Validazione degli apprendimenti e quadri delle qualifiche in Europa e in Italia: stato dell’arte e prospettive aperte

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La validazione degli apprendimenti, la creazione di quadri nazionali delle qualifiche tra loro integrati e compatibili ed il monitoraggio dei fabbisogni professionali e formativi sono temi, da tempo, cari all’Unione Europea.

 

Basti pensare che un riferimento, seppur fugace, alla necessaria creazione di “dispositivi di anticipazione dei bisogni in materia di competenze, qualifiche e nuovi mestieri era già presente nel Libro Bianco Istruzione e Formazione. Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva del 1995.

 

È, però, con la Comunicazione Nuove competenze per nuovi lavori. Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi del 2008 che la Commissione afferma in modo esplicito che la previsione delle esigenze e competenze future del mercato del lavoro nonché l’anticipazione dei bisogni formativi e professionali sono “essenziali” per far ripartire l’Europa e l’occupazione, approntando a tal fine una serie di iniziative volte a realizzare tali obiettivi.

 

Da ultimo, la Comunicazione ha predisposto due “agende” in materia: Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione del 2010, iniziativa faro con cui la Commissione ha delineato tredici azioni chiave al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020, e Una nuova agenda per le competenze per l’Europa del 2016, con cui è stata definita una strategia comune per tutti gli attori coinvolti (Ue, Stati membri, stakeholders) al fine di promuovere il capitale umano, l’occupabilità e la competitività.

 

Tra i vari interventi promossi dall’Ue, particolare attenzione merita il sistema Esco (European Skills, Competences and Occupations), strumento, che, una volta definitivamente implementato, dovrebbe realizzare una classificazione multilingue (una per Stato membro) di abilità/competenze, qualifiche e occupazioni rinvenibili nel mercato del lavoro e nei sistemi di educazione e formazione dei Paesi Ue.

Tale sistema dovrebbe fornire a chiunque fosse interessato (persone in cerca di occupazione, lavoratori, imprese, istituzioni educative e formative, ecc.) una classificazione su tre pilastri (occupazioni, abilità/competenze e qualificazioni), tra loro interconnessi, compatibile con i quadri e le classificazioni internazionali (Nace, Isco ed Eqf). Scopo ultimo dell’Esco è, infatti, quello di introdurre una terminologia standard per tutte le occupazioni, competenze e qualificazioni che riduca il gap tra sistemi educativi/formativi e mercato del lavoro.

 

Più di recente, la Commissione ha lanciato il Piano per la cooperazione settoriale sulle competenze (c.d. Blueprint for Sectoral Cooperation on Skills), il cui obiettivo è quello di mobilitare e coordinare, anche attraverso la leva economica dei finanziamenti (nazionali e dell’Ue), i principali operatori di sei settori (automobilistico, tecnologie marittime, spaziale, difesa, tessile e turismo, con possibilità, a partire dal 2017, di valutare ulteriori settori) al fine di revisionare o creare nuovi profili professionali con le relative competenze, promuovere le qualifiche settoriali e le relative certificazioni, incentivare la mobilità geografica, individuare progetti virtuosi e best practices.

 

L’obiettivo delle istituzioni comunitarie è, infatti, quello di costruire un sistema europeo, integrato e funzionale, di monitoraggio, valutazione, previsione e abbinamento delle capacità professionali ai posti di lavoro, di scambio di informazioni sui cambiamenti e proiezioni dei fabbisogni formativi e professionali, di comunicabilità, reciproca comprensione e messa in trasparenza, anche attraverso lo strumento della certificazione, delle varie competenze, qualifiche ed occupazioni rinvenibili nei vari Stati membri, al fine di promuovere e sostenere la mobilità e l’occupabilità nei mercati del lavoro europei, sempre più interconnessi.

 

Se questi sono gli input che provengono dall’Unione Europea, – come anche evidenziato in un recente rapporto Cedefop (febbraio 2017) – l’Italia non ha ancora ultimato la costruzione ed implementazione del quadro nazionale delle qualifiche (NQF, per un’analisi della natura e delle funzioni dell’istituto cfr. L. Casano, Quadri nazionali delle qualifiche: a cosa servono e perché l’Italia è rimasta indietro, in Bollettino Adapt del 9 giugno 2015) né del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 13/2013. Repertorio, questo, che dovrebbe costituire il parametro di riferimento per la certificazione delle competenze del sistema “pubblicistico” nonché la base per la costruzione di un NQF omnicomprensivo, che consentirebbe la spendibilità delle certificazioni nello spazio europeo.

 

Dopo quattro anni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 13/2013, l’Italia si trova, infatti, ancora in una fase di ultimazione del sistema, atteso che sono stati referenziati i Repertori regionali delle qualifiche, ma non è stato ancora realizzato il Reperto nazionale unico che dovrebbe ricomprendere ed uniformare l’eterogeneo e variegato ventaglio di titoli e qualifiche regionali.

 

In particolare, partendo dai sistemi di qualificazione regionale, è stato raggiunto un primo risultato formalizzato nel Decreto interministeriale del 30 giugno 2015 (Definizione di un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali e delle relative competenze, nell’ambito del Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13), ai sensi del quale il Quadro operativo costituisce la parte del Repertorio nazionale (di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 13 del 2013) “afferente le qualificazioni regionali e rappresenta il “riferimento unitario” per la correlazione delle qualificazioni regionali e la loro progressiva standardizzazione nonché per l’individuazione, validazione e la certificazione delle qualificazioni e delle competenze.

