L’Agricoltura digitale 4.0 e la sfida della sostenibilità ambientale, sociale ed economica

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Bollettino ADAPT 9 dicembre 2019, n. 44

 

In occasione di un recente convegno dal titolo “Agricoltura digitale 4.0: sicurezza, sostenibilità e casi virtuosi” e a cura dell’Osservatorio Smart Agrifood è stato posto al centro il tema cruciale del valore dell’innovazione digitale nella filiera agrifood. Si tratta infatti di una leva di produttività ormai indispensabile a fronte dell’incombente incremento demografico globale che il Population Reference Bureau stima a 9.2 miliardi nel 2050 (Population Reference Bureau, 2013 World Population Factsheet). A ciò si aggiunge l’emergenza climatica che impone scelte che migliorino la sostenibilità del sistema produttivo agricolo, diminuendone l’impatto ambientale (FAO,Climate Change and Agriculuture: physical and human dimensions).

L’Agrifood, tramite le chiavi dell’interconnessione digitale e della cooperazione, può rappresentare la chiave della soluzione al problema progressivo dell’approvvigionamento alimentare e della sostenibilità climatica e sociale, ma in che modo?

 

È possibile definire l’Agricoltura 4.0 come il parallelo di Industria 4.0 nel settore primario: all’interno di questo nuovo ecosistema digitale diverse tecnologie si applicano in maniera armonica per migliorare condizioni di lavoro, resa e qualità produttiva, efficienza e sostenibilità delle coltivazioni. Prima di entrare nel dettaglio, occorre sottolineare come questo approccio non vada applicato unicamente all’aspetto meramente produttivo del settore primario ma debba coinvolgere l’intera filiera agricola ponendo al centro l’utilizzo e la sistematizzazione dei dati. L’agricoltura specifica, la sua trasformazione, la distribuzione e il consumo dell’Agrifood vengono infatti investiti da questo nuovo paradigma che si declina per esempio attraverso sensori in campo, in stalla e sui macchinari e per il controllo della qualità, software gestionali e piattaforme per la gestione della tracciabilità insieme a sistemi per l’ottimizzazione dei processi logistici, etichette intelligenti e Consumer Analytics.

 

Le tecnologie in campo in questa operazione si possono dividere secondo l’Osservatorio in due grandi ambiti: l’Agricoltura di Precisione e l’Internet of Farming. Se la prima pone il proprio focus sulle attività produttive la seconda pone l’enfasi sull’intera dimensione aziendale. Gli interventi mirati di cui si compone l’AdP mirano ad ottenere sul lato delle coltivazioni risultati soddisfacenti in termini di produttività, efficienza e qualità attraverso strumenti come le Mappe di prescrizione, la Guida autonoma, i droni, i trattori smart e la sensoristica avanzata. L’Internet of Farming al contrario punta all’integrazione dei sistemi digitali aziendali ed esterni per ottenere risultati in termini di integrazione di filiera, utilizzo intelligente dei dati e (quindi) di efficienza grazie a Big Data Analytics, Internet of Thing e il Cloud.

Si tratta tuttavia di un campo ancora difficile anche solo da definire in maniera paradigmatica a causa della sua assoluta novità e della finora scarsa ricerca in merito. L’anno scorso, in occasione dell’edizione 2018 del World Government Summit, è stato lanciato in proposito il report Agriculture 4.0 – The Future of Farming Technology in collaborazione con la società di consulenza gestionale Oliver Wyman che tende piuttosto a suddividere le tecnologie impiegate nell’ecosistema dell’Agricoltura 4.0 in tre differenti general trends: innanzitutto una produzione differente grazie all’utilizzo di nuove tecnologie (coltivazione idroponica, bioplastica, serra ad acqua marina…); segue una maggiore efficienza e sostenibilità della food chain nel portare al consumatore il risultato della produzione (come l’agricoltura verticale o urbana); da ultimo un rapporto delle cross-industry technologies come appunto l’Agricoltura di precisione e l’Internet of Farming (dall’utilizzo di droni alla data analytics).

