Protezione temporanea e diritto al lavoro: uno sguardo ai risvolti giuslavoristici della prima esecuzione della Direttiva 2001/55

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Bollettino ADAPT 21 marzo 2022, n. 11
 
Lo scorso 4 marzo 2022 il Consiglio dell’Unione europea ha dato esecuzione tramite la Decisione 2022/382 alla Direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea, considerando la probabilità di un’elevata pressione migratoria e la già concreta presenza di un afflusso massiccio di sfollati dall’Ucraina nel territorio dell’Unione a seguito del conflitto armato tutt’ora in essere nel paese. Tale Direttiva, con concreti effetti anche nel panorama del mondo del lavoro che verranno in seguito messi in evidenza, non era mai stata precedentemente attivata, nonostante già in passato fossero state avanzate richieste, anche dall’Italia, a fronte di flussi migratori ingenerati da conflitti in corso in altre aree del mondo.
 
La protezione temporanea si inserisce fra quegli istituti che l’Unione europea pone alla base della propria politica comune in tema di protezione dei diritti umani, così da offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessiti di protezione internazionale, rispettando al tempo stesso il principio di non respingimento senza sovraccaricare il sistema d’asilo. Assicura, in particolare, un meccanismo di reazione rapida, garantendo tutele e diritti immediati seppur limitati alla durata della stessa protezione alle persone sfollate, in particolare quando vi sia il rischio che il sistema d’asilo non possa far fronte, per il grande afflusso, alle stesse esigenze di protezione ed accoglienza.
 
L’attivazione della Direttiva riveste importanza tanto sul fronte dell’accoglienza quanto su quello dell’integrazione. Dal primo punto di vista, infatti, essa riconosce il diritto a ricevere adeguato alloggio ovvero i mezzi necessari per ottenere una abitazione (Articolo 13 Direttiva comma 1); il diritto ad una assistenza sociale, ai contributi al sostentamento ed alle cure mediche (Articolo 13 Direttiva comma 2); il diritto per il minore di accedere al sistema educativo a pari condizioni del cittadino dello stato membro (Articolo 14 Direttiva). Quanto all’integrazione, di particolare interesse sono le previsioni in materia di lavoro. Si prevede, infatti all’Articolo 12 della Direttiva 2001/55, il diritto di esercitare qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo, nonché di partecipare ad attività nell’ambito dell’istruzione per adulti, della formazione professionale e delle esperienze pratiche sul posto di lavoro, sempre con la possibilità per gli Stati membri di garantire e riconoscere ai titolari di protezione temporanea delle condizioni più favorevoli.
 
Esiste, quindi, una specifica rilevanza giuslavoristica della Decisione di attivazione che dovrà essere gestita rispetto agli spazi di autonomia lasciati agli Stati Membri e che saranno esercitati nel contesto italiano per il tramite di un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui ancora si attende la pubblicazione.
 
Rispetto a questa specifica dimensione dell’intervento si pongono due questioni di carattere fondamentale. Una di carattere generale, relativa all’ambito applicativo soggettivo della protezione temporanea, che rileva con riferimento a tutte le misure del sistema di protezione temporanea e rispetto alla quale la Decisione ha lasciato spazi di flessibilità agli Stati Membri oltre che alcuni dubbi interpretativi. La seconda, che riguarda direttamente le discipline riguardanti l’accesso al lavoro.
 
Con riferimento al primo punto sollevato, è indubbio difatti come l’ambito applicativo soggettivo della Decisione 2022/382 incida su come gli Stati dovranno attuare e concretamente eseguire tutte le misure delineate per i titolari di protezione temporanea, dunque anche sul come assicurare il diritto al lavoro ed alla formazione professionale.
 
Guardando, dunque, ai destinatari, la Decisione 2022/382, entrata in vigore il giorno stesso, va difatti a meglio delineare l’ambito applicativo della Direttiva, riconoscendo come titolari dello status di protezione temporanea cittadini ucraini residenti in Ucraina prima della suddetta data; cittadini di Paesi terzi o apolidi che in Ucraina beneficiavano, prima di quella data, dello status di rifugiato o protezione nazionale equivalente; familiari delle suddette persone se la famiglia era già presente in Ucraina e vi soggiornava prima del 24 febbraio 2022.
 
