Servono regole nazionali per mettere ordine nel caos del green pass al lavoro*

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

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Bollettino ADAPT 30 agosto 2021, n. 29

 

Più che una polemica estiva, quella dell’utilizzo del green pass sui luoghi di lavoro sembra essere una bomba destinata ad esplodere a settembre. Da un lato il governo continua a muoversi sul filo dell’interpretazione di norme che non prendono una posizione netta sul tema e fa parlare le FAQ più che le leggi. Dall’altro il sindacato che non ha una posizione unitaria al suo interno e che non sembra disponibile a supplire proprio all’assenza di decisionismo dell’esecutivo. In mezzo i luoghi di lavoro dove quotidianamente sorgono problemi particolari difficili da affrontare.

 

Dalla situazione delle mense alle quali, da FAQ governative, non possono accedere i lavoratori senza green pass ai casi di colleghi vaccinati e non vaccinati (magari senza neanche un tampone) che lavorano fianco a fianco. Uno scenario che sembra ancora contenuto in un agosto in cui tante imprese in cui si lavora in presenza operano a regimi ridotti tra ferie e cali della produzione, ma che a settembre potrebbe sprigionare le sue contraddizioni. L’imputato principale sembra essere un governo che ancora non ha avuto il coraggio di muoversi nella direzione di un obbligo non tanto vaccinale quanto del possesso del green pass per tutti i lavoratori e non solo per le categorie già individuate. Una reticenza che sembra far buon gioco con una retorica che vede nel sindacato (che peraltro fornisce qualche alibi) un attore ambiguo quanto dovrebbe invece essere il soggetto che ha il dovere di spingere alla vaccinazione, o quantomeno al green pass, avendo a cuore la sicurezza dei lavoratori. Retorica che appare però debole se non fondata, come ha chiesto anche il presidente di Federmeccanica negli ultimi giorni, su una norma che preveda chiaramente la necessità di green pass come requisito per l’accesso ai luoghi di lavoro.

 

Sembra quindi che la storia si ripeta. Dopo l’ultimo anno e mezzo in cui le imprese hanno potuto continuare a lavorare in virtù dei protocolli sottoscritti dalle parti sociali, si pensa di delegare ad esse anche questa delicata e potenzialmente esplosiva fase. I vari protocolli che si sono sottoscritti in migliaia e migliaia di aziende sul territorio nazionale nascevano da un protocollo sottoscritto a livello nazionale che recepiva i contenuti dei diversi decreti che si susseguivano. Un passaggio che oggi, relativamente al green pass, continua a mancare.

 

L’aggiornamento dei protocolli, a partire da una norma, sembra quindi essere la strada principe per risolvere questo stallo e per risolverlo attraverso disposizioni che siano costruite secondo le peculiarità organizzative delle imprese. Quindi la conferma di un ruolo centrale delle relazioni industriali, spesso tanto criticate, ma che non sia una strada per una deresponsabilizzazione dello Stato, quanto piuttosto un coordinamento tra più livelli. Coordinamento che peraltro potrebbe giocarsi su un supporto concreto a partire dalla garanzia di un prezzo calmierato dei tamponi che i lavoratori sprovvisti di vaccino dovrebbero effettuare. Un costo inferiore infatti, potrebbe convincere un numero maggiore di imprese a coprire in parte o totalmente questo onere necessario a fronte dell’assenza dell’obbligo vaccinale. In questo modo la responsabilità della gestione di questa fase vedrebbe la partecipazione di tre attori e non solo del sindacato a cui oggi sembra essere additata la responsabilità unica di ogni criticità. E così emergerebbero più facilmente i veri ostacoli contribuendo a mettere spalle al muro quegli atteggiamenti ambigui che non risparmiamo il rischio di una certa accondiscendenza verso una quota di lavoratori, minoritaria ma non residuale, che non ha al momento intenzione di vaccinarsi.

 

Si tratta di una strada, quella del coordinamento tra normative nazionali e azione aziendale delle relazioni industriali, che non dovrebbe limitarsi alla gestione di questa fase di transizione. Potrebbe infatti diventare, rafforzando quanto già fatto con i protocolli, metodo d’azione per affrontare la complessa fase di transizione che siamo chiamati a gestire e che ha già alcuni passaggi segnati come la riforma degli ammortizzatori sociali e la costruzione di un moderno sistema di politiche attive e di riqualificazione professionale. Riforme la cui implementazione non passa solo da forme di dialogo tra parti sociali e governo alla ricerca di compromessi ma da una costruzione di un ecosistema a più livelli in cui il ruolo di imprese e sindacati sia operativo e non solo di indirizzo.

 

Francesco Seghezzi

Presidente Fondazione ADAPT

Scuola di alta formazione su transizioni occupazionali e relazioni di lavoro

@francescoseghezz

 

*pubblicato anche su Domani, 23 agosto 2021

 

 

Servono regole nazionali per mettere ordine nel caos del green pass al lavoro*