Il nuovo sistema di inquadramento professionale: tra resistenze e cambiamento

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Bollettino speciale ADAPT 25 febbraio 2021, n. 1
 
Non è blasfemo affermare che il sistema di inquadramento e classificazione dei lavoratori rappresenta indubbiamente l’essenza e la struttura portante di un CCNL in quanto è attraverso di esso che viene definito il valore economico e sociale del lavoro dipendente. Infatti, essere inquadrati in una categoria piuttosto che in un’altra determina anzitutto un differente corrispettivo economico e poi una diversa identità sociale e lavorativa generando distinti gradi di responsabilità, autonomia e operatività. È proprio in virtù di questa sua focale importanza che spesso il sistema di classificazione del personale si trova ad essere al centro di ampie discussioni e oggetto di controversia tra le parti sociali. Questo è quanto è accaduto nel lungo iter di negoziazione che ha preceduto la modifica del vigente sistema di inquadramento professionale. L’importanza del tema è ben rappresentata anche dal fatto che la trattativa si sia avviata, di fatto, sulla proposta di riforma del sistema di inquadramento professionale portata al tavolo da Federmeccanica.
 
Con questa premessa è più immediato comprendere come nel nuovo testo del CCNL per l’industria metalmeccanica e della installazione di impianti sia proprio la riforma della classificazione dei lavoratori, che entrerà in vigore il prossimo primo giugno, a rappresentare il cavallo di battaglia dell’intero rinnovo contrattuale. In più occasioni le parti firmatarie stesse hanno evidenziato la necessità di modificare il vecchio sistema di inquadramento del personale risalente al 1973, in relazione alle mutate condizioni di lavoro e all’innovazione che pervade ogni aspetto del lavoro e dei lavori. Le parti, oltre a individuare tale imprescindibile esigenza, hanno insistito molto sulla necessità di realizzare un sistema di inquadramento in grado di porre al centro la persona del lavoratore. Per tali ragioni sul nuovo sistema di inquadramento dei lavoratori, conclamato da molti come una “storica riforma”, sono state riposte molte aspettative anche in virtù dell’importanza emulativa e strategica che il settore e il sistema di relazioni industriali ad esso connesso ricoprono da sempre per il nostro Paese.
 
Prima di entrare nel merito del nuovo sistema di classificazione e inquadramento dei lavoratori preme segnalare un aspetto di cornice che però esalta il processo di costruzione, emersione e rappresentazione del bisogno di rinnovo espresso dalle parti. Infatti, la presa di consapevolezza delle parti sulla necessità di apportare delle modifiche al sistema classificatorio, seppur con un ritardo evidente, denota una capacità di intercettare la mutevolezza che attualmente caratterizza anche un settore storico come quello della metalmeccanica e la comprensione del bisogno di modificare un sistema vetusto, legato a un passato fordista.
 
Cercando di andare oltre gli intenti e le aspettative sottostanti alla riforma del sistema di inquadramento professionale l’obiettivo di questo approfondimento è quello di ripercorrere in ottica comparativa ed evolutiva le innovazioni introdotte, le ritrosie e le resistenze al fine di rilevare le effettive ricadute pratiche che dall’entrata in vigore del rinnovo modificheranno le modalità di riconoscimento, ingaggio e mobilità professionale dei lavoratori che operano nel settore.
 
Il sistema di inquadramento professionale: dal ‘73 ad oggi 
 
Per comprendere al meglio questo passaggio definito da molti come storico è decisivo rivolgere, per un istante, lo sguardo al passato. L’inquadramento professionale costituisce, come detto, uno degli elementi strutturali di ogni sistema contrattuale. La sua negoziazione ha, di conseguenza, sempre rappresentato un appuntamento molto attenzionato in ogni trattativa. In particolar modo, il CCNL Metalmeccanici, per via della sua capacità di essere l’intesa trainante di tutto il settore manifatturiero, ha sempre portato con sé un carattere innovativo riguardo a molti istituti contrattuali tra i quali spicca appunto il sistema di inquadramento professionale. Rispetto a quest’ultimo elemento la data da prendere come riferimento è quella del 19 aprile 1973, giorno di rinnovo dell’intesa a livello nazionale.
 
