Decreto per il Sud e l’Agenzia per la somministrazione nei Porti

Dal 1° marzo scorso è in vigore la legge n. 18/2017, di conversione del d.l. 29 dicembre 2016, n. 243 (cd. Decreto Sud), che, tra gli interventi per la coesione sociale e territoriale volti a fronteggiare situazioni particolarmente critiche in alcune aree del Mezzogiorno, contempla, altresì, all’art. 4, l’istituzione di un’“Agenzia per la somministrazione in porto e per la riqualificazione professionale”.

 

Tale misura è concepita dal legislatore come speciale e transitoria, in quanto destinata ad operare per una durata massima di tre anni. L’istituzione di questa particolare agenzia riguarda i porti in cui l’80% della movimentazione di merci tramite container avvenga o comunque sia avvenuta in modalità transhipment negli ultimi cinque anni, e persistano da almeno un quinquennio situazioni di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche. Saranno a carico dell’Agenzia i lavoratori, percettori di misure di sostegno al reddito(alla data del 27 luglio 2016), in esubero dalle imprese operanti ai sensi dell’art. 18 della l. n. 84/1994, con funzione di supporto alla ricollocazione tramite somministrazione e alla formazione professionale di questi ultimi,in relazione alle iniziative economiche e di industrializzazione in ambito portuale demaniale.

 

L’istituzione di tale agenzia costituisce la risposta all’esigenza di sostenere i livelli occupazionali, in attesa dell’ampliamento infrastrutturale e della riconversione industriale, nei principali hub interessati dalla crisi del trasbordo, vale a dire di quella modalità di movimentazione via mare delle merci che si realizza mediante il trasferimento del carico da una nave all’altra. Si tratta dei porti di Taranto e di Gioia Tauro, in cui le società autorizzate alla movimentazione dei container, rispettivamente le aziende Taranto Container Terminal e Medservice Container Terminal, aventi in forza un totale di circa 930 dipendenti, versano in uno stato di crisi strutturale. Nei mesi di gennaio e marzo, dunque, l’ente è stato costituito con delibera del Comitato Portuale sia nel porto di Taranto sia in quello di Gioia Tauro.

 

La misura introdotta dal Decreto per il Sud non rappresenta, invero, un’esperienza isolata in questo settore. Infatti, i cicli in cui si inseriscono le operazioni portuali – intese, queste ultime, in senso stretto ai sensi dell’art. 108 Cod. nav. sono notoriamente condizionati da fattori eterogenei, da quello meteorologico alla imprevedibilità dei carichi di lavoro per la variabilità delle commesse. Pertanto, la necessità di comprimere i costi fissi attraverso l’impiego flessibile della manodopera risulta connaturata alla tipologia dell’attività, ed è storicamente soddisfatta attraverso il ricorso a forme variamente modulate di esternalizzazione.

 

In questo quadro si inscrive la l. n.84/1994, di riordino della normativa portuale, che, all’art. 17, disciplina la fornitura di lavoro temporaneo per l’esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali. Superando il regime di monopolio delle Compagnie portuali,la legge ribadisce il principio della riserva della fornitura di manodopera in ambito portuale in favore di un unico soggetto imprenditoriale, ma selezionato, ai sensi del comma2, all’esito di una procedura concorsuale e sottoposto al vincolo dell’oggetto sociale esclusivo. In mancanza, l’attività di fornitura è rimessa ad agenzie autorizzate ex art. 17, comma 5, promosse dalle autorità portuali e soggette al controllo di queste ultime, la cui gestione è affidata ad un organo direttivo composto dai rappresentanti delle imprese abilitate allo svolgimento delle operazioni portuali in regime di autorizzazione ovvero concessione.

 

Mentre viene sancita, sulla scorta delle sollecitazioni della Comunità Europea,la separazione tra i soggetti abilitati allo svolgimento, da un lato, delle operazioni portuali e, dall’altro, dell’attività di fornitura, residua, invece, in capo alle Autorità portuali la funzione di indirizzo, programmazione coordinamento e controllo delle attività in ambito demaniale portuale.

