Reti di imprese e regime di codatorialità: l’INL torna su oneri e doveri dei co-datori

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Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8
 
Con la Nota 22 febbraio 2022, n. 315, l’INL ha provveduto a fornire alcuni chiarimenti riguardo agli oneri in capo alle aziende che, appartenendo ad una rete di imprese di cui al d. l. n. 5/2009 (convertito con l. n. 33/2009), decidono di avvalersi del regime di codatorialità, introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 30, comma 4-ter, d.lgs. n. 276/2003. Quest’ultimo, intervenendo innanzitutto sull’interesse al distacco in caso di aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete, ha infatti altresì previsto che «[…] per le stesse imprese [appartenenti ad una rete] è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso».
 
Riprendendo le tematiche oggetto del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 205 del 29 ottobre 2021, l’Ispettorato, lo scorso 22 febbraio, ha mirato in primo luogo a definire le modalità con cui debbano essere effettuate le comunicazioni di inizio, trasformazione, proroga e cessazione dei rapporti di lavoro in regime di codatorialità, intervenendo contestualmente su tematiche che, in passato, non hanno mancato di destare alcune perplessità, anche con specifico riferimento alla distinzione tra lo strumento in esame e quello dell’assunzione congiunta (per un approfondimento nel merito si veda, ex multis, anche G.A. Recchia, Contratto di rete e disciplina dei rapporti di lavoro. Titolarità dell’obbligazione e imputazione di responsabilità, Adapt Working Paper n. 10, 2018).
 
Quanto ai soggetti concretamente incaricati, l’Ispettorato, recuperando quanto stabilito dall’art. 2 del Decreto Ministeriale n. 205/2021, ha chiarito che gli adempimenti comunicativi dovranno essere effettuati da un’unica impresa retista, individuata quale referente nell’ambito del contratto di rete. Nel merito, la stessa dovrà avere cura di allegare il contratto di rete stesso (comprensivo delle regole di ingaggio che disciplinano la codatorialità) da cui risulti in modo chiaro ed inequivocabile l’elenco delle imprese co-datrici oltre che l’individuazione della referente stessa. In primo luogo, l’Ispettorato sembrerebbe quindi andare oggi a confermare l’orientamento interpretativo, in passato già oggetto della Circolare n. 7 del 29 marzo 2018, secondo cui, affinché la rete possa legittimamente avvalersi del regime di codatorialità, dovrà introdurre all’interno del contratto di rete stesso apposita previsione, accompagnata da un elenco dei lavoratori oltre che dei co-datori coinvolti dall’operazione.
 
Con la nota n. 315/2022, inoltre, l’Ispettorato ha messo in evidenza come, attraverso il Modello UniRete, l’impresa referente sia tenuta a comunicare i dati relativi ai nuovi rapporti di lavoro (avviati in seguito all’attivazione del regime di codatorialità), avendo cura di individuare, per i neoassunti, il datore di lavoro di riferimento.
 
Al contrario, in caso di rapporti di lavoro preesistenti al momento dell’attivazione del regime di codatorialità, l’impresa referente della rete, sarà chiamata sempre a compilare il medesimo modello di assunzione, indicando però come co-datore di riferimento (per gli effetti sopra descritti), il datore originario, presso il quale il lavoratore risultava in forza al momento della messa a fattor comune del personale. Sarà il datore di lavoro in tal modo individuato, prosegue l’Ispettorato, a doversi far carico del rispetto degli oneri previdenziali e assicurativi nei confronti del lavoratore in oggetto, nonché degli obblighi connessi alla registrazione delle prestazioni lavorative sul Libro Unico del Lavoro.
 
Pertanto, prosegue l’Ispettorato nella propria ricostruzione, l’impresa referente per le comunicazioni, individuata dal contratto di rete, non necessariamente sarà anche il datore di lavoro di riferimento per i soggetti in regime di codatorialità. E ciò nonostante l’impresa referente della rete rimanga pienamente responsabile in caso di omissione degli adempimenti di comunicazione descritti. Secondo quanto previsto dall’art. 4 del D.M. 205/2021 (poi confermato anche dalla nota INL in esame) infatti, nel caso in cui gli oneri di comunicazione ripercorsi non dovessero essere rispettati, nei confronti dell’impresa gravata dall’onere saranno applicate le sanzioni amministrative previste dall’art. 19 del d.lgs. n. 276/2003.
 
Accanto alle descritte indicazioni, l’INL provvede poi a fornire dei chiarimenti anche riguardo a potenziali incertezze che, in ragione della codatorialità, potrebbero presentarsi con specifico riferimento ai profili di natura assicurativa e previdenziale.
 
Come anticipato anche in una prima fase della propria ricostruzione, l’Ispettorato torna a ribadire che il trattamento previdenziale e assicurativo del singolo lavoratore messo a fattor comune della rete di imprese, dovrà essere individuato in base alla classificazione dell’impresa che è stata indicata quale datrice di lavoro di riferimento ed in virtù dell’imponibile retributivo determinato, in funzione della categoria, del livello e delle mansioni assegnate al lavoratore dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro stesso.
 