Questo contratto, appena superato dal recente rinnovo del 5 febbraio 2021, si è posto come vero e proprio spartiacque sotto molti punti di vista, in particolare per l’introduzione del c.d. inquadramento unico che ha portato al superamento della distinzione tra operai, impiegati e quadri/intermedi. Per cogliere la portata evolutiva di questa innovazione è utile ricordare il contesto nel quale si è collocata questa intesa. Alla fine degli anni ‘70 infatti si è registrata una tendenza egualitaria che si è sviluppata dal punto di vista quantitativo, attraverso aumenti salariali uguali per tutti e dal un punto di vista qualitativo, tramite un diverso rapporto tra classificazione professionale della prestazione e la sua remunerazione che porta ad uno scardinamento di un vecchio sistema di qualifiche. In altre parole, le relazioni industriali che hanno generato questo passaggio storico sono rappresentative di un cambio dell’oggetto della negoziazione dal salario alla più ampia organizzazione in un’ottica di resistenza contro gli effetti della stessa organizzazione produttiva. Leggendo in questo modo il c.d. inquadramento unico di operai ed impiegati, che causava la compresenza di mansioni (ex) operaie ed (ex) impiegatizie con medesimo status economico, è possibile comprendere la logica che giustificava tale sistema di inquadramento. La finalità, infatti, era quella di contrastare un certo tipo di organizzazione, rispondendo ad una spinta egualitaria, e non quella di valorizzare la professionalità del singolo lavoratore. Allo stesso modo è possibile comprendere come oggi, a fronte dei mutamenti che hanno attraversato il mondo del lavoro e delle relazioni industriali, sia apparso necessario un cambio di passo verso una nuova struttura classificatoria.
 
Una nuova struttura di classificazione dei lavoratori
 
Contestualizzate storicamente le vicissitudini relative alla costruzione del sistema classificatorio della metalmeccanica è ora possibile riporre l’attenzione ai contenuti del rinnovato sistema di classificazione, da un punto di vista infrastrutturale. Innanzitutto, è da evidenziare un cambiamento che parte dalle fondamenta dell’impalcatura classificatoria. Infatti, a essere modificati sono stati anzitutto i criteri di costruzione delle categorie alla base del sistema classificatorio.
 
Il CCNL del 26 novembre 2016, con il sistema di inquadramento del ‘73, si basa essenzialmente sul criterio di autonomia e sulle competenze tecnico specialistiche. Ora invece, ai due criteri del ‘73 si aggiungono quelli che sono definiti “criteri di professionalità”: competenze trasversali, polivalenza, polifunzionalità e miglioramento continuo e innovazione correlati ai nuovi sistemi integrati di gestione.
 
Con l’attuale rinnovo il sistema di classificazione viene poi modificato nella composizione delle categorie. Nel sistema di classificazione presente nel CCNL del 26 novembre 2016 i lavoratori sono inquadrati in una classificazione unica costituita da 10 categorie professionali, ciascuna suddivisa a sua volta in una declaratoria generale, mansioni ed esemplificazione dei profili professionali. La prima categoria del sistema corrisponde al livello più basso ed elementare di professionalità. Il nuovo sistema invece è diviso anzitutto in quattro campi di responsabilità e ruolo: D. Ruoli Operativi: livello D1 – livello D2 (ex 2° e 3° categoria); C. Ruoli Tecnico Specifici: livello C1 – livello C2 – livello C3 (ex 3°S, 4° e 5° categoria); B. Ruoli Specialistici e Gestionali: livello B1 – livello B2 – livello B3 (ex 5°S, 6° e 7° categoria); A. Ruoli di Gestione del cambiamento e Innovazione: livello A1 (ex Quadri). In ciascun campo sono poi presenti i livelli di riferimento che, in parte, corrispondo alle categorie del vigente sistema di classificazione e inquadramento dei lavoratori.
 
La diversa scansione dei livelli, oltre che presentarsi differentemente da un punto di vista meramente strutturale, è ora basata sul concetto di ruolo. La scelta di tale termine non è banale e colpisce l’assenza di una sua esplicitazione nel glossario che invece definisce ed esemplifica i criteri di professionalità. Cercando di sviluppare un ragionamento che unisce la quotidianità delle realtà lavorative, gli intenti della contrattazione collettiva e l’ambito accademico che negli ultimi anni si è occupato di studiare le mutate condizioni di lavoro e l’evoluzione dei lavori si può osservare che la scelta del concetto di ruolo non è usuale ed è, almeno formalmente, innovativa.
 
Infatti, è da anni che F. Butera sostiene l’importanza del concetto di ruolo che, a suo parere, è facilmente adattabile ai sistemi di classificazione e inquadramento della contrattazione collettiva. Il concetto di ruolo, così come inteso da F. Butera è un “copione in cui alle persone si chiede di svolgere alcuni tipi di attività e lo svolgimento di questi ruoli li definisce agiti”. Considerando attentamente i contenuti del rinnovato sistema di classificazione e inquadramento del personale si può però osservare che di fatto nella descrizione e declinazione operativa non ci si allontana molto dal “vecchio” concetto di mansione. Seppur le declaratorie vengano identificate sulla base dei criteri di professionalità: autonomia-responsabilità gerarchico-funzionale, competenza tecnico-specifica, competenze trasversali, polivalenza, polifunzionalità, miglioramento continuo ed innovazione correlati ai nuovi sistemi integrati di gestione, in esse si registra una timida identificazione concreta delle quattro dimensioni di ruolo identificate da Butera (1. risultati, quali risultati sono assegnati alle persone e come si misurano; 2. autonomia e governo di questi processi da svolgere da soli o insieme ad altri e con l’ausilio della tecnologia quindi la responsabilità sui processi materiali e immateriali; 3. capacità di gestire in maniera positiva le relazioni con le altre persone; 4. possesso di competenze sia tecniche sia sociali. Ruoli che sono in continua evoluzione).
 