Ancora, la Direttiva apre alla possibilità di riconoscimento della protezione temporanea anche a cittadini di paesi terzi o apolidi con regolare permesso di soggiorno in Ucraina prima della suddetta data, tali da non potere ritornare stabilmente ed in condizioni sicure nel proprio paese d’origine, mentre non vengono automaticamente inclusi nell’ambito applicativo della Direttiva cittadini di paesi terzi o apolidi che al momento degli eventi si trovassero in Ucraina per un breve periodo per motivi di studio o di lavoro, cui però ogni singolo Stato membro autonomamente può decidere di estendere la protezione temporanea (come espresso nei considerando della Decisione del Consiglio 2022/382 n.13).
 
Ai soggetti, dunque, cui la Decisione decide di applicare la protezione temporanea vengono riconosciuti i diritti sovra delineati, fra cui tutte le discipline riguardanti l’accesso al mercato del lavoro.
 
A questa seconda questione di carattere fondamentale che occorre analizzare, bisogna premettere che nelle more dell’emanazione dello specifico DPCM, alcune misure sono già state adottate e che, quindi, si renderà necessaria un’azione di raccordo fra i diritti ed i servizi già riconosciuti agli individui provenienti dal territorio ucraino ed i benefici che invece vengono ricondotti agli stessi dalla Direttiva in virtù dello status di protezione temporanea, e che dunque dovranno essere meglio specificati e concretizzati per mezzo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
 
La Direttiva 2001/55 sulla protezione temporanea riconosce difatti all’Articolo 12, accanto ai diritti fondamentali, ovvero prestazioni di accoglienza e servizi di base, veri e propri diritti di accesso al mercato del lavoro, quali in particolare il diritto a svolgere attività lavorativa in forma subordinata, anche stagionale, ed in forma autonoma, sulla base della sola presentazione di richiesta di permesso di soggiorno, nel paese in cui vengano a stabilirsi.
 
Se ordinariamente, l’accesso al mercato del lavoro in Italia per cittadini extracomunitari è disciplinato tramite programmazione annuale degli ingressi, definita nel c.d. Decreto flussi, il quale prevede quote d’accesso per i lavoratori stagionali, i lavoratori autonomi e i lavoratori subordinati non stagionali, è indubbio come la Direttiva apra ad una notevole differenza nella disciplina per i soggetti titolari di protezione temporanea. Il diritto a poter prestare attività subordinata, stagionale o autonoma, rientra infatti fra quei “benefici” riconosciuti automaticamente al soggetto che risulta essere titolare dello status, in virtù della natura della protezione temporanea, una natura eccezionale con carattere di automatismo nel riconoscimento dello status e con spazi di libertà nell’attuazione delle misure, natura data in quanto strumento di rapida risposta ad eventi eccezionali e subitanei e che dunque viene ricollegata a misure altrettanto di immediata risposta. Questo meccanismo di risposta tempestiva all’emergenza in corso rappresenta una deroga all’ordinario funzionamento dei permessi di soggiorno per “richiesta asilo” (rilasciati ai sensi dell’art. 4, D. lgs. 18 agosto 2015, n. 142 nelle more della definizione del procedimento di cui al D. lgs. 19 novembre 2007, n. 251), la cui disciplina consente ai richiedenti asilo di lavorare soltanto dopo il decorso del termine di 60 giorni dalla presentazione della richiesta di protezione internazionale (cfr. art. 22, D. lgs. 18 agosto 2015, n. 142).
 
Nonostante, come detto, il Decreto di attuazione non sia ancora stato emanato, va premesso come, a livello nazionale, vi siano già stati riconoscimenti del diritto all’accesso al mercato del lavoro tramite altri strumenti giuridici. In particolare, il diritto a svolgere attività lavorativa è stato riconosciuto dall’Ocdpc n. 872 del 4 marzo 2022 – Disposizioni urgenti di protezione civile per assicurare, sul territorio nazionale, l’accoglienza il soccorso e l’assistenza alla popolazione in conseguenza degli accadimenti in atto nel territorio dell’Ucraina – con deroga esplicita al Decreto flussi del 21 dicembre 2021.
 
L’Ordinanza del Capo dipartimento di Protezione Civile, che già considera la “concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario”, afferma come lo svolgimento di attività lavorativa sia espletabile sulla base della sola richiesta di permesso di soggiorno presentata alla competente Questura, in deroga dunque alle quote massime definite dalla programmazione annuale e secondo la medesima procedura delineata per i titolari di protezione temporanea dalla Direttiva per esercitare attività lavorativa. La necessità di integrazione nel mondo del lavoro dei soggetti provenienti dall’Ucraina in seguito agli eventi del conflitto trova quindi immediata e diretta risposta, tramite semplice proposizione di domanda di soggiorno.
 
