Bollettino ADAPT 3 marzo 2025 n. 9
Negli ultimi anni, il mercato del lavoro dellโarea dellโeuro, e in particolare quello italiano, hanno vissuto trasformazioni significative, in gran parte influenzate dai cambiamenti demografici. Secondo un recente studio della Banca Centrale Europea (BCE), il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello piรน basso dalla nascita dellโeuro, attestandosi al 6,3% nellโottobre 2024. Questo calo, nonostante lโaumento della forza lavoro del 3,5% tra il 2021 e il 2024, suggerisce una stretta relazione tra le dinamiche demografiche e lโoccupazione.
Lโincremento della partecipazione al mercato del lavoro ha riguardato tre categorie principali: i lavoratori non UE (+24,7%), i lavoratori piรน anziani (+9,9%) e quelli con istruzione terziaria (+7,9%). Queste componenti non solo sono cresciute in termini numerici, ma hanno anche mostrato tassi di partecipazione piรน elevati. Se prendiamo il caso italiano, nello stesso arco di tempo, lโandamento dei lavoratori anziani รจ leggermente superiore alla tendenza europea ed รจ su questa componente del mercato del lavoro che รจ interessante concentrarsi. Sappiamo che gli over 50, nellโultimo decennio, stanno prolungando la loro permanenza nel mercato del lavoro grazie a riforme pensionistiche (nel caso italiano la riforma Fornero che ha alzato a 67 anni lโetร pensionabile), una maggiore domanda di competenze esperte e un generale miglioramento delle condizioni di lavoro che consentono una permanenza maggiore soprattutto in certi lavori e certe mansioni. Secondo i ricercatori della BCE il loro tasso di disoccupazione, pari al 4,4% nel terzo trimestre del 2024, รจ inferiore rispetto a quello dei lavoratori adulti (5,8%). Se il loro livello di occupazione fosse rimasto invariato rispetto al 2021, il tasso di disoccupazione complessivo sarebbe stato piรน alto di 0,3 punti percentuali.
Nel caso italiano il tasso di disoccupazione degli over 50 si distacca ancora di piรน dalla media generale (2,8% rispetto al 5,7%). Questo suggerisce anche un impatto di queste grande crescita di occupati over 50 su altri aspetti qualitativi del mercato del lavoro. Uno di questi, sul quale ci si รจ giustamente concentrati molto, riguarda la forte crescita di occupati a tempo indeterminato. Se prendiamo lโandamento di questi occupati dividendolo per etร scopriamo che, dal 2015 a oggi (terzo trimestre 2024), tra i 15 e i 34 anni i lavoratori a tempo indeterminato sono cresciuti di 493mila unitร , tra i 35 e i 49 anni sono diminuiti di 629mila unitร e in quella degli over 50 anni sono cresciuti di ben 1,88 milioni. In sintesi, gli occupati a tempo indeterminati sopra i cinquantโanni sono cresciuti quasi quattro volte in piรน di quelli sotto i 35 anni. Certamente incide una storica concentrazione di contratti temporanei tra i giovani, ma non รจ sufficiente a spiegare un tale andamento per il quale lโinvecchiamento della forza lavoro e la maggior permanenza nel mercato del lavoro restano le spiegazioni principali. Un ulteriore elemento che si lega a questa dinamica รจ la riduzione dellโinattivitร sul quale incide, appunto, lโallungamento delle carriere lavorative.
Concentrarsi su questa dinamica non vuol dire cercare di rovesciare una narrazione positiva dellโandamento del mercato del lavoro italiano. I dati dellโultimo decennio rispetto a occupazione, disoccupazione e inattivitร sono positivi tanto in Europa quanto in Italia, ed รจ bene ribadirlo. Allo stesso tempo la forte presenza dellโimpatto demografico e delle riforme pensionistiche tra le cause di questo andamento deve aprire alcuni importanti interrogativi, ne citiamo due in particolare. Il primo riguarda il rapporto tra la crescita occupazionale e la produttivitร . La crescita dellโoccupazione, in Italia, non si รจ accompagnata da una crescita parallela del valore aggiunto e questo ha fatto sรฌ che negli ultimi anni la produttivitร del lavoro crescesse molto poco e, addirittura, rallentasse significativamente nel 2023 (lโultimo dato disponibile). Una crescita occupazionale che deriva in larga parte dal permanere di persone over 60 nel mercato del lavoro, magari impiegati in mansioni che difficilmente riescono a svolgere come in passato o posti davanti a esigenze di riqualificazione professionale che non vengono affrontare, si traduce in effetti negativi sulla produttivitร con le conseguenze che ben conosciamo, in primo luogo sui salari. Questo dovrebbe interrogare, in uno scenario inedito per il nostro Paese di crescita forte di una certa fascia di occupati, su cosa significhi rendere sostenibile, sia in termini di attivitร svolte che in termini di competenze e aggiornamento professionale, il lavoro dei lavoratori piรน maturi.
Il secondo elemento da considerare รจ invece piรน legato allโandamento della tendenza demografica e riguarda lo scenario che si aprirร con il pensionamento, seppur ritardato della generazione dei baby boomer. Lo svuotamento di questa coorte anagrafica avrร un forte impatto sul mercato del lavoro perchรฉ non verrร compensato da quelle successive, molto piรน ridotte come numero anche se con livelli di istruzione maggiori. Questa dinamica dovrebbe fin da subito orientare le politiche del lavoro e le politiche dellโinnovazione sia rispetto al rapporto tra flussi migratori e lavoro sia rispetto al ruolo che lโautomazione puรฒ avere, senza timori, nella sostituzione di determinati lavori senza che tale dinamica sia totalmente nelle mani di chi sviluppa le tecnologie. Lโalternativa sarร la duplice scure di unโeconomia meno produttiva, piรน povera e destinata allo svuotamento.
Francesco Seghezzi
Presidente ADAPT
@francescoseghezz
*pubblicato anche su Il Sole 24 Ore col titolo Cosa ci dicono i dati (comunque positivi) su demografia e occupazione, 27 febbraioย 2025