Prospettive del dopo Jobs Act: politiche attive, strumenti di flessibilità, apprendistato

Buongiorno a tutti.

 

Ringrazio il Prof. Tiraboschi per la sua presenza e disponibilità da parte mia e dei miei colleghi dell’Area Lavoro Confartigianato che rappresento, e che ogni giorni in materia di lavoro stanno “in trincea”, per noi è un onore averla come relatore in un ns. convegno, e ringrazio anche il Dott. Mastrovincenzo perché la Regione rappresenta un importante interlocutore per le politiche del lavoro.

 

A me il compito di introdurre gli argomenti di questo convegno post Jobs Act che vuole essere l’occasione per lanciare:

 

spunti di riflessione alle istituzioni come la Regione, qui rappresentata, chiamate ad intervenire per l’attuazione delle norme;

 

segnali di incoraggiamento alle imprese che rappresentiamo e che hanno saputo resistere ad una profonda crisi economica che ha radicalmente modificato lo scenario sociale economico e produttivo;

 

segnali di speranza ai lavoratori affinché riescano ad essere attivi nell’adattamento ad un contesto che presenta dinamiche letteralmente diverse dal passato.

 

Oggi a posteriori, con ormai un anno (anzi oltre due dal primo provvedimento del Jobs Act) di esperienza alle spalle su questa “riforma”, pur esaminando in modo critico gli effetti del Jobs Act, possiamo e dobbiamo superare le polemiche rispetto ad un testo normativo che non ci ha risparmiato problematiche interpretative ed applicative, con l’ulteriore difficoltà quotidiana di spiegare alle aziende che spesso ciò che viene presentato in un modo attraverso i canali di comunicazione è purtroppo nella realtà cosa ben diversa.

 

Basti pensare al contratto a tutele crescenti che molti hanno pensato essere una nuova tipologia contrattuale che consente il licenziamento senza alcuna motivazione.

 

E’ chiaro che il Jobs Act manca di una visione comune, in virtù della quale andrebbero orientati gli interventi legislativi, e presenta una lettura miope del mercato del lavoro

 

Un mercato del lavoro caratterizzato da un innalzamento dell’età media della popolazione attiva (con necessità per le aziende di attuare politiche di active ageing, programmi di lifelong learning), dalla stagnazione per i più giovani, da un incremento degli inattivi, costituiti in gran parte da giovani scoraggiati prima ancora di fare ingresso nel mercato del lavoro.

 

Ma esaminiamo velocemente alcuni aspetti del Jobs Act.

 

Il decreto relativo al riordino delle tipologie contrattuali avrebbe dovuto contenere “un testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro” proponendosi l’ambizioso (e disatteso) obiettivo di analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, al fine di valutarne la coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo.

 

Ma sappiamo che redigere un testo organico semplificato avrebbe richiesto ben altri tempi e lavoro di elaborazione ed emanazione, mentre ne è uscito un “patchwork” di pregresse discipline, lasciando tra l’altro irrisolte alcune questioni interpretative/applicative preesistenti.

 

Sono state eliminate forme contrattuali (come il contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto ed il contratto di associazione in partecipazione), che, seppure necessitavano di un’opera di revisione, di correttivi ed aggiustamenti, ben si adattavano a modalità di svolgimento dell’attività lavorativa non riconducibile al lavoro subordinato.

 

E invece il Jobs Act ha riconosciuto proprio nel contratto a tempo indeterminato la “forma comune di rapporto di lavoro”, ma sappiamo che ha giocato un ruolo determinante l’esonero contributivo introdotto dalla Legge di stabilità che ha affiancato il Jobs Act, tra l’altro non senza effetti distorsivi sia rispetto ad alcune tipologie contrattuali (tanto che si è parlato addirittura di cannibalizzazione dell’apprendistato) sia rispetto ad alcune categorie di lavoratori (avendo penalizzato i più giovani).

 

Ed infatti abbiamo già assistito nel 2016 ad una contrazione delle assunzioni / trasformazioni a tempo indeterminato beneficiarie dell’esonero contributivo rispetto all’anno precedente, dovuto alla riduzione dell’incentivo sia in termini di misura che di durata (si è passati da uno sgravio totale triennale nel 2015 ad uno sgravio parziale biennale nel 2016).

 

Gli ultimi dati forniti dall’Osservatorio Inps sul precariato, relativi al periodo gen-ago 2016, mostrano infatti, che i rapporti agevolati rappresentano il 32,8% del totale delle assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato, mentre nello stesso periodo del 2015 rappresentavano il 52,4% del totale delle assunzioni / trasformazioni.

