Il Piano per l’occupazione della Regione Toscana, un “ponte” tra l’assegno di ricollocazione e il Reddito di cittadinanza

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Bollettino ADAPT 25 marzo 2019, n. 12

 

Il decretone in materia di “reddito di cittadinanza” sta terminando il suo iter di conversione in legge con la terza lettura attualmente in corso al Senato. La nuova misura contro la povertà entrerà, definitivamente, nel nostro ordinamento. Bisogna, tuttavia, segnalare come diverse iniziative a titolo “sperimentale” sono state attivate nei mesi scorsi da alcune amministrazioni regionali. Tra queste si può certamente annoverare il Piano integrato per l’occupazione lanciato dalla Regione Toscana,, come misura “ibrida” è “ponte” tra l’assegno di ricollocazione e, appunto, il reddito di cittadinanza che verrà.

 

Nello specifico, infatti, il Piano integrato per l’occupazione, finanziato con le risorse residue degli ammortizzatori sociali in deroga, prevedeva l’attuazione di tre misure rivolte ai disoccupati privi di strumenti a sostegno del reddito: un assegno per l’assistenza alla ricollocazione, che permetteva ai disoccupati di usufruire di un servizio di attività specifiche mirate all’inserimento occupazionale, della durata di 6 mesi, un’ indennità di partecipazione riconosciuta ai disoccupati durante il percorso delle attività previste dal servizio dell’assegno per l’assistenza alla ricollocazione ed incentivi all’occupazione e un contributo riconosciuto alle imprese che avessero assunto i disoccupati interessati dal Piano.

 

Le misure dell’assegno di ricollocazione e dell’indennità di partecipazione erano rivolte, con criteri per molti aspetti più ampli e semplici del rdc, ai disoccupati residenti o domiciliati in Toscana, iscritti allo stato di disoccupazione presso un Centro per l’Impiego della Toscana, ai sensi del D.lgs. 150/2015 attuativo del jobs act, che avessero sottoscritto il Patto di servizio personalizzato, in questo stato da almeno 12 mesi (per i residenti nelle aree di crisi industriale complessa/non complessa e regionale l’anzianità di disoccupazione era ridotta a solamente 6 mesi) e privi di strumenti a sostegno del reddito.

 

Dal 6 marzo 2018 (curiosa coincidenza) la persona disoccupata in possesso dei requisiti sopra descritti poteva recarsi presso un Centro per l’Impiego toscano per richiedere l’assegno per l’assistenza alla ricollocazione. L’assegno poteva essere, quindi, utilizzato o presso il Centro per l’Impiego stesso o presso un soggetto privato accreditato che avesse dato la propria disponibilità alla concreta realizzazione della sperimentazione regionale dell’assegno di ricollocazione all’interno del Piano Integrato.

 

L’intervento previsto dall’assegno per l’assistenza alla ricollocazione comportava, nello specifico, la definizione di uno specifico Programma di assistenza intensiva alla ricollocazione tra il disoccupato e il soggetto erogatore (Centro per l’Impiego o soggetto privato), in cui doveva essere stabilite nel dettaglio le attività specifiche messe a disposizione del cittadino-utente al fine di realizzare l’inserimento/reinserimento occupazionale.

 

L’indennità di partecipazione era riconosciuta nella misura di 500 euro mensiliper un massimo di 6 mesi, ed erogata dall’Inps. È opportuno, a questo punto, ricordare che l’accesso al godimento del sostegno economico si realizzava solo dopo che era stato effettivamente attivato il percorso con la definizione del Programma di assistenza intensiva alla ricollocazione. Per continuare a percepire l’indennità era, infatti, necessario svolgere regolarmente tutte le attività previste nel Programma individuale.

 

Il piano, come detto sopra, prevedeva un incentivo all’occupazione per i datori di lavoro che avessero assunto uno dei soggetti disoccupati coinvolti nei percorsi per la ricollocazione del Piano integrato per l’occupazione. L’importo dell’incentivo variava da 250 a 8.000 euro in ragione della tipologia contrattuale e dell’orario di lavoro (part-time o full-time) oggetto dell’assunzione.

 

L’iniziativa è andato, certamente, oltre le più rosee previsioni almeno in termini di adesioni che sono state bloccate dopo solamente un paio di giorni avendo già superato il numero di destinatari previsti inizialmente.

Le risorse relative, quasi 30 milioni, messe in campo sono state così rimodulate per dare risposte agli oltre 6 mila 700 cittadini che hanno presentato domanda.

Come questi numeri fanno facilmente immaginare i soggetti presi in carico da CPI, e agenzie per il lavoro, si caratterizzavano, nella gran parte dei casi, per un indice di profilatura molto alto dal momento che, solitamente, oltre alle problematiche legate all’assenza di lavoro, queste persone necessitavano di risposte in altri ambiti della vita.

Di fronte a questa nuova sfida si può, quindi, probabilmente sostenere che le agenzie non si sono dimostrate ancora pronte ad assumere questo nuovo ruolo “sociale” che la normativa le attribuisce.

Da questa constatazione scaturisce una riflessione, che sarebbe stata utile anche al tavolo delle trattative stato-regioni delle settimane scorse, che riguarda le competenze che si ritiene dovrà possedere un buon tutor/navigator.

 

Esperienze come quella toscana ci insegnano come non basta essere buoni orientatori al lavoro ma servono, in questa nuova prospettiva, conoscenze in materia, a titolo meramente esemplificativo, di immigrazione, formazione professionale e riconoscimento dei titoli di studio stranieri, assistenza sociale e previdenza e l’elenco potrebbe continuare.

Potrebbe essere una soluzione valida, per superare le difficoltà che certamente vi saranno nella prima fase di attuazione del RDC, puntare sulla valorizzazione delle reti territoriali, partendo dalle buone pratiche già in corso, individuando soggetti chiari di riferimento per le varie tematiche a sostegno, primariamente, dei CPI e le agenzie che saranno, necessariamente, in prima fila. La qualità dei servizi offerti complessivamente dal sistema ai cittadini ne potrebbe, sicuramente, giovare.

 

Giancamillo Palmerini

ADAPT Professional Fellow

@ilgianca

 

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