Oltre a un cambiamento nella conformazione dei livelli si registra anche l’eliminazione della prima categoria che potrebbe essere interpretata anzitutto come un sostanziale riconoscimento dell’accresciuto livello di competenze, conoscenze e abilità di base richiesto e necessario anche per lo svolgimento di ruoli operativi più semplici. Chi scrive è però consapevole che tale interpretazione potrebbe trovare il disaccordo di alcuni osservatori che hanno ampiamente sostenuto come questa modifica non abbia alcuna ricaduta sostanziale, dal momento che si tratta di fatto della cancellazione di una categoria che era già poco utilizzata nelle realtà organizzative e aziendali. Al di là delle ragioni di fondo e dell’utilità effettiva della scelta permane il tentativo di riconoscere il cambiamento dell’offerta di lavoro che è più qualificata rispetto al passato industriale.
 
Un altro aspetto da non trascurare è che nel rinnovo non vengono più declinate le mansioni, tipiche descrizioni che nel sistema del ‘73 introducevano i profili professionali. Le mansioni hanno sempre rappresentato le entità classificatorie di base che definivano il contenuto della prestazione lavorativa e cioè le specifiche attività lavorative di cui si compone la prestazione di lavoro dedotta dal contratto di lavoro.

 

Riponendo maggiore attenzione alla genesi dei contenuti e all’aggiornamento dei livelli, si può leggere che le parti, nell’introduzione al nuovo sistema,  dichiarano di voler tener conto “dell’internazionalizzazione delle organizzazioni e dei sistemi professionali anche con riferimento al sistema europeo EQF, garantendo compatibilità con il quadro normativo e di certificazione generali e di comparto/filiera dei sistemi aziendali” ma, esaminando i contenuti delle declaratorie e le altre parti del contratto si nota una sostanziale vacuità dell’intento in quanto non trova alcuna declinazione e connessione pratica nel rinnovo.

 

Considerando le declaratorie di ciascun livello e comparandole con quelle del CCNL del 26 novembre 2016 si denotano delle differenze dettate da una maggiore attenzione ai contenuti del lavoro e soprattutto alle componenti di professionalità che devono essere detenute dai lavoratori inquadrati in quel dato livello. 
 
A titolo esemplificativo, confrontando la 2° categoria del CCNL vigente e il livello D1 del rinnovo, cioè il livello più basso del rinnovato sistema di inquadramento, si rileva una maggiore attenzione descrittiva al saper fare, sapere e saper essere del lavoratore appartenente a quel livello. Pare che, almeno formalmente, le parti firmatarie abbiano tentato di trovare una soluzione al problema del disallineamento tra sistemi di classificazione e inquadramento del personale e l’attuale contenuto dei lavori afferenti al settore.
 
Complessivamente si può però affermare che si osservano gli interventi già registrati da P. Tomassetti, Dalle mansioni alla professionalità? Una mappatura della contrattazione collettiva in materia di classificazione del personale, in Diritto delle Relazioni Industriali, 4, 2019, pp. 1149-1181, che ha rilevato come di fatto la contrattazione collettiva si limiti ancora a intervenire in quattro macro-aree principali: (1) Misure di aggiornamento delle declaratorie con contestuale rimozione dei profili professionali obsolescenti; (2)  Misure di riconoscimento di livelli intermedi o comunque di passaggi di livello orizzontali tesi a tipizzare e valorizzare economicamente la polivalenza, la multifunzionalità, la discrezionalità; (3)  Istituzione di commissioni paritetiche per la riforma dei sistemi di classificazione e inquadramento del personale; (4)  Rinvio a patti sperimentali di ambito aziendale.
 
Il concetto di professionalità
 
Protagonista indiscusso del rinnovo del sistema di classificazione è il concetto di professionalità che seppur largamente utilizzato sembra non aver ancora acquisito una sua collocazione innovativa ed evolutiva. Si può infatti osservare come in diverse parti del sistema di classificazione dei lavoratori venga utilizzato il concetto di professionalità, senza però registrare una sua puntuale descrizione. Si rileva però il tentativo di declinarne i suoi contenuti attraverso quelli che sono definiti “criteri di professionalità”: autonomia-responsabilità gerarchico-funzionale, competenza tecnico-specifica, competenze trasversali, polivalenza, polifunzionalità, miglioramento continuo ed innovazione correlati ai nuovi sistemi integrati di gestione.
 