 

Ciò premesso,la disciplina contenuta nel Decreto Sud sulle Agenzie di somministrazione nei Porti risulta speciale non solo rispetto al d.lgs. n. 276/2003, ma anche all’art. 17 della l. n. 84/1994, come si evince testualmente dall’art. 4. La riserva di fornitura è mantenuta in favore del soggetto autorizzato ai sensi dell’art. 17, eventualmente precostituito, il quale attingerà dagli elenchi dei lavoratori tenuti dall’Agenzia di somministrazione ex art. 4 d.l. n. 243/2016 solo se non sia in grado di far fronte alla richiesta di manodopera. Benché non sia specificato, in tal caso, il soggetto autorizzato ex art. 17 assumerà la veste di utilizzatore, coerentemente con quanto previsto dal regime “ordinario” in materia di fornitura di manodopera nei porti. Infatti, ai sensi dell’art. 17, comma 6 della l. n. 84/1994, il soggetto autorizzato, se sprovvisto di personale sufficiente, può rivolgersi alle agenzie per il lavoro private in qualità di utilizzatore.

 

Per altro verso,in assenza di soggetto autorizzato, l’Agenzia ex art. 4 è individuata come l’unico ente abilitato alla fornitura di lavoro nei confronti di nuove aziende autorizzate o concessionarie, nonché delle imprese concessionarie già istituite, per la copertura di posizioni coerenti con i profili professionali della manodopera offerta.

 

Ora, la peculiarità dell’Agenzia introdotta dal Decreto Sud è quella di essere non solo promossa ma anche partecipata dall’Autorità di sistema portuale, e, di conseguenza, soggetta alla normativa di cui al d.lgs. n. 175/2016 in materia di società a partecipazione pubblica, in deroga all’art. 6, comma 11 della l. n. 84/1994. Secondo quest’ultima disposizione, alle Autorità di Sistema Portuale –  risultanti dall’accorpamento dei porti per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 169/2016 -è interdetto lo svolgimento, direttamente ovvero per il tramite di società partecipate, delle operazioni portuali, nonché delle attività ad esse strettamente connesse

 

La finalità perseguita dal divieto è quella di evitare un conflitto di interessi tra soggetto controllante, incaricato della funzione di indirizzo e programmazione delle attività portuali, e soggetti controllati, quali, da un lato, le imprese abilitate allo svolgimento di operazioni e servizi portuali e, dall’altro, le imprese autorizzate alla fornitura di manodopera, in ossequio ai principi comunitari.

 

Occorre, dunque, verificare, innanzi tutto,la compatibilità del regime speciale rispetto alla normativa comunitaria vigente in materia di concorrenza, alla luce della natura giuridica delle Agenzie di cui all’art. 4 in commento, in cui le funzioni del controllo e della gestione del servizio potrebbero sovrapporsi, e, inoltre, se tale assetto sia tale da incidere sull’inquadramento dell’attività di fornitura come servizio di pubblico interesse o meno, in virtù dell’applicazione del d.lgs. n. 175/2016.

 

Ora, sotto il primo profilo, l’attuale art. 102 TFUE(Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), replicando quanto precedentemente prescritto dall’art. 82 TCE (Trattato sull’Unione Europea), censura non la detenzione, da parte di una o più imprese, di una posizione dominante, bensì lo sfruttamento abusivo di quest’ultima sul mercato interno ovvero su una parte sostanziale dello stesso. Pertanto, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia della CE sulle ex compagnie portuali (sent. CGCE “Merci convenzionali” del 10/12/1991, causa C-179/1990 e “Silvano Raso” del 12/02/1998, causa C-163/1996), il riconoscimento all’Agenzia dell’attività di fornitura di manodopera, in via esclusiva, sarebbe vietata se consentisse l’alterazione delle dinamiche concorrenziali tra gli operatori in ambito demaniale portuale, attraverso l’applicazione di tariffe non eque per la somministrazione, tali da comportare l’acquisizione, da parte dell’Agenzia medesima, di un vantaggio competitivo indebito.