Ancora, sempre precedentemente al riconoscimento della protezione temporanea tramite recepimento nazionale della Decisione per mezzo di DPCM, si sono attivati modelli di protezione, accoglienza e sistema di diritti non solamente a livello nazionale ma anche a livello regionale o provinciale. In tal senso, esemplificativo è il sistema operato dalla Regione Veneto che tramite modulo pubblicato su sito istituzionale, sta già raccogliendo offerte di lavoro di aziende del territorio (accanto ad altre ed ulteriori forme di sostegno e prossimità), così da mettere in contatto domanda e offerta di lavoro, operando, quindi, ancora una volta in deroga alle quote annuali programmate.
 
In aggiunta, tramite Decreto-legge 2022/16, recante “Ulteriori misure urgenti per la crisi in Ucraina”, si è stabilito l’operare del sistema di accoglienza SAI, che già prevedeva servizi di formazione professionale ed orientamento per tutti coloro in questo inseriti, integrando il D.L. 8 ottobre 2021, n. 139 conv. in L. 3 dicembre 2021, n. 205 e prevedendo la possibilità di accesso in deroga all’ordinario meccanismo operante per i richiedenti protezione internazionale: in questo modo, i profughi ucraini potranno beneficiare delle misure previste per l’inserimento socio-lavorativo anche senza passare per il farraginoso percorso gestito dalle Questure e dalle Commissioni territoriali.
 
Nonostante, dunque, i ritardi nell’attuazione della Decisione tramite DPCM, si sottolinea come svariate siano (già) le misure attuate di riconoscimento tramite altri strumenti giuridici di quei diritti delineati dalla Direttiva, alcune delle quali sembrano essere confermate dalle bozze del Decreto che stanno circolando. Accanto alle conferme, si sono tuttavia mosse alcune critiche dalle organizzazioni nazionali che fanno parte del Tavolo Asilo e immigrazione, le quali hanno inviato una nota urgente al Presidente del Consiglio Draghi, alla Ministra dell’Interno Lamorgese e al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Orlando, suggerendo modifiche e integrazioni da apportare alla Decisione del Consiglio, così da “istituire o mantenere in vigore condizioni più favorevoli per persone che godono della protezione temporanea”, possibilità invero affermata dalla Direttiva stessa.
 
In particolare, viene proposto l’ampliamento dell’ambito applicativo soggettivo anche a “persone che a causa dell’acuirsi delle tensioni sono fuggite dall’Ucraina nelle settimane precedenti il 24 febbraio 2022 o che comunque in tale data già si trovavano nel territorio dell’Unione (per vacanza, lavoro, studio o altri motivi) e che, a causa del conflitto armato, non possono ritornare in Ucraina”; ovvero di riconoscere la protezione temporanea anche a cittadini di Paesi terzi che soggiornavano in Ucraina per motivi di lavoro, studio, richiesta di protezione internazionale o altre ragioni con un permesso di soggiorno anche non permanente e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio paese o regione di origine ed ai familiari. L’ampliamento dell’ambito dei destinatari, oltre a riverberarsi nel settore dell’accoglienza, ben si comprende come possa avere effetto anche nei sistemi di integrazione e nei diritti riconosciuti, fra cui il diritto al lavoro, e dunque nelle misure che debbono essere concretizzate dal DPCM in attuazione alla Direttiva 2001/55.
 
Con specifico riferimento alla disciplina del diritto al lavoro, alla normativa in ingresso, nonché ai percorsi di formazione professionale previsti, sarà dunque da valutare se il complessivo sistema definito dal Decreto di attuazione, sarà opportuno, sufficiente e concretizzabile, ottemperando alle misure delineate della Direttiva UE.
 
Concludendo, se ancora diversi elementi di dettaglio devono essere chiariti per meglio comprendere quella che è una prima volta nell’attuazione della Direttiva europea sulla protezione temporanea, è fattore importante come in essa venga delineato un meccanismo derogatorio dell’ordinaria procedura di richiesta asilo, per i soggetti destinatari, con la previsione del diritto di esercitare qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo, nonché di partecipare ad attività nell’ambito dell’istruzione per adulti, della formazione professionale e delle esperienze pratiche sul posto di lavoro, che dunque ben definisce come il lavoro non sia solo incontro di domanda e offerta, ma sia fattore di relazione ed integrazione.
 
Sara Prosdocimi

ADAPT Junior Fellow

@ProsdocimiSara

Protezione temporanea e diritto al lavoro: uno sguardo ai risvolti giuslavoristici della prima esecuzione della Direttiva 2001/55