Lavoro agile e reperibilità: alcuni nodi applicativi

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Bollettino ADAPT 2 ottobre 2023 n. 33
 
Con la diffusione dell’Internet of things (IoT), dell’intelligenza artificiale e di innovativi strumenti di interconnessione, anche l’industria manifatturiera italiana sta progressivamente sviluppando servizi di assistenza post-vendita da remoto alla clientela congiunti alla fornitura del prodotto. Ciò significa impiegare personale tecnico specializzato, in grado di operare a distanza anche verso strutture e clienti stranieri, con differenti organizzazioni del lavoro e, banalmente, fusi orari non sovrapponibili all’orario di lavoro ordinario del personale italiano.
 
Tradizionalmente, per assicurare assistenza h 24, le organizzazioni introducono per il personale addetto particolari regimi di reperibilità, anche sulla base di specifiche clausole della contrattazione collettiva (cfr. L. Citterio, La reperibilità: un istituto di diritto delle relazioni industriali). Contrattazione che, in alcuni casi, ha già da tempo contemplato l’ipotesi di interventi in regime di reperibilità svolti “da remoto” (si pensi all’art. 6, Sez. Quarta, Titolo III del CCNL Federmeccanica), ben prima cioè della legge n. 81/2017 sul lavoro agile.
 
Si potrebbe riflettere circa l’obbligo di sottoscrivere accordi di telelavoro o lavoro agile per le sole (eventuali) attività svolte in reperibilità da remoto; formalizzazione che sul piano normativo troverebbe effettivamente la sua ragione e che sarebbe auspicabile anche a fini di tutela in materia di salute e sicurezza (con i conseguenti obblighi datoriali in materia). Si tratterebbe cioè di sottoscrivere accordi ad hoc oppure estendere alla particolare casistica intese già intercorse, con il rischio di tensione tra il carattere essenzialmente volontario/consensuale della sottoscrizione con l’obbligo derivante dal CCNL di intervenire se inseriti in turni di reperibilità. Altra opzione sarebbe quella di adibire a lavoro agile per l’orario di lavoro ordinario il personale inserito per lo stesso periodo in un regime di reperibilità, anche quale strumento di conciliazione e miglior favore; anche in questo caso emergerebbe il carattere volontario dell’accordo individuale, con possibili dinieghi e quindi gestioni differenziate sul piano dell’organizzazione del lavoro.
 
Ad ogni modo, la problematica che qui si intende analizzare concerne invece l’istituto della reperibilità in caso di lavoratore che risulti adibito a lavoro agile, con le conseguenti implicazioni in materia di organizzazione del lavoro, orario e diritto alla disconnessione (per un’illustrazione del diritto di nuova generazione cfr. E. Dagnino, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata). Ci riferiamo in particolare alla coincidenza tra turni (ad esempio settimanali) di reperibilità fuori dall’orario giornaliero (ad esempio reperibilità notturna) con pari periodi di lavoro agile per l’orario ordinario (giornaliero).
 
Invero, tra le specificazioni in merito all’originario precetto di cui all’art. 19, co. 1, legge n. 81/2017 introdotte con la legge n. 61/2021 (cfr. E. Dagnino, M. Menegotto, Note a caldo sul diritto alla disconnessione: rafforzare è bene, ma “con juicio”), figurava già il nodo dei possibili contrasti, anche applicativi, nel caso di reperibilità insistente su un arco temporale tutelato dal diritto alla disconnessione. Si legge infatti nella novella che tale diritto è riconosciuto al lavoratore “(…)  nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati (…)”, con ciò ammettendo la coesistenza dei due istituti.
 
Assumono in questo senso un ruolo centrale le modalità tecnico-organizzative con le quali il datore di lavoro intende garantire il diritto alla disconnessione, da formalizzare nell’accordo individuale ai sensi dell’art. 19 co. 1 legge n. 81/2017. Si dovrà cioè contemperare la disconnessione dagli strumenti di lavoro con l’obbligo di risposta tipico del regime di reperibilità, prevedendo idonei meccanismi di tutela. Questi si traducono sia in termini di limitazione degli accessi alle tecnologie informatiche in uso – prevedendo ad esempio il solo obbligo di risposta al cellulare aziendale su chiamate in ingresso da clienti selezionati nel proprio portafoglio e non anche generici obblighi di verifica periodica/consultazione della mail aziendale o di altre applicazioni – sia in termini di tutele minime in tema di orari di lavoro e riposi minimi da garantire, almeno per il personale assoggettato a limiti di orario.
 
Si propone di seguito una possibile formulazione: L’Azienda si impegna ad assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro, prevedendo in particolare quanto segue. Il diritto alla disconnessione è assicurato dalle ore … alle … del giorno successivo. In tale periodo il lavoratore dovrà astenersi da qualsivoglia attività lavorativa, ivi compreso l’accesso ai portali aziendali (intranet, gestionale, mail), e non sarà tenuto a rispondere a mail/chiamate/call da parte dei colleghi e di terzi, ad eccezione dei contatti da clienti selezionati come da ordini di servizio/gestionali/clienti in carico e delle eventuali attività lavorative prestate in regime di reperibilità ai sensi del CCNL e del regolamento aziendale sopra richiamato. A fronte di effettiva prestazione di lavoro in detto periodo resta in ogni caso fermo il godimento del riposo minimo giornaliero (eventualmente: se del caso tramite la rimodulazione/riduzione prevista dall’art. … del CCNL applicato).
 
Si tratta, per un verso, di una tematica di nuova generazione, che però ad onor del vero non si discosta, nei principi di fondo, dalla consolidata struttura di tutele predisposte in termini di orario di lavoro massimo giornaliero/settimanale (limiti che vengono peraltro richiamati anche dall’art. 18 legge n. 81/2017) e conseguenti riposi minimi giornalieri/settimanali dal decreto legislativo n. 66/2003.
 
Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

@MarcoMenegotto

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