Contrattazione collettiva, indicizzazione e salario minimo: le diverse risposte all’inflazione dei paesi dell’Unione Europea

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 25 settembre 2023 n. 32
 

Come si è adatta la contrattazione collettiva al nuovo scenario inflazionistico nei paesi dell’Unione Europea? A questa domanda prova a rispondere un recente working paper di Eurofound dal titolo “Collective bargaining in a climate of high inflation: The role of indexation mechanisms”.
 
Una delle risposte possibili alla crisi inflazionistica è rappresentata dalla sottoscrizione di accordi sulle politiche dei redditi, in base ai quali le parti sociali e il governo definiscono alcune politiche e obiettivi di controllo dell’inflazione. Tra i paesi dell’Unione solo il Portogallo ha firmato un tal genere di accordo allo scopo principale di aumentare la quota salari sul PIL. In Spagna, invece, le parti sociali hanno firmato nel maggio 2023 il quinto accordo per l’occupazione e la contrattazione collettiva che stabilisce un percorso di aumenti salariali nei prossimi tre anni.
 
Ciò che però è tornato al centro della discussione in conseguenza della crisi inflazionistica è l’uso di clausole di indicizzazione nella contrattazione collettiva, compresi i meccanismi di aggiustamento del costo della vita.

L’indicizzazione automatica si verifica quando nei contratti collettivi sono presenti clausole che stabiliscono un collegamento automatico all’andamento dei prezzi.

Questi meccanismi erano molto diffusi fino alla metà degli anni Novanta, ma sono ormai molto rari poiché molti paesi hanno eliminato o ridotto il ruolo dell’indicizzazione, anche al fine di aderire all’Unione economica e monetaria (ne è un esempio l’Italia che ha eliminato per tale motivo il meccanismo della scala mobile nel 1992).

Fino alla crisi del 2008 i meccanismi di indicizzazione erano ancora presenti nella contrattazione collettiva in sei paesi (Belgio, Spagna, Cipro, Lussemburgo, Malta e Slovenia) ma successivamente solo Belgio, Cipro e Lussemburgo hanno mantenuto tali meccanismi di indicizzazione automatica.
 
Il paper di Eurofound mostra poi un secondo gruppo di paesi in cui, pur non sussistendo alcun recupero automatico del potere d’acquisto, l’inflazione svolge comunque, in diversi modi, un ruolo formale nella fissazione dei salari.

Vi sono casi in cui la contrattazione collettiva prevede nei rinnovi una compensazione per l’inflazione o comunque considera una parte di aumenti salariali in relazione all’andamento dell’inflazione (Austria, Germania e Slovenia). In altri paesi i contratti collettivi prevedono meccanismi per recuperare il potere d’acquisto ex post (Spagna, Francia).
 
Sul punto, si segnala che anche in Italia non mancano casistiche in cui le parti sociali hanno individuato strumenti ad hoc per gestire il problema dell’indicizzazione dei salari, sia per quel riguarda l’ipotesi del ruolo formale dell’inflazione sui rinnovi (CCNL addetti su natanti esercenti la pesca marittima, CCNL operai agricoli e florovivaisti) sia per quanto riguarda il recupero ex post (CCNL servizi ambientali) del potere di acquisto (si veda La contrattazione collettiva in Italia (2022). IX Rapporto ADAPT, ADAPT University Press, 2023, pp. 6-10).
 
L’indagine mostra poi che vi sono paesi in cui non esiste un’indicizzazione automatica né un ruolo formale dell’inflazione nella determinazione dei salari. Tuttavia, l’inflazione gioca indirettamente un ruolo nella fissazione delle retribuzioni negoziate attraverso l’impatto del salario minimo legale che molto spesso incorpora indicatori del costo della vita (Francia, Lussemburgo, Slovenia, Estonia).

L’interazione tra salario minimo e salario negoziato dipende da diversi fattori, tra cui il meccanismo con cui il salario minimo viene aggiornato o la reattività dei contratti collettivi nel reagire alle variazioni del salario minimo.  Si evidenzia, però, che in paesi come la Spagna i datori di lavoro non hanno sostenuto l’aumento del salario minimo legale approvato nel 2023 dal governo in accordo con i sindacati e hanno lamentato che questi aumenti hanno ridotto la portata della contrattazione collettiva e l’autonomia delle parti sociali.
 
I meccanismi utilizzati nei vari paesi dalle parti sociali per aumentare i salari reali hanno inoltre mostrato notevoli differenze in relazione al modo in cui gli aumenti salariali sono stati definiti nei contratti collettivi e ai gruppi di lavoratori interessati dagli aumenti.
 
Nella maggior parte dei paesi analizzati da Eurofound (Germania, Svezia, Austria, Italia, Danimarca, Finlandia, Croazia, Polonia, Lituania) si può apprezzare una preferenza per pagamenti di cifre forfettarie per compensare i lavoratori per le perdite di potere d’acquisto (Per un focus sul contesto tedesco, italiano e francese A. Sannipoli, Come è stato affrontato l’aumento dell’inflazione dalla contrattazione collettiva: Il report Eurofound, Bollettino ADAPT 18 settembre 2023, n. 31).

La scelta di importi una tantum presenta alcuni vantaggi rispetto agli aumenti salariali tradizionali: non hanno effetti duraturi sui salari, sono proporzionalmente più favorevoli ai lavoratori con salari più bassi e non richiedono l’adattamento dei meccanismi di fissazione dei salari già esistenti. Tuttavia, questa soluzione presenta anche alcuni inconvenienti: mancanza di consolidamento degli aumenti salariali, misure di pagamento più onerose per le piccole imprese e necessità di nuove negoziazioni se i prezzi continuano a essere alti o ad aumentare.
 
Nella maggior parte dei paesi dell’Unione gli aumenti salariali negoziati nel corso del 2021 e del 2022 sono rimasti al di sotto dei livelli di inflazione, penalizzando in particolare i lavoratori con salari più bassi. Pertanto, in alcuni paesi si è stabilito di attuare politiche salariali volte a favorire questi lavoratori, aumentando i salari minimi legali oppure fissando nei contratti collettivi aumenti più elevati per le fasce salariali più basse.

L’indagine di Eurofound evidenzia, inoltre, aumenti salariali maggiori nei settori con retribuzioni generalmente più basse (si riporta anche l’esempio del settore domestico in Italia che ha stabilito aumenti al di sopra dell’inflazione e più alti rispetto a molti altri settori).
 
Il paper si chiude evidenziando le nuove sfide che le parti sociali dovranno affrontare nei prossimi mesi per provare a garantire aumenti salariali idonei ad attutire l’impatto dell’inflazione. Alla luce anche del recente dibattito sull’introduzione di un salario minimo legale, cercare nei diversi sistemi di relazioni industriali soluzioni che permettano di garantire ai lavoratori retribuzioni adeguate nonostante l’elevata inflazione può rappresentare per la contrattazione collettiva l’opportunità di riaffermare la sua tradizionale centralità nella fissazione dei salari?
 
Francesco Lombardo
Assegnista di ricerca presso l’Università di Modena e Reggio Emilia

ADAPT, Università degli Studi di Siena
@franc_lombardo

Contrattazione collettiva, indicizzazione e salario minimo: le diverse risposte all’inflazione dei paesi dell’Unione Europea