Il Management algoritmico nei luoghi di lavoro: i risultati di una survey condotta dall’OCSE
| di Mattia Maneli
Bollettino ADAPT 28 aprile 2025, n. 16
L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel mese di febbraio ha pubblicato un report che analizza l’utilizzo del management algoritmico nei luoghi di lavoro.
L’analisi, svolta sulla base di dati ricavati da alcune survey dirette ai datori di lavoro, inizia con la trattazione della prevalenza degli strumenti algoritmici nelle organizzazioni aziendali di alcuni paesi del mondo.
Tra questi, gli Stati Uniti sono il paese con la percentuale più elevata di utilizzo di strumentazioni algoritmiche nelle organizzazioni aziendali (90%), seguono poi alcuni paesi europei, oggetto dell’indagine, con un’adozione media del 79% e il Giappone con una percentuale del 40% ed un utilizzo meno prevalente e più moderato delle strumentazioni algoritmiche.
Il management algoritmico è definito, all’interno dell’indagine, come l’uso di software per automatizzare pienamente o parzialmente le funzioni manageriali nei luoghi di lavoro e circa il 74% dei manager che hanno partecipato alla stessa hanno indicato di utilizzare almeno un tool per fornire istruzioni, monitorare o valutare i lavoratori.
Questo dato risulta sicuramente in crescita rispetto ai decenni precedenti a causa dell’incremento dell’esistenza di dati riferibili ai singoli lavoratori, della mancanza di limiti legali in alcune giurisdizioni e anche dell’ampiezza della nozione di management algoritmico che ricomprende vari casi di utilizzi di software per gestire e valutare il rapporto di lavoro, come indicati nella tabella che segue (per esempio sistemi abbastanza datati, c.d. di sistemi di legacy).

Quanto indicato in precedenza in merito alle percentuali di utilizzo nei vari paesi del mondo, deve essere integrato con la classificazione dell’utilizzo dei tool algoritmici per fornire istruzioni, monitorare e valutare i lavoratori.
Tra questi vi sono alcune differenze: i tool di monitoraggio – a seconda del modo in cui sono programmati – potrebbero avere maggiori probabilità di raccogliere dati personali; gli strumenti per valutare i lavoratori potrebbero, invece, causare un trattamento distorto di questi ultimi (rispetto agli strumenti per fornire istruzioni e per monitoraggio).
I risultati del sondaggio derivanti dal report OCSE mostrano anche differenze tra i vari Paesi.
Le aziende statunitensi, ad esempio, sono grandi utilizzatrici di strumenti di tutti i tipi, anche quelli utilizzati per la valutazione delle performance dei lavoratori, per fissare obiettivi per i lavoratori e per premiare o sanzionare eventuali prestazioni lavorative insufficienti. Le aziende europee, invece, sono più propense ad adottare strumenti che sono meno invasivi per i lavoratori perché non raccolgono tanti dati sensibili (per esempio strumenti di istruzione e gli strumenti di monitoraggio di base). Tale scenario varia anche con riferimento alle aziende giapponesi che si dotano raramente di strumenti di gestione algoritmica, ma utilizzano maggiormente strumenti di monitoraggio.
Nelle aziende Statunitensi ed europee, gli strumenti algoritmici per fornire istruzioni ai lavoratori sono i più diffusi tra tutti. Ragionando in termini di percentuali, la loro diffusione si attesta circa al 90% negli USA e circa al 69% in Europa.
Con riferimento al monitoraggio delle attività, il report afferma che la percentuale più elevata è registrabile negli USA (90%), più moderata in Europa (67%) e meno frequente in Giappone (31%). L’uso di strumenti di monitoraggio è maggiormente comune in tema di orario di lavoro e di completamento delle attività lavorative, comportando una raccolta di dati senza una vera e propria elaborazione algoritmica. Inoltre, vi sono propensioni diverse nell’utilizzo di tali software da parte dei vari paesi, per esempio in USA sono maggiormente utilizzati software di monitoraggio della velocità dell’attività lavorativa (72%), mentre in Europa (15%) e Giappone (7%) si registrano percentuali nettamente più basse.
La minore diffusione di questi strumenti in questi ultimi due paesi si giustifica dal fatto che la raccolta di dati personali per il monitoraggio dei lavoratori può essere molto invasiva.
