Spagna: la diffusione di foto intime della relazione con una collega rende legittimo il licenziamento disciplinare
| di Lavinia Serrani
Bollettino ADAPT 28 aprile 2025, n. 16
Il Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (TSJCLM) ha confermato, con la recente sentenza n. 296 del 21 febbraio 2025, la legittimità del licenziamento di un lavoratore che aveva diffuso foto di nudo di una collega con cui aveva intrattenuto una relazione, riportando anche verbalmente a terzi, in alcune conversazioni sul luogo di lavoro, particolari intimi relativi ai rapporti sessuali. Una condotta che ha portato la collega a sentirsi molestata.
Il lavoratore prestava servizio dall’agosto 2017 presso la Residenza Nuestra Señora de Fátima di Almadén di Ciudad Real come fisioterapista, con contratto a tempo pieno e indeterminato. Venuta a conoscenza dei fatti nel dicembre 2023, la direzione del Centro aveva avviato un’indagine interna, nel corso della quale, il 9 gennaio 2024, il Direttore aveva incontrato la lavoratrice interessata, la quale pur confermando di aver avuto rapporti sessuali saltuari con il lavoratore e di avergli fornito fotografie intime in cui appariva nuda o quasi, mai l’aveva autorizzato a mostrarle a terzi. Ha inoltre dichiarato che attraverso le utenti del centro, il lavoratore le faceva arrivare messaggi sessualmente allusivi – come, ad esempio, che lei avrebbe dovuto raggiungerlo a casa sua o simili – affinché continuasse a intrattenere rapporti con lui. «So che raccontava alle “nonne” il come, il dove, le posizioni», ha riferito la lavoratrice al proprio superiore. «È il suo modo di vendicarsi per il fatto che non voglio più andarci a letto. Mi sento umiliata».
In data 17 gennaio 2024 l’azienda avviava un procedimento disciplinare e, considerata la gravità dei fatti, si procedeva cautelativamente a sospendere dal lavoro il dipendente, vietandogli l’accesso al Centro ed esonerandolo dall’effettuare la propria prestazione lavorativa, fino alla conclusione del procedimento.
Il 1° febbraio 2024, veniva comunicato al lavoratore il licenziamento disciplinare con effetto immediato, avendo l’azienda giudicato le sue azioni come infrazioni molto gravi in termini di molestie sessuali e maltrattamenti nei confronti di colleghi di lavoro e utenti del centro. Come si legge, difatti, nella lettera di licenziamento riportata nella sentenza «sia l’utente a cui si è fatto riferimento, sia la vittima dei fatti, hanno confermato che lei, con l’intento di ledere l’integrità morale della sua collega a seguito del suo rifiuto di continuare ad avere rapporti intimi con lei, ha rivelato segreti intimi a terzi (utenti, colleghi, ecc.). Allo stesso modo, è stato accertato che lei faceva commenti e persino descriveva i suoi rapporti sessuali
con la collega. In nessun modo una lavoratrice è tenuta a sopportare che le utenti da lei assistite quotidianamente conoscano nei minimi dettagli le sue relazioni intime con lei.
Inoltre, vi sono chiari indizi del fatto che lei abbia mostrato ad alcune utenti del Centro fotografie della collega nuda o, comunque, con pochi vestiti, scattate durante i vostri rapporti intimi, senza la sua conoscenza né il suo consenso.
La lavoratrice ha anche dichiarato di sentirsi vittima di molestie da parte sua, affermazione confermata dalle dichiarazioni dell’utente e della precedente supervisora del Centro, la signora Alicia, che ha confermato di essere a conoscenza dei comportamenti a lei imputati. La vittima ha inoltre affermato di essere a conoscenza del fatto che lei ha tenuto la stessa condotta (rivelazione di dettagli intimi) anche nei confronti di un’altra lavoratrice del Centro.
L’ex supervisora, la signora Alicia, ha anch’essa dichiarato di essere a conoscenza dei fatti che le vengono contestati».
Peraltro, la stessa supervisora ha riportato, come si legge nella sentenza, «di aver avuto degli episodi con il ricorrente che la portarono a prendere le distanze da lui, in quanto tali episodi avevano connotazioni sessuali da lei non consentite, sebbene chiese che non venissero presi in considerazione. In particolare, lui le fece commenti sulla sua vita sessuale, le leccò un gomito e si avvicinava a lei quando era di spalle sussurrandole all’orecchio. Il suo rapporto con il ricorrente era di tipo lavorativo, freddo e distaccato».
Avverso tale licenziamento, il lavoratore decideva di adire le vie legali, portando in giudizio la propria azienda. Tuttavia, il Tribunale del Lavoro (Juzgado de lo Social) n. 3 di Ciudad Real, con sentenza del 12 novembre 2024, confermava la legittimità del licenziamento. E agli stessi risultati è giunto l’ulteriore ricorso presentato innanzi al Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha, giacché la sentenza 296/2025 ha respinto ancora una volta le sue richieste.
Il lavoratore aveva sostenuto dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha, con le stesse argomentazioni addotte anche nel giudizio anteriore, che il licenziamento fosse soltanto il frutto di una «ostilità del Direttore» nei suoi confronti e che le accuse della collega, sebbene supportate da diverse testimonianze, non fossero altro che «pettegolezzi».
Argomentazioni che, però, non hanno convinto il tribunale: «in modo marginale e senza alcun fondamento normativo, si vuole far valere un presunto caso di ostilità nell’azione disciplinare», si legge nella decisione. «La sentenza di primo grado è stata netta, solida e impeccabile al riguardo, escludendo qualsiasi violazione di diritti fondamentali, e in particolare una presunta ritorsione, che non è risultata in alcun modo provata, alla luce dei dati fattuali presenti, non smentiti, e in virtù della minuziosa e motivata ricostruzione dei fatti contenuta, che evidenzia tutte le azioni intraprese dall’azienda, senza che emerga l’esistenza di precedenti rapporti conflittuali con il Direttore né con l’ex supervisora», ha concluso il tribunale, respingendo il ricorso e confermando così il licenziamento.
La sentenza pone in luce come le molestie sul lavoro possano manifestarsi in modi svariati e come i fatti descritti nel caso di specie siano stati giustamente ritenuti di estrema gravità, in quanto si è trattato non solo di un’aggressione inammissibile all’integrità morale e alla privacy di una lavoratrice di una residenza per anziani, ma anche di una intollerabile violazione da parte del lavoratore nei confronti di persone vulnerabili che erano affidate alle sue cure, tramite commenti del tutto inappropriati e privi di qualsiasi senso di professionalità.
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona
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