L’Accordo Stato-Regioni del 2025 sulla formazione in materia di sicurezza sul lavoro: novità e vecchi problemi applicativi

Interventi ADAPT, Salute e sicurezza

| di Antonio Tarzia

Bollettino ADAPT 6 ottobre 2025, n. 34

L’Accordo sottoscritto tra Stato e Regioni ai sensi dell’art. 37 del TUSL, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 119 del 24 maggio 2025, amplia e riordina le proposte formative in materia di sicurezza sul lavoro, migliorandone la struttura, ma lascia irrisolte alcune problematiche già presenti nel precedente Accordo, risalente al 2011.

Prima di entrare nel merito delle questioni va precisato che la natura giuridica degli “Accordi” e delle “Intese”, introdotti dall’art. 3 della legge costituzionale n. 3/2002, è stata sin dall’inizio oggetto di oscillante giurisprudenza anche da parte della dottrina costituzionale. La loro funzione è duplice: ridurre i conflitti tra Enti territoriali e tra questi e lo Stato, che si traducono in defatiganti contenziosi avanti alla Corte Costituzionale, e dare attuazione all’autonomia “negoziale” delle regioni, anche verso enti territoriali “oltre i confini”, nei casi e nelle forme disciplinati dalle leggi dello Stato.

Gli atti in questione sono stati identificati in alcuni casi come “atti politici”, in altri “provvedimenti amministrativi”, in altri ancora come “sub-procedimenti” finalizzati alla formazione di una legge o di un provvedimento amministrativo, che preludono ad un atto finale, della Regione o dello Stato (sul punto, si veda F. Cortese, le Intese Stato-Regione tra volontà politica e decisione amministrativa, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2, 2020).

La Cassazione Penale ha tuttavia escluso – decidendo su una questione insorta tra Regione e Stato in vigenza del precedente Accordo sulla Formazione dei Lavoratori del 2011 – che il rinvio operato dall’art. 37 del TUSL costituisca la “norma in bianco” da cui l’Accordo trae origine, negando ad esso la natura giuridica di “atto normativo” (sul punto, vedasi Cass. Pen. Sez. III, 27 gennaio 2017, n. 3898).

In tale incertezza, si ritiene pertanto opportuno, in via prudenziale, fare sempre riferimento alla “norma primaria” (il TUSL) e non alla “norma secondaria” (l’Accordo Stato-Regione), onde evitare che, in caso di contrasto tra fonti, si incorra nel rischio di invalidare l’intero processo formativo.

Ciò premesso, una prima problematica, presente nell’Accordo del 2011 e che la soluzione adottata dal nuovo Accordo del 2025 sembra destinata ad accentuare, riguardava il conflitto tra il comma 4 dell’art. 34 del TUSL, ai sensi del quale “la formazione e, ove previsto, l’addestramento specifico devono avvenire in occasione […] della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione qualora si tratti di somministrazione” e le disposizioni transitorie (contenute nel paragrafo 10 del citato Accordo 2011), che consentivano dicompletare il percorso formativo” entro e non oltre 60 giorni dall’assunzione.

Il contrasto tra norme di diverso livello era del tutto evidente, ma è stato fin qui affrontato in modo “creativo”, praticamente adottando un’interpretazione “contra legem” e stabilendo che l’espressione “completare il percorso formativo” andasse interpretata nel senso che l’attività formativa dovesse “iniziare” con l’assunzione del lavoratore e “concludersi” entro 60 giorni dall’assunzione.

Un’interpretazione a dir poco dubbia, ma in qualche modo accettata anche dagli Organi di Vigilanza ai quali, in caso di ispezione, il datore di lavoro esibiva la richiesta di iscrizione dei lavoratori ai corsi organizzati dall’Ente Bilaterale e, in assenza di risposta di questi nei successivi 15 giorni, la nuova richiesta ad altro Ente formativo scelto dal datore di lavoro, che generalmente calendarizza la formazione ben oltre il termine “finale” dei 60 giorni. Una prassi in aperto contrasto, quindi, sia con la legge sia con l’Accordo del 2011 stesso.

Solo il comportamento prudente di gran parte delle imprese ha evitato i maggiori rischi per i lavoratori neo assunti e non in possesso di crediti formativi maturati altrove, esentandoli dalle mansioni e dall’uso di attrezzature a più alto rischio fino al completamento della formazione.

Il nuovo Accordo del 2025, pur consapevole di questa distonia che mette in tragica contrapposizione la doverosa necessità di formare il lavoratore dal momento in cui inizia l’attività, con ciò rispettando il preciso dettato di legge, e la comprensibile necessità dell’impresa di impiegare il lavoratore sin dal primo giorno di attività, ha salomonicamente espunto dalle nuove Disposizioni Transitorie (Parte VII, punto 2) la possibilità di completare il percorso formativo entro i 60 giorni dall’assunzione, facendo salvi i crediti formativi maturati dal lavoratore in precedenti corsi purchè “i contenuti siano conformi al presente accordo”.

La soluzione – che onestamente non appare tale – ha eliminato l’anomalia di una “transitorietà” perdurante dal 2011, di fatto negando il problema senza risolverlo, ed aumentando in tal modo incertezze e rischi applicativi.