Nel rapporto OCSE, è indicato che le applicazioni che possono utilizzare dati personali includono anche il monitoraggio di conversazioni, telefonate, e-mail, l’affaticamento dei lavoratori e il tracciamento della loro posizione e, pertanto, sono indicati come strumenti “potenzialmente invasivi”. Logicamente, l’uso di questi tool può essere favorevole ai lavoratori (ad esempio per proteggerli da pericoli derivanti dall’attività lavorativa o aiutarli nello svolgimento della stessa) ma può comportare comunque grandi rischi. Ragionando anche in questo caso in termini di percentuali, negli Stati Uniti, il 55% delle aziende monitora il contenuto e il tono di conversazioni, telefonate o e-mail, rispetto ad appena il 6% in Europa e l’8% in Giappone. Invece, la salute, la sicurezza e l’affaticamento dei lavoratori sono monitorati meno spesso con questi strumenti: dal 33% e 31% delle aziende statunitensi; dal 15% e 5% delle aziende europee e dal 7% e 3% delle aziende giapponesi.
Per la valutazione dei lavoratori, negli Stati Uniti, il 90% delle aziende utilizza uno strumento di gestione algoritmica per automatizzare parzialmente o completamente almeno un’attività di valutazione e questa stessa percentuale scende al 35% per i paesi europei e all’11% per il Giappone. Con riferimento a queste attività valutative, negli USA l’83% delle aziende utilizza software per premiare le buone prestazioni, il 74% per fissare obiettivi per i lavoratori, il 67% per sanzionare le scarse prestazioni (ovvero azioni disciplinari o trattenuta di ricompense, come opportunità di formazione) e il 50% per fornire valutazioni delle prestazioni su classifiche visibili agli utenti. In Europa le suddette percentuali calano drasticamente e ancora di più in Giappone.
Il report dimostra anche come l’utilizzo generico delle strumentazioni algoritmiche possa variare anche in base al settore di attività (es. una maggiore diffusione è possibile nei settori finanziario e assicurativo rispetto a quello dell’approvvigionamento idrico e minerario) a causa di una maggiore digitalizzazione dei settori in cui sono più diffuse e come alla mancata adozione di tali strumentazioni contribuiscano vari fattori.
Tra questi ultimi rilevano: il costo elevato degli strumenti, con una media del 79% tra i vari Paesi; l’atteggiamento dei lavoratori e la loro preoccupazione in merito agli impatti sulla salute e sicurezza (fattore di rilievo in Francia, Germania, Italia, Spagna e Giappone) che addirittura contribuiscono a una possibile mancata adozione delle strumentazioni algoritmiche anche in futuro e la mancanza di competenze di dati di alta qualità e dell’infrastruttura IT (questi ultimi 3 fattori sono peculiari degli Stati Uniti). Contrariamente a quanto dichiarato dai colleghi europei e asiatici, i manager statunitensi hanno riferito che l’impiego di strumentazioni algoritmiche in futuro sarà comunque probabile.
Passando alla trattazione sull’analisi delle conseguenze pratiche dell’utilizzo di tali strumentazioni, il report indica come il 60% dei manager reputa che l’utilizzo dei software di gestione algoritmica sia capace di migliorare i processi decisionali aziendali in termini di: maggiore produttività ed efficienza per le aziende e aumento delle informazioni disponibili, della velocità e dell’autonomia nel prendere decisioni. Un altro dato oggetto del report in merito all’impatto pratico dell’uso di strumenti di management algoritmico riguarda la potenziale eliminazione dei pregiudizi umani dalle decisioni manageriali, su cui i manager hanno opinioni contrastanti. Quelli statunitensi percepiscono una diminuzione dei pregiudizi nel processo decisionale, contrariamente la maggioranza dei manager europei e Giapponesi ritiene che questi strumenti non abbiano alcun effetto sui pregiudizi o che, nel complesso, li aumentino. Tra gli aspetti positivi, nel report è segnalato come i manager indichino la riduzione dello stress e del lavoro ripetitivo. Anche su quest’ultimo aspetto si notano notevoli differenze tra i paesi: l’84% dei manager statunitensi riporta un aumento della soddisfazione lavorativa, mentre questa scende al 45% nei paesi europei inclusi nell’indagine e al 39% in Giappone, dove i manager hanno maggiori probabilità di non riportare alcun effetto. L’utilizzo di tali strumentazioni comporta anche la necessità di incrementare le proprie capacità manageriali e analitiche (il 60% dei manager riporta una maggiore necessità), tra cui quelle di utilizzare o interpretare i dati, le capacità di risoluzione dei problemi e le competenze digitali. Anche quelle sociali sono rilevanti (esigenza segnalata da circa il 32% dei manager), tra cui capacità di ascolto attivo, capacità di risoluzione dei conflitti, empatia e capacità di comunicazione.
