La disciplina del distacco comunitario nelle prestazione di servizi nella legge Savary

L’erba del vicino, si sa, è sempre più verde. Se tale impressione è quasi scontata alla luce della pregiudiziale esterofila tipicamente nazionale, leggendo la legge francese Savary del 10 luglio 2014, n. 790, per la lotta contro la concorrenza sociale sleale, il moto d’invidia appare invece più che giustificato.

Infatti, benché necessiti di due decreti attuativi e sia pendente presso l’Assemblea Nazionale il progetto di legge Macròn che la emenderà in alcuni aspetti, la legge Savary rappresenta un interessante esempio di regolazione dei divergenti interessi legati all’esecuzione di prestazioni di servizi, che potrebbe esser considerato dal nostro legislatore attuando la direttiva comunitaria 2014/67, relativa al contrasto alle frodi nel distacco comunitario.

 

L’esigenza di disciplinare i fenomeni distorsivi della concorrenza tra imprese era sorta in Francia nel 2013, in occasione di due rapporti parlamentari – il primo a firma Anne Emery-Dumas ed il secondo proprio di Gilles Savary – che avevano evidenziato come aziende francesi e/o straniere, non rispettando la normativa lavoristica transalpina, realizzassero fenomeni di dumping sociale in duplice danno degli imprenditori corretti e dei lavoratori: se quindi avevano suscitato impressione le notizie relative ad una non sempre dignitosa sistemazione dei lavoratori occupati nei cantieri, non poteva di certo passare inosservata, nella patria di Colbert, una così significativa lesione degli interessi nazionali. Di qui il dibattito parlamentare e la rapida approvazione della legge, che presenta diversi punti di convergenza con la predetta direttiva 67, pubblicata nel maggio 2014.

 

Provando a sintetizzare, la legge Savary è degna di nota in ragione dei destinatari cui è diretta, degli obblighi informativi e di controllo che introduce, delle conseguenze, non solo di tipo sanzionatorio, previste per la loro inosservanza, nonché dei diritti di azione legale riconosciuti alle organizzazioni sindacali che abbiano nel proprio statuto la tutela degli interessi dei lavoratori.

 

In relazione al primo aspetto – ed il dato non è secondario, visto che si tratta pur sempre della patria di Colbert – gli obblighi contenuti nella legge Savary – alcuni dei quali già presenti in regolamenti ed ora sussunti in una fonte normativa di rango superiore – gravano sulle imprese esecutrici di prestazioni di servizi in Francia, a prescindere dalla loro nazionalità: essi consistono in una preventiva dichiarazione all’Ispettorato del lavoro territorialmente competente dei nominativi dei lavoratori operanti nel cantiere (art. 1, c. 1, l. 790 cit.), nonché nella designazione di un rappresentante dell’impresa sul territorio nazionale, con cui le Autorità di vigilanza possono interloquire nel corso degli accertamenti (art. 1, c. 2, l. 790 cit.).

Altresì, il committente, e/o l’imprenditore in caso di sub-affidamento che abbia rapporti diretti con l’impresa distaccante, deve vigilare sull’effettuazione della dichiarazione e della designazione – che confluiscono nel Registro Unico del Personale presente nel cantiere, consultabile dal personale ispettivo e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori – nonché su una sistemazione decorosa per i dipendenti occupati nel cantiere, cui è tenuto il loro datore di lavoro. Infatti, il testo di legge francese prevede un meccanismo di responsabilizzazione del committente che potremmo definire progressivo, consistente in un suo crescente coinvolgimento: il personale ispettivo informa per iscritto il committente dell’irregolarità riscontrata, assegnandogli un termine affinché inviti il responsabile alla sua eliminazione. Spirato inutilmente tale termine, l’eventuale persistenza dell’inosservanza di legge implica una sanzione amministrativa nel caso di omesse comunicazioni, ovvero il trasferimento sul committente dell’onere economico per assicurare un’adeguata sistemazione ai lavoratori (artt. 1, c. 4 e 4, c.1, l. n. 790 cit.).

