzione economica; tuttavia, finché la formazione non verrà riconosciuta per il suo ruolo propulsivo e non meramente reattivo, l’implementazione di programmi di up- e re-skilling a supporto della transizione ecologica non verranno mai estesi a tutti i settori e individui.
In contrasto con questa tendenza, però, le cosiddette “microcredenziali” (microcredentials) rappresentano secondo lo studio del CEDEFOP un efficace metodo di fruizione e diffusione della formazione continua: come suggerisce il nome, si tratta di brevi contenuti formativi che facilitano l’apprendimento in virtù della loro flessibilità e adattabilità ai bisogni del destinatario; la brevità dei moduli formativi, infatti, permette al lavoratore di impegnarsi nel percorso di apprendimento in base alle proprie disponibilità, assicurandogli l’opportunità di completare il percorso e ottenere una certificazione. Per quanto le microcredenziali non possano sostituire la preparazione dei tradizionali percorsi formativi, rappresentano un ottimo strumento complementare: infatti, anziché focalizzarsi sugli input necessari all’apprendimento (ovvero quando, dove e come questo debba aver luogo), l’approccio delle microcredenziali si concentra su quello che il destinatario sa, può fare e comprendere attraverso il corso di formazione, soddisfacendo così la domanda di green skills e supportando il reindirizzamento dei lavoratori verso nuove occupazioni.
Oltre all’adattabilità e alla flessibilità dei contenuti formativi ai bisogni del destinatario, però, è bene sottolineare che il valore delle microcredenziali è dato anche dalla possibilità di ottenere una certificazione al termine del corso di formazione di cui si è fruito. Dal momento che la maggior parte dei processi di apprendimento ha luogo al di fuori dei contesti formali (stando all’Adult Education Survey condotto dall’Eurostat nel 2024, circa il 40% della popolazione adulta europea partecipa a corsi di formazione non formale, il 65% partecipa a corsi di formazione informale e solo il 7% a corsi di formazione formale), infatti, il tema della validazione delle diverse forme di apprendimento assume un ruolo centrale, poiché la certificazione dell’upskilling e del reskilling che i lavoratori sviluppano in maniera non formale o informale, direttamente sul posto di lavoro, permetterebbe loro di accedere ad altre occupazioni, accelerando significativamente il processo di transizione green. Tuttavia, nonostante da un punto di vista legale la via per la validazione delle competenze sia accessibile, la strada da percorrere verso la sua implementazione è ancora lunga: al di là della difficoltà nel reperire le imprese più piccole, ci vorrà ancora del tempo prima di riuscire a definire una metodologia per la validazione delle competenze che riscontri un comune consenso in tutta Europa.
Alla luce di quanto emerso, e considerando un contesto italiano che risulta ancora caratterizzato da una diffusa frammentazione delle politiche formative e da una limitata capacità di raccordo tra attori pubblici e privati, è evidente come la collaborazione tra istituzioni, parti sociali, imprese e sistema educativo rappresenti un nodo cruciale per governare efficacemente la transizione verde. In un Paese dove le disparità territoriali incidono profondamente sull’accesso alla formazione e sull’innovazione nei modelli produttivi, la creazione di reti stabili di cooperazione può costituire il volano per rafforzare la resilienza del mercato del lavoro, sostenere le piccole-medie imprese nei percorsi di riconversione sostenibile e promuovere modelli formativi capaci di rispondere tempestivamente ai fabbisogni di green skills. Investire in una governance delle competenze che sia solida, inclusiva e capace di valorizzare strumenti innovativi come le microcredenziali e l’apprendistato, significa dunque trasformare la transizione ecologica in un’opportunità di crescita sostenibile e occupazione qualificata per tutto il tessuto produttivo italiano. Una risposta “verde” al cambiamento climatico, che parta dalle persone.
Elisa Macario
ADAPT Junior Fellow
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