Tra gli aspetti critici derivanti dall’utilizzo degli algoritmi all’interno del rapporto di lavoro, gli autori del report segnalano anche l’affidabilità di tali sistemi – oggetto di preoccupazioni da parte di circa due terzi dei manager che utilizzano strumenti di gestione algoritmica. Tali preoccupazioni sono collegate sia all’intensità con cui vengono adottati gli strumenti di gestione algoritmica, sia al tipo di strumenti utilizzati. Le problematiche segnalate sono derivanti da una mancanza di chiarezza nella c.d. “accountability” (28%), una mancanza di spiegabilità (27%), nonché un’inadeguata protezione della salute fisica e mentale dei dipendenti (27%).
Anche sotto questo aspetto vi sono considerazioni diverse in base al paese: i manager negli Stati Uniti e in Giappone riportano più spesso preoccupazioni relative alla salute dei dipendenti, alla spiegabilità e anche alla presenza di bias nel processo decisionale. I manager nei paesi europei, soprattutto in Italia e Spagna, al contrario, riportano più spesso una mancanza di chiarezza nella responsabilità e difficoltà nel comprendere le raccomandazioni o le decisioni prese dal software.

Complessivamente, il 91% dei manager indica che i dipendenti o i loro rappresentanti sono informati dell’uso del software all’interno del loro luogo di lavoro. Tuttavia, questo dato non corrisponde a quanto riportato da lavoratori la cui prestazione è interessata da questo tipo di strumenti nel contesto di altre ricerche internazionali – i quali ne appaiono largamente inconsapevoli.
Gli autori del report dedicano un’apposita sezione anche alle prospettive dei lavoratori, richiamando altri sondaggi condotti sul tema negli ultimi anni.
Tra questi, l’AMPWork, un’importante indagine sui lavoratori in merito alla gestione algoritmica – condotta da ricercatori del Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea in Germania e Spagna – ha rivelato che i lavoratori soggetti a forti forme di monitoraggio digitale e gestione algoritmica sperimentano maggiore monotonia e stress. Altri studi, come quello sui dipendenti norvegesi, evidenziano preoccupazioni simili, con effetti negativi sulla soddisfazione lavorativa, l’ambiente di lavoro e la fiducia tra dipendenti e dirigenti. Un sondaggio tra membri di sindacati nei paesi nordeuropei ha trovato che l’uso di tali strumenti riduce l’autonomia, aumenta lo stress e diminuisce la soddisfazione lavorativa, anche se la consultazione dei lavoratori durante l’implementazione dei sistemi può mitigare alcuni di questi effetti negativi. Altri studi nei settori dei trasporti, della logistica e della sanità hanno documentato l’innalzamento dello stress e della pressione sui lavoratori, specialmente in contesti dove la tecnologia ignora i bisogni umani di base.
Infine, gli autori indicano come quasi il 90% dei manager afferma che le aziende hanno misure di governance per garantire l’uso affidabile degli strumenti di gestione algoritmica. Tra questi, l’uso di linee guida è il più comune, seguito dalla consultazione dei lavoratori. Quest’ultima varia notevolmente tra i paesi: negli Stati Uniti, la consultazione riguarda principalmente i manager, mentre in Giappone coinvolge più dipendenti.
Anche valutazioni di impatto o rischio e audit regolari sono adottati spesso, specialmente in Italia e Spagna.
In conclusione, la gestione algoritmica della prestazione lavorativa è caratterizzata da aspetti potenzialmente positivi ma può anche comportare rischi per la qualità del lavoro e il benessere dei dipendenti.
Per garantire un uso affidabile, è necessario che gli strumenti di gestione algoritmica rispettino le normative esistenti, come quelle sul lavoro, la salute e la privacy, e affrontino alcune lacune come la trasparenza sull’uso dei dati dei lavoratori e la protezione della loro salute mentale.
Tra le cautele da adottare, sarebbe importante promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sul tema, al fine di affrontare le preoccupazioni dei lavoratori, oltre che fare in modo che le aziende chiariscano le proprie responsabilità interne, migliorino la trasparenza e forniscano spiegazioni ai lavoratori sui processi decisionali algoritmici che interessano la loro prestazione di lavoro.
ADAPT Junior Fellow Fabbrica dei Talenti
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