 

Né gli obblighi di vigilanza del committente – e le conseguenti responsabilità – finiscono qui. Questi, infatti, è tenuto a vigilare sul rispetto, da parte del datore di lavoro, di una serie di obblighi inderogabili – il cd. zoccolo duro – di cui sono titolari i lavoratori distaccati nel cantiere e riguardanti, fra gli altri, la libertà individuale e collettiva nelle relazioni di lavoro, la tutela della maternità, il divieto di discriminazioni, il salario minimo ed il suo pagamento, nonché l’esercizio del diritto di sciopero: la loro inosservanza, malgrado l’invito rivolto dal committente, determina a suo carico una sanzione amministrativa. Altresì, il mancato pagamento del salario minimo previsto in favore dei lavoratori distaccati fa scattare la responsabilità del committente, in solido con il datore di lavoro, per i trattamenti retributivi dovuti (art. 5, c. 1, l. n. 790 cit.).

 

Sempre in tema di conseguenze derivanti dall’inosservanza degli obblighi normativi, la legge Savary prevede la pubblicazione per due anni, in un sito internet curato dal Ministero del lavoro, della sentenza definitiva che abbia condannato un’azienda distaccante per gravi violazioni sulle condizioni di salute e sicurezza, normative e retributive dei lavoratori: una sorta di black list che dovrebbe informare i committenti dell’eventuale inaffidabilità di certe aziende, anche se i tempi processuali necessari per ottenere una pronuncia definitiva potrebbero privare di efficacia il rimedio in parola (art. 8, c. 1, l. n. 790 cit.).

 

Non ultimo, la recente normativa transalpina facoltizza le organizzazioni sindacali ad agire legalmente in favore di un lavoratore, senza il suo espresso consenso ma previa sua informazione e fatto salvo il suo diritto di intervenire nel giudizio promosso dai sindacati, ovvero di deciderne la cessazione in qualsiasi momento (art. 9, c. 1, l. n. 790 cit.): la disposizione promette di essere particolarmente utile nei casi in cui i lavoratori distaccati rinuncino alla tutela dei propri diritti più in ragione delle difficoltà linguistiche, logistiche e finanziarie che incontrerebbero nell’avviare una causa in un Paese straniero, che per indifferenza rispetto alla questione.

 

Infine, l’approvazione del progetto Macròn di correzione della legge Savary dovrebbe affiancare all’innalzamento del tetto massimo degli importi sanzionatori la ben più persuasiva misura della sospensione del cantiere fino ad un mese in caso di gravi violazioni accertate, emessa da un’Autorità diversa dal personale ispettivo che si limiterà alla constatazione ed alla contestazione dell’inosservanza. Il provvedimento in parola avrebbe un effetto dirompente, se dovesse esser confermato, non potendo quindi esserne esclusa un’attenuazione, quantomeno con riferimento alla durata massima.

 

L’impostazione di fondo emergente dalla legge Savary pare delineare una forma di responsabilità oggettiva e/o per fatto altrui del committente, chiamato a rispondere delle altrui inosservanze malgrado una sua fattiva collaborazione al rispetto della normativa: tale soluzione, pur se motivata dalla condivisibile intenzione di tutelare i lavoratori impegnati nei distacchi e di assicurare una leale concorrenza tra imprese, rischia tuttavia di fornire un rimedio che, all’eccesso di severità, avvicina un dirigismo normativo poco rispettoso della capacità della contrattazione collettiva di risolvere diversamente le problematiche sottese. La contrattazione collettiva, infatti, saprebbe bilanciare le ipotesi di deroga alla responsabilità solidale del committente con strumenti di salvaguardia dei lavoratori ugualmente efficaci, tanto più che la medesima direttiva 2014/67 consente agli Stati di prevedere forme alternative alla solidarietà, la quale, è bene ricordarlo, costituisce solo una delle tecniche normative di regolazione dei fenomeni di esternalizzazione.

 

In conclusione, sarebbe opportuno che il legislatore italiano, nell’attuare la direttiva 2014/67, conoscesse la brevemente descritta normativa d’oltralpe per coglierne gli aspetti positivi – consistenti nella disciplina uniforme applicabile alla generalità delle imprese, nazionali e straniere, negli obblighi informativi e di controllo e nella conservazione del vincolo solidale anche nelle catene di appalti – ed evitare al contempo di replicarne le rigidità, tali apparendo l’onere economico del committente per l’alloggio dei lavoratori, le ipotesi di responsabilità “a prescindere” del committente e la sua non derogabilità e/o diversa disciplina ad opera delle parti sociali.

 

Giovanna Carosielli

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

@GiovCarosielli

 

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