Ne consegue, precisa l’Ispettorato, che il lavoratore, benché in codatorialità, in applicazione del disposto dell’art. 2103 del codice civile, dovrà essere adibito presso ciascun co-datore alle mansioni per le quali è stato assunto oppure a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento. Precisazione determinante finalizzata a fare chiarezza sull’annoso tema dello ius variandi in caso di applicazione del regime di codatorialità all’interno della rete (il tema è stato affrontato, nell’ambito di una più ampia ricostruzione nel merito, anche in D. Garofalo, Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative, Relazione alle giornate di studio di diritto del lavoro Aidlass “Frammentazione organizzativa e lavoro: rapporti individuali e collettivi”, Cassino, 18-19 maggio 2017).
 
Di non trascurabile rilevanza, inoltre, le riflessioni dell’Ispettorato del Lavoro (che a sua volta richiama quanto stabilito dal Ministero del Lavoro lo scorso ottobre), con specifico riferimento alla scelta del contratto collettivo da applicare ai lavoratori in regime di codatorialità. Secondo la posizione dell’INL, che viene diffusamente ripresa nel corso della nota, ai lavoratori coinvolti dovrà essere applicato il CCNL dell’impresa che, per il tramite della comunicazione, sia stata individuata come co-datrice di riferimento e che, in caso di rapporti di lavoro preesistenti alla costituzione della codatorialità nella rete, coinciderà sempre con il datore di lavoro originario. Tuttavia, prosegue la nota n. 315/2022, deve essere anche posto in evidenza il rilevante meccanismo di maggior tutela introdotto dall’art. 3, comma 2, del citato Decreto 205/2021, per i lavoratori che, coinvolti dalla codatorialità, debbano svolgere le proprie prestazioni alle dipendenze di co-datori che applichino contratti collettivi tra loro differenti. Al verificarsi di tale ultima circostanza, infatti, «laddove la prestazione lavorativa sia stata resa nel mese in termini prevalenti in favore di una impresa che applichi un CCNL che, per la medesima mansione, preveda una retribuzione più elevata rispetto a quella prevista dal contratto applicabile dal datore di lavoro di riferimento, l’imponibile oggetto di denuncia mensile dovrà essere adeguato a tale maggiore importo». Proprio a tale fine, secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 3, del D.M. n. 205/2021, i LUL dei lavoratori in regime di codatorialità dovranno riportare l’impiego orario del lavoratore presso ciascun co-datore.
 

Da ultimo, l’Ispettorato provvede ad intervenire anche su un ulteriore elemento di potenziale incertezza, connesso al regime di solidarietà tra i co-datori. Secondo la nota in esame, dal momento che la stipula del contratto di rete e dell’accordo di codatorialità fa sorgere in capo ai lavoratori l’onere di rendere la propria prestazione presso ognuno dei co-datori coinvolti, ne consegue che l’adempimento degli obblighi connessi al rapporto di lavoro potrà essere richiesto, per intero, a ciascuno dei co-datori. Ciò naturalmente tenendo ferma la possibilità, vigente tuttavia nei soli rapporti interni tra le imprese coinvolte, di sottoscrivere accordi volti a limitare il piano di responsabilità per queste ultime. Richiamando la giurisprudenza in materia (cfr. da ultimo, ex multis, Cass. n. 17775/2016 e Cass. n. 3899/2019), l’INL sembra pertanto andare a confermare anche il pregresso e ormai consolidato orientamento dottrinale secondo cui gli accordi volti a limitare o escludere la responsabilità solidale tra i co-datori, nell’ambito del contratto di rete, possono avere effetti solo ed esclusivamente nella relazione tra questi ultimi. Al contrario non possono in alcun modo essere opposti ai lavoratori dal momento che, una volta riconosciuta alle imprese retiste la qualità di effettive datrici di lavoro, non sembra potersi prefigurare l’esclusione, per le stesse, di alcuni degli effetti a ciò riconducibili, tra i quali sicuramente figura la responsabilità per i diritti derivanti dal rapporto di lavoro (del tema si occupa C. Alessi, Contratto di rete e regolazione dei rapporti di lavoro, in M. T. Carinci (a cura di), Dall’Impresa a rete alle reti di impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro), Giuffrè, Milano, 2015, p. 103).
 
Ciò che appare emergere dalla nota in esame, in definitiva, sembrerebbe essere la volontà dell’Ispettorato di provare a fare chiarezza riguardo oneri e doveri dei co-datori all’interno della rete di imprese, nella speranza, non da ultimo, di assistere ad un legittimo utilizzo del contratto di rete (con il relativo regime di codatorialità), inteso quale strumento negoziale attraverso cui le imprese possano cooperare per realizzare obiettivi economici condivisi, incoraggiando una flessibilità organizzativa che sia il riflesso di un lavoro che sta cambiando.
 

Irene Tagliabue

Assegnista presso il Dipartimento di Economia Marco Biagi

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@TagliabueIrene

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