 

E viene anche spontaneo chiedersi:

 

– che cosa succederà alla fine del triennio/biennio di esonero contributivo?;

 

a cui si aggiunge l’ulteriore perplessità che questo esonero è un peso per la finanza pubblica non accompagnato da occupazione aggiuntiva, che è cosa ben diversa dalla stabilizzazione.

 

Riteniamo indispensabile un sistema di incentivi all’occupazione articolato e organico, indirizzato alle zone e alle categorie di lavoratori più svantaggiati, e coordinato con gli indirizzi di politica economica generale evitando di frazionare e disperdere le risorse disponibili e convogliandole invece al perseguimento di una medesima strategia finalizzata alla creazione di occupazione, specie giovanile, e rispondente ai fabbisogni delle imprese.

 

Per questo riteniamo che le risorse destinate a favorire l’occupazione giovanile vengano convogliate verso il contratto di apprendistato e verso forme di assunzione che privilegiano giovani coinvolti in percorsi di tirocinio (di cui nulla dice il Jobs Act) e/o di alternanza scuola-lavoro.

 

Apprezziamo l’esonero contributivo totale triennale previsto dalla legge di stabilità anno 2017 applicabile alle assunzioni a tempo indeterminato, anche in apprendistato, entro 6 mesi dal conseguimento del titolo di studio, di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore di lavoro percorsi di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore, o di apprendistato di alta formazione.

 

E’ necessario, tuttavia, a ns. parere rendere stabile lo sgravio contributivo totale triennale applicabile all’assunzione di apprendisti in aziende fino a 9 dipendenti introdotto dalla legge di stabilità anno 2012 attualmente riconosciuto per le assunzioni effettuate fino al 31/12/2016.

 

Auspichiamo pertanto che l’apprendistato diventi il principale canale di accesso al mercato del lavoro da parte dei giovani, dove la pratica diventa il fulcro della formazione, e in questo le micro e piccole imprese hanno da sempre rappresentato una valida palestra sia per la qualificazione professionale sia addirittura per l’autoimprenditorialità.

 

Ricordiamo la battaglia sindacale condotta per la riduzione delle ore di formazione in apprendistato trasversale e di base, da 120 ore all’anno a 120 ore nel triennio e per la rimodulazione in base al titolo di studio posseduto dall’apprendista.

 

E su questo tema la Regione Marche è stata un precursore anticipando la rimodulazione poi confermata dall’accordo Stato/Regioni.

 

Perché riteniamo che le competenze trasversali e di base possano essere maturate in azienda proprio attraverso l’inserimento nell’organizzazione aziendale, unitamente alle competenze professionalizzanti, acquisite “sul campo”, on the job, trasmesse da imprenditori che quotidianamente nello svolgimento del loro mestiere mettono motivazione, passione, entusiasmo, creatività.

 

E vogliamo sottolineare che l’impresa artigiana, la micro e piccola impresa, è da sempre un centro formativo tecnico, professionale, relazionale, un centro di apprendimento, disciplina e metodo a 360°, capace di erogare una formazione completa che non può essere delegata ad altri soggetti.

 

La ns. associazione è da sempre attenta alla valorizzazione della manualità, delle competenze, del saper fare, che conferiscono un surplus al valore delle produzioni che caratterizzano il made in Italy, esempio ne è la presentazione da parte della ns. associazione nella Provincia di Ancona di n. 3 botteghe di mestiere che hanno portato all’avvio nel mese di ottobre di 30 percorsi di tirocinio coinvolgendo altrettanti giovani e ben 24 aziende nei settori produttivi tipici della ns. tradizione italiana e marchigiana (agroalimentare, meccanica e moda).

 

Indubbiamente un ottimo risultato che dimostra la vivacità del comparto artigiano in questa regione e in questa provincia e l’interesse che lo stesso riscuote tra i giovani in cerca di occupazione.

E la questione dell’occupazione giovanile non poteva e non può essere ignorata dalla nostra associazione, che ha infatti partecipato attivamente alla gestione del programma Garanzia Giovani, accreditandosi ai servizi per il lavoro con n. 3 sportelli operativi nella provincia di Ancona.

 

Facciamo infatti parte di una Ati, denominata Labjob.it, costituita da tutte le associazioni di categoria e organizzazioni sindacali della Regione Marche, che, superando colori e bandiere, hanno deciso di collaborare come operatori privati nella gestione e per la buona riuscita di questo programma, volto a favorire l’orientamento, la formazione, l’inserimento/reinserimento dei giovani Neet nel mercato del lavoro.

 

E un plauso va alla Regione Marche che ha adottato la coraggiosa scelta di gestire questo programma di politiche attive sperimentando un modello cooperativistico pubblico – privato, che prevede l’affiancamento di soggetti privati accreditati (come noi) ai servizi pubblici per il lavoro.