È infatti verosimile ipotizzare che la “comparazione tra i contenuti dei programmi” resterà in buona parte ignorata, e che le imprese riterranno soddisfatto l’obbligo formativo dei lavoratori già in possesso di crediti formativi altrove maturati, procedendo all’adeguamento dei programmi solo in occasione dell’aggiornamento biennale fissato dalla legge.

Anche perché, volendo estremizzare il problema e considerato che il sistema produttivo italiano è sempre più composto da piccole e medie imprese non in grado di organizzare e gestire al proprio interno la formazione alla sicurezza, l’unica alternativa possibile sarebbe quella di non impiegare i lavoratori fino a completamento del corso organizzato da un “soggetto formatore”, esterno all’impresa, con conseguente aumento dei costi.

Sarebbe stato invero necessario, da parte dello Stato e delle Regioni, coinvolgere nella questione i già citati “soggetti formatori”, gli Ispettorati del Lavoro, le Agenzie del Lavoro gli stessi Istituti Tecnici e Professionali, per avviare attraverso essi autonomi percorsi formativi, anche durante il periodo scolastico, che anticipino la preparazione dei futuri lavoratori indipendentemente dall’inizio dell’attività lavorativa. Col doppio beneficio di una popolazione già formata e consapevole dell’importanza della sicurezza sul lavoro, e di un abbattimento di costi per le imprese, alle quali resterebbe comunque l’obbligo di addestramento alle mansioni specifiche, che necessariamente richiede l’affiancamento di un lavoratore esperto ed un tutoraggio interno all’impresa.

Una seconda problematica riguarda il datore di lavoro “organizzatore della formazione”.

Va ricordato che già l’Accordo del 2011 (Allegato A, Paragrafo 2) consentiva al datore di lavoro di ricoprire tale ruolo senza tuttavia precisare in modo organico e completo tutti gli aspetti e le condizioni affinché la formazione potesse effettivamente svolgersi senza incorrere nel rischio di invalidità.

Va quindi dato atto che l’Accordo del 2025 dedica a questo aspetto un intero capitolo, separato e organico nei suoi vari aspetti (Allegato “A” – Parte II°, paragrafi 1 e 2).

Per facilità di lettura se ne trascrivono qui di seguito alcune parti essenziali:

Al punto 1 si prevede che “per ogni corso di formazione deve essere individuato un unico soggetto formatore. Nel caso in cui il corso di formazione sia organizzato da più soggetti formatori, tra questi dovrà essere individuato il soggetto formatore responsabile del corso cui spettano gli adempimenti previsti a carico dello stesso”.

La precisazione appare utile anche alle imprese complesse, multi-localizzate o multisettoriali, che organizzano al loro interno l’intero ciclo formativo, in cui co-esistono diverse figure “datoriali” (intese ai sensi dell’art. 2 del TUSL) ciascuna delle quali preposta ad una specifica area di business o di lavorazione.

Al punto 2 si prevede che “I datori di lavoro possono organizzare direttamente i corsi di formazione ex art. 37, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008 nei confronti dei propri lavoratori, preposti e dirigenti, a condizione che venga rispettato quanto previsto dal presente Accordo. In questo caso il datore di lavoro riveste il ruolo di soggetto formatore cui spettano gli adempimenti del presente accordo”.

Qualche dubbio, tuttavia, permane in relazione al coordinamento tra il punto 2 e il punto 1.

Al punto 1 infatti si individuano come formatori i “soggetti istituzionali”, i “soggetti accreditati” e gli “altri soggetti”, a loro volta identificati nei “fondi interprofessionali di settore”, negli “Organismi Paritetici” e nelle “Associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Sarebbe stato utile precisare che tra gli “altri soggetti” sono compresi anche i datori di lavoro, in possesso dei requisiti previsti dalla legge e dall’Accordo, che non necessitano quindi di alcuno specifico accreditamento.

Al Punto 2, si precisa inoltre che “In coerenza con le previsioni di cui all’articolo 37, comma 12, del D.Lgs. n. 81/08, i corsi di formazione vanno realizzati previa richiesta di collaborazione agli organismi paritetici [….] ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro. In mancanza, il datore di lavoro procede alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione. Ove la richiesta riceva riscontro da parte dell’organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione, anche ove tale realizzazione non sia affidata agli organismi paritetici. Ove la richiesta di cui al precedente periodo non riceva riscontro dall’organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione”.

Va chiarito che l’Organismo Paritetico, pur rientrando tra i “soggetti formatori” è soprattutto un organo tecnico consultivo. Nessun obbligo di collaborazione quindi incombe sull’impresa che scelga un diverso “soggetto formatore” al quale affidare l’organizzazione e la gestione della formazione.

Qualche parola in più sarebbe stata infine opportuna sugli attestati di formazione che, ai sensi del punto 6 dell’Allegato “A”, vanno firmati dal “soggetto formatore”.

In caso di formazione interna si può infatti porre il dubbio sulla figura fisica della persona tenuta alla loro firma, che oltre al legale rappresentante, nel rispetto delle deleghe di cui all’art. 16 del TUSL, potrebbe essere individuato anche nella figura del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2 del TUSL (se diverso dal primo) o nel docente che ha materialmente eseguito la formazione.

Tante questioni complesse, dunque, in relazione alle quali sarebbe utile ottenere qualche chiarimento.

Antonio Tarzia

ADAPT Professional Fellow