 

Al riguardo, occorre segnalare che lo scorso dicembre è stato lanciato pubblicamente il sito Internet Atlante del Lavoro e delle Qualificazioni (ancora in versione testing), dal quale è possibile consultare il Quadro operativo nazionale e le relative descrizioni dei contenuti del lavoro in diversi processi e settori economico-professionali.

 

Si tratta di un portale informatico che riunisce tutti i percorsi di codifica in atto in tema di classificazione e riconoscimento di competenze e qualifiche.

Esso è composto, da un lato, dall’Atlante del lavoro, che riporta il quadro statistico della classificazione di settori, attività e competenze, dall’altro lato, dal Repertorio nazionale di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 13/2013, in cui, al momento, figurano soltanto i titoli di studio e le qualificazioni regionali del sistema di formazione professionale.

Infine, ma separato dal Repertorio, c’è il c.d. Atlante e Professioni, che include qualificazioni contrattuali dell’apprendistato e professioni regolamentate.

 

Già da questa ripartizione del sito si possono trarre utili indicazioni.

In primo luogo, occorre far presente che i titoli di studio del sistema di istruzione e le qualifiche della formazione professionale sono al momento referenziate ai codici Istat (Atlante del lavoro) ma non anche ai sistemi di inquadramento e classificazione e ai profili professionali contenuti nei CCNL.

In secondo luogo, il Repertorio nazionale non risulta essere affatto “unico”: al momento, infatti, esso raggruppa solo i titoli di studio e le qualifiche, mentre tutto ciò che è legato al mondo del lavoro (qualifiche contrattuali e professioni) è messo da parte (nell’“Atlante e Professioni”, in cui non è del tutto intelligibile l’utilizzo della congiunzione “e”).

 

Tale ripartizione, che pare rispecchiare il modus operandi dell’attore pubblico, sembra, pertanto, lontana dalla logica del collegamento tra percorsi formativi e mercato del lavoro e, comunque, non rispondente alla esigenza di una integrazione con le modalità di riconoscimento delle competenze e dei profili nel mondo delle imprese, ma – come era stato, a suo tempo, preconizzato (cfr. U. Buratti, L. Casano, L. Petruzzo (a cura di), Certificazione delle competenze. Prime riflessioni sul decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, e-book Adapt n. 6/2013) – solo strumentale ad una esigenza di referenziazione statistica per compartimenti stagni.

 

Lo schema di classificazione consultabile sul sito Internet è stato, infatti, elaborato dal Gruppo tecnico composto dal Ministero del lavoro e dalle Regioni, con l’assistenza tecnica di Tecnostruttura e dell’Isfol (ora Inapp, Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) ed è costituito da 23 settori economico professionali più un settore denominato “Area Comune”: i 23 settori sono stati individuati facendo ricorso alle classificazioni adottate dall’ISTAT relativamente alle attività economiche (ATECO 2007) e alle professioni (Classificazione delle Professioni 2011); l’Area comune, invece, abbraccia tutte le attività lavorative che non contraddistinguono nessun settore specifico ma che sono “trasversali” ad essi, come ad es. il marketing, la comunicazione e le funzioni HR.

 

All’interno di ciascun settore, sono descritti i Processi di lavoro a loro volta suddivisi in Sequenze di processo ciascuna contenente specifiche Aree di attività (ADA): in una scheda di dettaglio sono riportati i contenuti del lavoro, in particolare l’elenco delle singole attività costituenti l’ADA, i prodotti e i servizi attesi (Risultati attesi) nonché i riferimenti ai codici statistici delle suddette classificazioni ISTAT. Prendendo ad esempio l’Area Comune e, in particolare, la sequenza Gestione delle risorse umane, sviluppo organizzativo e amministrazione del personale, sono state sviluppate una serie di ADA (Gestione delle RU (anche politiche retributive); Organizzazione e sviluppo organizzativo; Gestione delle politiche di sviluppo professionale del personale; Gestione della selezione del personale; Gestione amministrativa del personale; Gestione delle risorse sindacali).

 

Se è vero che in molti sistemi di classificazione e inquadramento del personale contenuti nei CCNL la figura dell’HR Manager non compare ancora o, pur menzionata, non viene descritta in modo dettagliato (come dimostra l’analisi realizzata da G. Tolve, Le funzioni di HRM nella contrattazione collettiva: un ruolo in cerca di autore, in Bollettino Adapt del 22 aprile 2013), allo stesso tempo non possono essere ignorate le esperienze che iniziano a diffondersi tra le parti sociali in materia di valutazione e valorizzazione delle competenze dei lavoratori (sul punto vd. D. Mosca, Certificazione delle competenze e autonomia collettiva: una prima mappatura”, in questo Bollettino). D’altro canto, si stanno sviluppando esperienze di certificazione delle competenze e dei profili professionali, tra cui quella di AIDP, descritta in questo Bollettino Speciale. Appare cruciale, al fine dare unitarietà al sistema, riconoscere e valorizzare il ruolo e la funzione che il sistema privato svolge nel monitoraggio, analisi e regolazione del mercato del lavoro di queste figure professionali, dando allo stesso voce e riconoscimento all’interno del sistema pubblico, ciò anche in una prospettiva di creazione di mercati del lavoro “europei” tra loro integrati.

 

Federico D’Addio

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@federicodaddio

 

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