 

Pur ammettendo che abbia dato adito a molte aspettative poi in parte deluse, non vogliamo parlare di fallimento del Programma Garanzia Giovani, in un Regione virtuosa come la Regione Marche dove il connubio pubblico-privato ha funzionato, dove addirittura sono state, in corso di programma, implementate risorse in funzione del successo riscosso da alcune misure, e auspichiamo la prosecuzione del programma se non addirittura che possa diventare un programma strutturale.

 

E tra l’altro, sulla base di questa positiva esperienza, nella Regione Marche stiamo sperimentando, utilizzando la stessa infrastruttura organizzativa, un progetto di politica attiva, finalizzato al reinserimento lavorativo di un target specifico di n. 1600 disoccupati provenienti da aziende operanti nel settore manifatturiero, in particolare del legno, attraverso la sperimentazione del contratto di ricollocazione, con offerta a n. 600 soggetti del target-group di servizi specialistici, quali il voucher di ricollocazione, il tirocinio, la formazione professionale e la formazione per l’autoimprenditorialità.

 

Stante questo lo scenario, mi avvio alle CONCLUSIONI.

 

Vogliamo riporre speranza/fiducia nel decollo dell’Anpal (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), ma riteniamo che potrà funzionare solo attraverso SINERGIE VIRTUOSE TRA SOGGETTI PUBBLICI PER L’IMPIEGO ED ATTORI PRIVATI ACCREDITATI, affinché sia posto in essere un valido sistema di politiche attive che garantiscano la massima fruibilità dei servizi da parte dei lavoratori e le più ampie opportunità per le imprese (noi ci siamo e vogliamo esserci).

 

Auspichiamo che IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO E LO STRUMENTO DELL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO POSSANO COSTITUIRE IL TRAIT D’UNION TRA ISTRUZIONE E MONDO DEL LAVORO, fornendo ai giovani competenze più spendibili nel mercato del lavoro.

 

Siamo convinti che sia indispensabile guardare all’impresa, specie all’impresa artigiana e alla micro-piccola IMPRESA COME BOTTEGA SCUOLA, come luogo di apprendimento di competenze sia tecniche sia trasversali, come centro di formazione sociale entro cui si creano e si sviluppano proficue e positive relazioni ed esperienze di collaborazione e condivisione tra impresa e lavoratore. Perché riteniamo che la crescita formativa delle risorse umane attraverso l’apprendimento on the job possa costituire una leva per accrescere il vantaggio competitivo dell’impresa stessa.

Auspichiamo perciò INTERVENTI ORGANICI, STRUTTURATI E COORDINATI PER RILANCIARE LA RIPRESA ECONOMICA, non specchietti per le allodole, perché ben vengano gli sgravi, gli incentivi per ridurre il costo del lavoro e per stimolare le imprese alle assunzioni e alla stabilizzazione di rapporti precari, ma le ns. imprese possono assumere solo in base alle loro discontinue esigenze produttive.

 

Auspichiamo quindi l’utilizzo di STRUMENTI PER LA GESTIONE FLESSIBILE DELLA FORZA LAVORO, alternativi al modello standard di lavoro subordinato a tempo indeterminato, che consentano alle imprese l’adattamento alle mutevoli oscillazioni del mercato produttivo e ai lavoratori un adeguato sistema di protezione sociale. Benvenga perciò il mantenimento dei voucher/lavoro accessorio con possibilità di applicazione a tutti i settori produttivi e a tutti i lavoratori ma con tracciabilità dello strumento a tutela della legalità e della sostenibilità del sistema, tracciabilità che il decreto correttivo introduce, pur non senza problematiche applicative, dovute ad un sistema farraginoso molto lontano sia dalla semplificazione sia dall’evoluzione tecnologica.

 

Da parte nostra ci impegneremo a cogliere la sfida per il futuro del lavoro negli spazi che questa riforma ha lasciato alla CONTRATTAZIONE COLLETTIVA, cercando di trovare soluzioni di equilibrio tra le esigenze produttive delle imprese e quelle di tutela e di protezione sociale dei lavoratori, difendendo una funzione istituzionale, che non può esserci negata, seppure in un contesto politico che mira a ridimensionare il ruolo dei corpi intermedi.

 

E mi piace concludere con questa citazione: “Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto di tutti! Il lavoro è dignità!” (Papa Francesco).

 

 

Maila Cascia

Responsabile Area Lavoro

Confartigianato Ancona e Pesaro-Urbino

 

Scarica il PDF pdf_icon

Prospettive del dopo Jobs Act: politiche attive, strumenti di flessibilità, apprendistato