 

Nel caso di specie, non pare sia ravvisabile una violazione della normativa comunitaria, poiché la novella preserva, almeno sul piano formale, il principio di separatezza tra l’Agenzia ex art. 4 e le imprese abilitate allo svolgimento delle operazioni portuali. In realtà, il rischio di un confitto di interessi, che esporrebbe la misura ad una potenziale censura delle istituzioni comunitarie, è scongiurato, fermo restando che si applichino anche all’Agenzia ex art. 4 il vincolo dell’oggetto sociale esclusivo e il divieto di erogazione dei servizi portuali, contenuti nella l. n. 94/1994, e non richiamati o replicati nel Decreto Sud.

 

L’applicazione della normativa vigente in materia di società a partecipazione pubblica non comporta, invece, l’automatico inquadramento dell’attività di fornitura come servizio di interesse economico generale.

 

È vero che tra le finalità, cui l’art. 6 d.lgs. n. 175/12016 vincola la costituzione e partecipazione societaria delle pubbliche amministrazioni, la “produzione di un servizio di interesse generale” è quella che più si accosta all’attività delle Agenzie nei porti. Tuttavia, nel caso di specie, la partecipazione dell’Autorità portuale all’Agenzia non deve rispondere ad una specifica finalità, poiché il successivo art. 5 d.lgs. n. 175/2016sancisce l’obbligo di indicazione dello scopo perseguito solo nei casi in cui la costituzione o la partecipazione non discendano da espressi obblighi legislativi. Del resto, l’art. 17, comma 9 l. n. l84/1994 esclude esplicitamente la natura di servizio economico generale della fornitura di personale in ambito portuale.

 

Il d.l. n. 243/2016 nulla prescrive a proposito dei requisiti quantitativi e qualitativi relativi all’organico dell’Agenzia, se non, in negativo, escludendo l’applicazione del d.lgs. n. 276/2003 per le relative modalità istitutive e di finanziamento. Ne deriva, dunque, l’inoperatività del capo I della Legge Biagi, sui regimi autorizzatori e di accreditamento,nonché delle disposizioni sulla bilateralità. Nello specifico, la natura dell’Agenzia consente di affermare la non applicabilità non solo della procedura autorizzatoria, ma anche dell’art. 5 d.lgs. n. 276/2003 sui requisiti richiesti alle società con scopo di lucro ai fini dell’iscrizione all’albo.

 

Benché il legislatore non lo precisi, deve, dunque, ritenersi, conformemente con il disposto di cui all’art. 17, comma 10 l. n. 84/1994, che spetti alla stessa Autorità di sistema portuale il compito di individuare il fabbisogno dell’Agenzia in termini materiali e di capitale umano, entro il limite dei vincoli di bilancio dell’Autorità stessa, e ferma restando, per l’assunzione del personale, l’osservanza delle procedure di cui al d.lgs. n. 165/2011, sul rapporto di lavoro nel pubblico impiego

 

Quanto al rapporto lavorativo intercorrente con i lavoratori portuali somministrati, come prescritto dalla novella, opera la normativa contenuta negli artt. 30ss nel d.lgs. n. 81/2015, ove compatibile. L’estensione non pone particolari problemi relativamente all’applicazione dei principi generali, quali i presupposti di legittimità della somministrazione a termine e a tempo indeterminato, l’assetto delle tutele riconosciute ai lavoratori interinali, con riferimento alla responsabilità solidale e alla parità di trattamento. Tali disposizioni dovranno poi essere adattate alla peculiare natura dell’attività dei lavoratori portuali, che implica l’applicazione del Ccnl unico sul lavoro nei porti.

 

Diversamente dalla disciplina generale, e al pari di quanto previsto dall’ art. 17 l. n. 84/1994, per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, l’indennità di mancato avviamento è fissata direttamente dalla normativa speciale che, all’art. 4 d.l. n. 243/2016, rinvia all’art. 3, comma 2 l. 92/2012. Invece, i piani formativi e di riqualificazione professionale dei lavoratori, di competenza dell’Agenzia,sono finanziati attingendo alle risorse disponibili nei bilanci delle Autorità di Sistema portuale, suscettibili di integrazione da parte delle Regioni attraverso la predisposizione delle risorse umane e finanziarie disponibili.

