Produttività: l’importanza di distinguere tra settori. Evidenze dall’ultimo rapporto sulle medie imprese industriali italiane

Interventi ADAPT

| di Jacopo Sala

Bollettino ADAPT 30 giugno 2025, n. 25

Lo scorso 26 giugno Mediobanca, Unioncamere e il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne hanno presentato l’ultimo rapporto sulle medie imprese industriali italiane. L’indagine, di natura censuaria, riguarda l’universo delle imprese manifatturiere che nel 2023 hanno registrato una forza lavoro compresa tra 50 e 499 addetti e un fatturato annuo tra 19 e 415 milioni di euro, soglie calcolate, ove possibile, su base consolidata. Il campione finale comprende 3.650 imprese distribuite su tutto il territorio nazionale (di cui il 74,9% con sede nel Nord Italia), per un totale di 539.785 dipendenti (di cui il 64,6% composto da operai e intermedi e il 35,4% da impiegati e dirigenti). Rispetto alle caratteristiche di queste imprese, l’analisi mostra che il 41,8% di esse opera nel settore metalmeccanico, mentre il 42,6% appartiene alla fascia dei 50-99 addetti. Questi dati confermano la marcata specializzazione meccanica del tessuto industriale italiano e la forte concentrazione delle imprese manifatturiere in una classe dimensionale medio-bassa.

Per analizzare l’andamento delle principali variabili economiche in chiave longitudinale, il rapporto si concentra su un gruppo omogeneo di 1.793 imprese non consolidate che hanno rispettato i criteri di inclusione per l’intero periodo 2014-2023(1). Guardando alla dimensione occupazionale, emerge che negli ultimi dieci anni il numero di lavoratori dipendenti in questo sottogruppo di imprese è aumentato del 24,4%, con un tasso di crescita medio annuo del 2,4%. Un trend che supera l’incremento occupazionale registrato dalle imprese dello stesso settore ma di dimensioni medio-grandi (+14,8%) e dai grandi gruppi (+3,7%). Restringendo l’analisi al periodo 2022-2023, si osserva che l’organico di queste imprese è aumentato del 2,3%, con un +2,7% tra gli impiegati e un +2,1% tra gli operai. Tra i settori che hanno trainato questa crescita figurano il comparto dell’abbigliamento (+3,3%), quello orafo-gioielliero (+3,1%) e l’alimentare (+2,8%).

Un approfondimento interessante offerto dal rapporto riguarda la produttività, calcolata in termini di valore aggiunto (al netto degli ammortamenti) per dipendente. Questa misura riflette sia l’efficienza con cui viene utilizzata la forza lavoro sia la capacità dell’impresa di generare valore sul mercato. Con riferimento al periodo 2014-2023,i dati mostrano che la produttività nominale netta per addetto delle medie imprese è aumentata complessivamente del 31,3%, con un tasso di crescita medio annuo del 3,1%, a fronte di un incremento cumulato del costo del lavoro per dipendente pari al 12,5% (+1,3% medio annuo). Con la produttività in crescita più rapida rispetto al costo del lavoro, si registra, per il periodo 2014-2023, un miglioramento della competitività d’impresa, qui espressa come rapporto tra valore aggiunto netto per addetto e costo del lavoro per dipendente. Più è elevato questo indice, maggiore è la quota di valore che l’impresa riesce a trattenere al netto dei costi diretti del lavoro, aumentando così i margini disponibili per remunerare il capitale, reinvestire o generare utile. Nel complesso, la competitività delle medie imprese manifatturiere italiane è cresciuta del 16,7% negli ultimi dieci anni.


Per quanto riguarda il costo del lavoro, l’analisi mostra un incremento medio unitario dell’1,7% nel periodo 2022-2023. In questo contesto, l’andamento del costo medio del lavoro è assunto come indicatore dell’adeguamento salariale effettivo. Posto pari a 100 nel 2021 il costo medio nelle medie imprese corretto per l’inflazione (indice NIC), il valore indice riferito al 2023 si attesta a 91,9, evidenziando una perdita di potere d’acquisto pari all’8,1%. L’erosione della capacità di spesa è più marcata in alcuni sottosettori: i lavoratori delle medie imprese del comparto ceramico hanno subito il calo maggiore (-10,5%), seguiti da quelli del settore cartario (-9,6%), metallurgico (-9,5%), chimico-farmaceutico (-9,2%) e legno-arredo (-9,1%). Si tratta di comparti a forte intensità energetica che hanno registrato solo un parziale rientro dei costi legati agli input energetici e che hanno subito contrazioni significative dei ricavi nominali e reali. Al contrario, nel settore dell’abbigliamento la perdita di potere d’acquisto risulta inferiore all’1%.

L’indagine evidenzia la centralità delle medie imprese nel sistema industriale italiano e offre segnali incoraggianti sulla loro capacità di crescere e rafforzarsi anche in un quadro economico complesso. Restano però criticità da affrontare, prima tra tutte il calo della produzione industriale che si protrae ormai da oltre due anni. In questo scenario, il contributo dell’Italia al manifatturiero europeo resta comunque di grande rilievo: secondo i dati Eurostat riferiti al 2022, il nostro Paese genera il 12,7% del valore aggiunto dell’industria manifatturiera dell’UE, collocandosi al secondo posto dopo la Germania (32%) e davanti alla Francia (11,4%).


Evidenze come queste confermano che la sfida della produttività in Italia non riguarda tanto le medie imprese del manifatturiero, quanto piuttosto altri comparti meno dinamici e a maggiore intensità di lavoro. A questo quadro si aggiunge però un elemento strutturale che nel lungo periodo sta producendo effetti negativi sulla dinamica aggregata della produttività: lo spostamento dell’occupazione dai settori più produttivi verso quelli meno produttivi. Infatti, se le medie imprese manifatturiere hanno mostrato una dinamica occupazionale positiva negli ultimi dieci anni, guardando al settore manifatturiero nel suo complesso e su un orizzonte temporale più esteso, i dati Eurostat evidenziano una contrazione dell’occupazione di circa il 15% nel periodo 1992-2024, a fronte di un aumento del numero di occupati in comparti a minore intensità produttiva. Questo riassetto della struttura occupazionale contribuisce significativamente al rallentamento della dinamica della produttività a livello di sistema Paese. Alla luce di questo scenario, diventa fondamentale, oltre che affrontare il nodo della bassa produttività nei servizi, pianificare interventi a sostegno dell’occupazione nel manifatturiero, favorendone lo sviluppo per salvaguardare il ruolo strategico di questo settore per la competitività dell’economia italiana.

Jacopo Sala
ADAPT Research Fellow
@_jacoposala


(1) Una forza lavoro compresa tra i 50 e i 499 addetti e le seguenti soglie di fatturato: dal 2014 al 2017 da 16 a 355 milioni di euro, dal 2018 al 2022 da 17 a 370 milioni di euro, dal 2023 da 19 a 415 milioni di euro.