Patto per la ricerca. Inseguendo l’Europa

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Bollettino ADAPT 28 ottobre 2019, n. 38

 

Mercoledì scorso il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca durante un convegno svoltosi a Palazzo Montecitorio ha presentato gli obiettivi programmatici di un patto che il governo vorrebbe stipulare con le Università, le istituzioni dell’AFAM, gli Enti pubblici di ricerca e le imprese per aumentare i fondi destinati alla ricerca. L’idea è quella di chiedere alle imprese di investire di più in ricerca e sviluppo, a fronte di un impegno da parte del governo nell’attuazione di politiche incentivanti e di coordinamento nazionale.

 

La notizia non può che essere salutata con favore, visto che il nostro Paese ha perso circa il 20% degli investimenti in ricerca nell’ultimo decennio e che i nostri partner europei, come è noto, sono molto più avanti di noi su questo fronte. Un confronto in questo senso può essere utile, giusto per capire la distanza fra i buoni propositi del governo (senz’altro da incoraggiare) e le politiche che già vengono attuate al di là delle Alpi.

Notevole, ad esempio, è la distanza fra il vagone Italia e la locomotiva d’Europa. Basti pensare che in Germania il primo Patto per la ricerca e l’innovazione (Pakt für Forschung und Innovation) è stato siglato quattordici anni fa. Rinnovato più volte negli anni successivi (attualmente siamo alla III fase: 2016-2020), esso è stato aggiornato nel giugno 2019 per i prossimi dieci anni.

Il patto coinvolge il governo federale, i Länder, la Deutsche Forschungsgemeinschaft e i quattro principali istituti di ricerca non universitari finanziati dallo Stato tedesco (Fraunhofer-Gesellschaft, Helmholtz-Gemeinschaft, Leibniz-Gemeinschaft, Max Planck-Gesellschaft).

 

In estrema sintesi questo il contenuto dell’accordo. Lo Stato garantisce annualmente un aumento del budget stanziato a favore dei quattro centri di ricerca pari al 3% (nel periodo 2016-2020 l’aumento complessivo è stato di 3,9 miliardi di euro). I centri di ricerca si impegnano a perseguire alcuni obiettivi comuni, quali: i) lo sviluppo di nuovi campi di ricerca; ii) il rafforzamento della cooperazione e del collegamento con le università e con il tessuto economico; iii) l’internazionalizzazione delle proprie attività; iv) la promozione dei giovani ricercatori; v) l’impegno fattivo per il consolidamento delle pari opportunità fra uomini e donne in ambito scientifico.

Gli aumenti concordati del budget annuale garantiscono alle organizzazioni scientifiche la sicurezza nella pianificazione finanziaria, creando così la stabilità necessaria affinché la ricerca possa prosperare. I frutti di questo impegno devono però essere visibili. Così, ogni anno un rapporto di monitoraggio consente di valutare i risultati prodotti dagli investimenti (si considerano, ad esempio, i dati bibliometrici delle pubblicazioni, il numero di progetti internazionali, numero di partner di ricerca coinvolti ecc).

 

Nel ultimo monitoraggio pubblicato (2019) emerge che la ricerca tedesca è progredita in tutti campi e non solo dal punto di vista quantitativo. Sembra che il patto abbia favorito l’introduzione di pratiche innovative, quali: procedure per garantire la qualità della ricerca e sostenere la crescita dei talenti, strumenti per la salvaguardia della parità di genere, nuovi modelli per la gestione dei dati della ricerca. Un altro elemento interessante evidenziato dal monitoraggio è il ruolo sempre più strategico della Deutsche Forschungsgemeinschaft, che non ripartisce soltanto i fondi, ma svolge sempre più un ruolo di coordinamento e integrazione, a vantaggio del carattere interdisciplinare delle ricerche.

Alcuni dati confermano questo giudizio positivo e aiutano a capire l’imponenza del piano messo in campo dalla Germania. Nel 2018 i quattro istituti di ricerca che aderiscono al patto hanno raccolto ben 820 milioni di euro da privati. Tra il 2006 e il 2018 da questi istituti sono stati creati più di 5.500 spin-off. Sempre nel 2018 la Deutsche Forschungsgemeinschaft ha finanziato progetti di ricerca per giovani ricercatori per un valore totale di circa 311 milioni di euro.

 

Questi numeri dicono la serietà e la concretezza dell’impegno tedesco per la ricerca. Per ora in Italia, se si escludono i progetti sperimentali come il patto tra CNR e Confindustria del 2013, del quale non risulta esser stato pubblicato un monitoraggio, siamo fermi ai buoni propositi.

 

Paolo Bertuletti

ADAPT Research Fellow

@PaoloBertuletti

 

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