La determinazione della tariffa per l’attività professionale intra moenia dei medici

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Bollettino ADAPT 18 dicembre 2023, n. 44
 
La Corte di Cassazione, con una recente sentenza pubblicata il 3 ottobre 2023, n. 27883, ritornando sul tema della determinazione delle tariffe per l’attività professionale intra moenia svolta da dirigenti medici e richiamando le sue precedenti pronunce, ha ribadito, che: “in tema di determinazione delle tariffe per l’attività libero professionale intramuraria svolta dai dirigenti medici, le Aziende sanitarie possono applicare la trattenuta di cui all’art. 1, comma 4, lett. c), secondo periodo, della l. n. 120 del 2007, come modificato dal d.l. n. 158 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 189 del 2012, solo previo accordo in sede di contrattazione collettiva aziendale e d’intesa con i dirigenti interessati successivi all’introduzione della norma citata, per la cui definizione le parti devono, nel rispetto degli obblighi di correttezza e buona fede, sollecitamente attivarsi, al fine di consentire la piena operatività della trattenuta e la realizzazione delle finalità pubbliche a cui è destinata”.
 

L’art. 1, comma 4, lett. c), della l. n. 120 del 2007, stabilisce che nella gestione dell’attività libero professionale intramuraria, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano garantiscano, attraverso proprie linee guida, che le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta e gli IRCSS di diritto pubblico, per agire correttamente debbano determinare in accordo con la contrattazione collettiva integrativa aziendale i costi a carico dell’assistito che usufruisce della prestazione, inerenti a coprire i corrispettivi del professionista, dello staff e del personale assistente nonché le spese relative all’ammortamento e alla manutenzione delle apparecchiature e i costi diretti ed indiretti sostenute dalle aziende fra cui si ricomprendono anche gli importi connessi all’attività di prenotazione e riscossione dei compensi e alla realizzazione delle infrastrutture di rete.
 
Inoltre, si dispone che l’ente o l’azienda del Servizio sanitario nazionale nel determinare detti importi trattenga anche una quota pari al 5% della retribuzione del libero professionista. Tale quota si prevede essere connessa alle finalità di interventi di prevenzione e riduzione delle liste di attesa.
 
Nel caso di specie, Il Tribunale di Milano, a seguito del ricorso presentato dai dirigenti medici, aveva stabilito che la previsione di apposita trattenuta sui compensi dei medici per le prestazioni rese in regime intramurario, fosse finalizzata a sostenere interventi di prevenzione e di riduzione delle liste di attesa e quindi era strettamente collegata al tema dell’interesse pubblico al miglioramento della tutela della salute dei cittadini e pertanto riguardasse una materia che non poteva essere demandata alla disponibilità delle parti, o ad un’intesa da trovare in sede di contrattazione collettiva aziendale per il rinnovo delle tariffe. Per queste ragioni, il Tribunale riteneva che la trattenuta dovesse operare sul compenso del professionista e non sulla tariffa.
 
Di diverso avviso è stata, invece, la Corte di Appello di Milano che, accogliendo il ricorso presentato dai dirigenti medici in servizio presso l’azienda ospedaliera Luigi Sacco (divenuta poi ASST Fatebenefratelli Sacco) e riformando la sentenza di primo grado, dichiarava l’illegittimità delle trattenute che l’azienda ospedaliera, sulla base del disposto dell’art. 1 comma 4, lett. c, L. n. 120 del 2007, così come modificato dal d.l. n. 158 del 2012, aveva effettuato sui compensi di libera professione intramuraria maturati dai ricorrenti dal 13 settembre 2018 e condannava  la ASST a restituire a ciascuno di essi le trattenute, oltre interessi e rivalutazione. Avverso tale sentenza, l’azienda ospedaliera proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.
 
La Corte di Cassazione, in pieno accordo con i giudici di secondo grado, ritiene che l’apposita trattenuta prevista sui compensi dei medici per le prestazioni rese in regime di intra moenia deve essere operata non sul compenso del professionista ma sulla tariffa finale quando si faccia applicazione degli importi versati dagli assistiti per la prestazione intramuraria.
 
In particolare, i giudici della Cassazione ritengono che una corretta interpretazione della norma in questione debba prendere le mosse da una visione unitaria della disciplina, modificata, da ultimo, dal d.l. n. 158/2012. Secondo la Corte, il legislatore ha voluto predisporre una modalità più specifica di definizione delle tariffe, esaltando il ruolo della contrattazione collettiva quale presupposto degli accordi con gli interessati e chiarendo inoltre come gli importi a cura degli assistiti servano a coprire i compensi del professionista, (oltre che dell’equipe, del personale ecc.) e i costi diretti e indiretti sostenuti dall’azienda. Andando avanti, si fa presente come nella determinazione della tariffa bisogna tener conto anche della nuova trattenuta “Balduzzi” del 5%, quota ulteriore rispetto a quella prevista dalla disciplina originaria, all’art.28 della l. n. 488 del 1999 e che pertanto anche l’onere derivante dall’ulteriore quota deve essere considerato allorché si determina la tariffa a carico dell’utenza. Viene inoltre chiarito come la differenza fra queste due fattispecie non è data dal soggetto su cui il contributo grava ma nella determinazione dell’importo oggetto della trattenuta, che in un caso (l. n. 488 del 1999) è di pertinenza dell’autonomia collettiva e nell’altro è determinata direttamente dalla legge.
 
I giudici di legittimità, in conclusione, nel rigettare il ricorso, ritengono per il vero che si debba escludere che l’azienda sanitaria possa applicare la trattenuta di cui all’art. 1, comma 4, lett. c), l. n. 120 del 2007, così come modificato dal d.l. n. 158 del 2012, senza il previo accordo nell’ambito della contrattazione integrativa aziendale e senza l’intesa con i dirigenti interessati intervenuti in un periodo successivo all’entrata in vigore della nuova disposizione legislativa.
 
La Corte, infine, enfatizza il dovere di buona fede e correttezza inerente alle parti per una sollecita definizione delle intese intervenute in un momento successivo all’entrata in vigore della norma proprio in virtù della finalità pubblica della miglior tutela della salute del cittadino a cui è legata, come, ad esempio, gli interventi di prevenzione e di riduzione delle liste di attesa.
 
 Nicoletta Serrani

ADAPT Professional Fellow

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