La professionalità seppur intesa nella sua dimensione dinamica, dal momento che presuppone al cambiamento dei ruoli una valorizzazione delle capacità di lavoro, nel rinnovo permane una sua progressione soltanto verticale in quanto non sono previste progressione economiche all’interno del medesimo livello.
 
L’evoluzione e il riconoscimento della professionalità si esplica dunque nel riconoscimento di una mobilità professionale verticale ma sul punto nel rinnovo non sono state introdotte delle innovazioni ma al contrario è stata confermata la mobilità dalla seconda alla terza categoria per i profili più operativi e dalla quarta alla quinta per gli impiegati in possesso di diploma, come previsto dal CCNL vigente.
 
Risulta però evidente che la mobilità professionale così intesa rischia di concepire il nuovo sistema di inquadramento come un mero strumento di differenziazione salariale, piuttosto che di riconoscimento della professionalità (M. Arca, La riforma della classificazione del personale nel settore elettrico, in DRI, 1, XXII, 2012, pp. 130-146).
 
I nuovi profili professionali 
 
Un altro aspetto di cui tenere conto, analizzando il nuovo sistema di classificazione dei lavoratori è la sezione dedicata ai profili professionali esemplificativi del settore. A livello formale si osserva che nel rinnovo contrattuale si assiste a una modifica nell’inserimento dei profili all’interno della classificazione e inquadramento del personale poiché precedentemente i profili professionali erano direttamente esemplificati all’interno di ciascuna categoria, subito dopo la descrizione della mansione, mentre ora sono contenuti tra gli allegati tecnici. Le figure sono ora suddivise in otto aree: (1) amministrazione e controllo gestione; (2) manutenzione, installazione e tecnologie; (3) personale ed organizzazione; (4) produzione e logistica; (5) ricerca&sviluppo e gestione progetti; (6) servizi commerciali; (7) servizi informatici; (8) supply chain, qualità, sicurezza-ambiente. Ciascun profilo professionale contenuto nelle singole aree è poi declinato nei suoi possibili “livelli di professionalità” (D1, D2, C1, C2, C3, B1, B2, B3, A1).
 
L’individuazione ed elencazione dei profili professionali è il risultato di un lavoro di mappatura nelle realtà aziendali condotto dalla Commissione Paritetica per la riforma dell’inquadramento finalizzato a rilevare le nuove figure professionali che operano nel settore e i cambiamenti intercorsi nelle figure già preesistenti nel sistema di classificazione vigente.
 
In generale si osserva un aumento delle figure professionali esemplificate rispetto al vecchio CCNL: ritroviamo circa 94 profili professionali molti dei quali nuovi e connessi alle innovazioni digitali.
 
Qui si ricollega il dibattito in corso in ambito giuslavoristico sulla bontà o meno di aumentare l’esemplificazione dei profili professionali e in generale le categorie al fine di incasellare con più facilità la complessità esistente. Per molti autori però tale strategia non è percorribile in quanto classificherebbe in schemi rigidi una complessità difficilmente riconducibile ad essi. Dall’altro lato è anche vero che tale migliore definizione dei profili professionali aiuta e non di poco il corretto inquadramento dei lavoratori. Rispetto al CCNL vigente non è presente il riferimento all’introduzione per analogia dei profili professionali non esemplificati nel CCNL.
 
In conclusione, si può osservare che il nuovo sistema di classificazione e inquadramento dei lavoratori introduce, almeno nell’uso del linguaggio e a livello descrittivo, concetti in grado di fotografare la complessità vigente nel settore che è sempre più caratterizzato da una maggiore richiesta di competenze tecniche e trasversali, dall’evoluzione di nuove professionalità, flessibilità operativa, nuove forme organizzative e innalzamento del livello medio di formazione e scolarità. Rappresenta quindi un punto di partenza importante sul quale è però auspicabile non adagiarsi ma al contrario sviluppare un sistema potenziato capace di cogliere più marcatamente la dimensione dinamica ed evolutiva della professionalità anche in un’ottica di transizione tra diverse realtà lavorative. Da questo punto di vista, in nome del ruolo rivestito dal settore nel panorama della contrattazione collettiva e della produttività nazionale, occorrerebbe avviare un processo di certificazione della professionalità in grado di rendere più agibili le transizioni tra diversi luoghi di lavoro sia interni che esterni al settore.
 
Stefania Negri

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena
 
@StefaniaNegri6

Giacomo Pigni

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@PigniGiacomo

Il nuovo sistema di inquadramento professionale: tra resistenze e cambiamento