 

Il campo di ricerca è quindi estremamente complesso e in aperta evoluzione ma contraddistinto da chiari obiettivi: per la filiera qualità alimentare e tracciabilità, per l’azienda ricavi più alti (con maggiore produttività e valorizzazione), riduzione di costi (diminuendo gli input produttivi e le tempistiche delle attività e dei processi decisionali) e produzione più sostenibile non solo dal punto di vista economico ma anche ambientale (con una gestione aziendale più consapevole). Un mercato già in espansione, che vale nel 2018 secondo l’Osservatorio Smart Agrifood già 7 miliardi di euro (+100% rispetto al 2017) e tra i 370 e i 430 milioni di euro in Italia (+270% rispetto al 2017).

 

Si inserisce quindi in questo ambito la ricerca survey effettuata dall’Osservatorio su un campione di 1.467 aziende agricole in tutta Italia (di cui 920 compilazioni valide) presentata nel corso del Convegno con l’obiettivo di definire il livello di applicazione dell’ecosistema raggiunto nel sistema agricolo italiano. All’interno del campione (rappresentativo di tutti i settori e in conformità con le medie nazionali del settore) troviamo un’età imprenditoriale per la maggior parte concentrata tra i 40 e i 60 anni (54%), che vede come titolo di studio più diffuso quello della scuola media superiore (49% tra generico e ad indirizzo agrario) e che gestisce per la maggior parte coltivazioni tra i 10 e i 50 ettari (36%) e meno di 10 ettari (27%).

Queste caratteristiche non sembrano pregiudicare l’applicazione di tecnologie di Agricoltura 4.0 visto che il 55% delle aziende intervistate dichiara appunto di adottare soluzioni 4.0 tramite l’utilizzo di “macchinari e/o tecnologie avanzate per la pianificazione delle colture, la semina/piantumazione, la coltivazione e il raccolto”. Va evidenziato come questi dati non significhino che più della maggioranza delle aziende agricole in Italia è Agricoltura 4.0 ma come piuttosto vi sia all’interno del campione analizzato una maggioranza che è orientata all’investimento in questa direzione.

Di queste, il 46% lo fa da più di 5 anni, il segno che è iniziato da tempo un percorso collettivo all’interno del settore. L’età dell’imprenditore sembra quindi incidere poco su chi adotta soluzioni orientate al 4.0 anche se la formazione specialistica sicuramente sì (oltre il 57% di chi possiede un diploma o una laurea ad indirizzo agrario adotta queste soluzioni). Occorre sottolineare che lo studio evidenzia inoltre una difficoltà specifica sotto il margine dei 10 ettari per l’innovazione in ottica 4.0 e che il cerealicolo sembra il settore con la più elevata concentrazione di applicazioni 4.0.

 

Se aumentano i provider e le soluzioni tecnologiche disponibili e cresce la consapevolezza 4.0 delle imprese agricole non si può tuttavia non segnalare l’assenza di interesse sui processi “non produttivi” delle aziende agricole (come quello gestionale o logistico) e della mancanza di una visione di filiera e di un piano di incentivi ad hoc (un “piano Agricoltura 4.0” paragonabile a “Impresa 4.0”).

Il combinato disposto di questi elementi inoltre avrà ovviamente conseguenze – tuttora però ignote – sul lavoro dipendente. Sicuramente esso migliorerà le condizioni in termini di sicurezza sul luogo di lavoro e di tracciabilità del lavoro illegale ma è ancora inesplorato il percorso di ricerca che conduce a rispondere alla domanda se comporterà anche una diminuzione degli addetti al settore e come questa “rivoluzione agricola” cambierà anche l’ambito della qualificazione del personale e della sua formazione. Si tratta di una questione che non si può più rimandare, per le sue molteplici implicazioni in ogni ambito.

 

Lorenzo Roesel

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

Università degli Studi di Siena

@LorenzoRoesel

 

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