 

Si profila, dunque, un problema di concreta operatività dell’Agenzia, in funzione degli obiettivi prefissati di riqualificazione professionale dei lavoratori portuali e di sostegno dei livelli occupazionali nei porti interessati. Infatti, iprogetti di ammodernamento infrastrutturale e tecnologico nei porti interessati evidenziano la rilevanza di una gestione efficiente delle fasi di supporto alla ricollocazione dei lavoratori, attraverso l’erogazione di un’adeguata offerta formativa volta all’aggiornamento delle conoscenze e competenze da questi ultimi possedute rispetto a quelle che saranno richieste, con particolare riguardo al capitolo della sicurezza sul lavoro. Del resto, sull’allineamento tra competenze e (nuovi) profili professionali si giocala congruità dell’offerta lavorativa da parte dell’Agenzia per la copertura della posizione presso le aziende operanti nei servizi portuali, che, secondo una tipica misura di workfare introdotta dal Decreto per il Sud, non è rifiutabile dal lavoratore, pena la cancellazione dagli elenchi tenuti dall’Agenzia. A tale riguardo, è peraltro opportuno che siano indicati i criteri selettivi del personale inviato in missione, a parità di requisiti, secondo principi di trasparenza ed equità.

 

Ora, l’Agenzia presenta limiti strutturali rispetto allo scopo perseguito, riguardanti la dotazione finanziaria e di capitale umano. Infatti, questa prima fase di sperimentazione della misura ha dei tempi ristretti così come sono limitate le risorse disponibili a sostegno del reddito dei lavoratori interessati, la cui erogazione è prevista a scaglioni nel triennio, con una riduzione progressiva dell’ammontare complessivo. Per altro verso, l’implementazione dell’organico per la gestione dei processi dovrà avvenire, eventualmente, nel rispetto e secondo le tempistiche delle procedure concorsuali di cui al d.lgs. n. 165/2001, tenuto conto dei vincoli di bilancio delle Autorità portuali.

 

È controverso se la novella conceda dei margini per il coinvolgimento degli operatori privati e, se del caso, con quali modalità. Infatti, mancando una norma del tenore dell’art. 17, comma 6 l. n. 84/1994, deve escludersi l’opzione, per l’Agenzia, di ricorrere alle agenzie per il lavoro di cui al d.lgs. n. 276/2003 in qualità di utilizzatore che, tra l’altro, la normativa in materia portuale circoscrive al solo caso di carenza di organico. Tuttavia, sembra ammissibile la possibilità di esternalizzare fasi di cicli operativi rientranti nelle attività di supporto alla ricollocazione, almeno ove sia necessaria l’erogazione di interventi ad alto contenuto specialistico, cui l’Agenzia non sia idonea a provvedere autonomamente.

 

Infine, ai sensi dell’art. 4, comma 8 d.l. n. 243/2016, qualora, alla scadenza dei 36 mesi, rimangano in forza lavoratori non reimpiegati, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti potrà autorizzare la trasformazione della Agenzia “speciale” in un’agenzia ex art. 17 della l. n. 84/1994. Tale disposizione, che scongiura il rischio del licenziamento dei lavoratori interessati alla scadenza della misura, ferma restando la disponibilità delle risorse a disposizione, pur non essendo precisato, opererà evidentemente solo se in porto non sia già insediato un soggetto autorizzato ai sensi dell’art. 17 della l. n. 84/1994. Diversamente, si profilerebbe il rischio della duplicazione di competenze, in distonia con il principio della riserva di fornitura di lavoro a favore di un unico soggetto ai sensi della l. n. 84/1994

 

In quest’ultima eventualità, dovrà ipotizzarsi, quindi, il trasferimento degli elenchi dei lavoratori al soggetto autorizzato precostituito ex art. 17. Invece, in mancanza di quest’ultimo, la trasformazione dell’agenzia è presumibile che ne implicherà l’adeguamento all’art. 17 della l. n. 84/1994, a partire dalla composizione degli organi amministrativi e di controllo e dal rapporto con l’Autorità di sistema portuale, con il conseguente mutamento della natura giuridica dell’agenzia.

 

Arianna D’Ascenzo

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@a_dascenzo

 

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