Come è stato affrontato l’aumento dell’inflazione dalla contrattazione collettiva: Il report Eurofound

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Bollettino ADAPT 18 settembre 2023, n. 31
 
Dopo un lungo periodo di stabilità dei prezzi, l’inflazione ha fatto ritorno in tutto il territorio dell’Unione Europea. Le conseguenze della pandemia Covid-19, la crisi energetica provocata dalla guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e l’interruzione della catena di approvvigionamento internazionale, tra gli altri fattori, hanno fatto salire i prezzi delle materie prime e dei beni, in particolare dei prodotti alimentari.
 
Il report Eurofound intitolato “Tackling rising inflation in sectoral collective wage bargaining” analizza come la contrattazione collettiva si sia adattata alle sfide poste dal brusco aumento dei tassi di inflazione nel corso del 2022.
 
Dal punto di vista metodologico la ricerca, condotta tra novembre 2022 e marzo 2023, è stata svolta attraverso l’analisi di quattro contratti collettivi del settore privato di Francia, Germania e Italia. Questi Paesi, come chiarito nel report, sono stati selezionati in quanto presentano un forte sistema di contrattazione collettiva capace di influenzare in maniera rilevante la determinazione dei salari. I contratti esaminati appartengono al settore manifatturiero industriale (metalmeccanico e chimico-farmaceutico) e dei servizi (turismo per Francia e Germania; lavoro domestico per l’Italia).
 
Partendo dall’analisi di quelle che sono state le principali misure di politica governativa adottate dai vari governi per attenuare l’impatto dell’inflazione si è notato come le maggior parte di queste si è rivolta alle famiglie attraverso il finanziamento dei costi energetici, mentre altre hanno interessato aziende e attività varie. Le misure fiscali, in particolare la riduzione delle imposte, sono state ampiamente utilizzate. Queste misure hanno solitamente una durata temporanea e il loro periodo di applicazione è stato regolarmente esteso.
 
Per quanto concerne le forme di indicizzazione diretta dei salari all’inflazione, un dato comune che è stato registrato è l’assenza di questo meccanismo in tutti i Paesi e i settori analizzati. Fattore questo che, secondo il rapporto di Eurofound, spiega perché, in generale, i salari negoziati non sono stati in grado di tenere il passo con l’andamento dell’inflazione.
 
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Figura 1: la crescita dei salari nominali è rimasta indietro rispetto all’inflazione, portando a un calo dei salari reali nel 2022.
Nota: la figura misura l’evoluzione dei salari nominali e dei salari reali, rispettivamente, con Q2 2020 = 100.
 
Esistono tuttavia differenze tra paesi e settori. In Francia e, in misura minore, in Germania si evidenzia come il salario minimo legale riveste una certa importanza nel contribuire a mantenere aggiornati i salari negoziati nei contratti collettivi, soprattutto per le categorie professionali che registrano dei salari più bassi. Poiché l’inflazione è certamente una delle variabili che determinano gli aumenti dei salari minimi legali, questo potrebbe essere interpretato come un modo per collegare indirettamente i salari all’inflazione. Questo meccanismo, tuttavia, non è automatico, né si applica allo stesso modo a tutti i settori inclusi.
 
La situazione è più chiara nel caso della Francia, dove esiste l’obbligo di rinegoziare i salari quando il salario minimo legale incide sui posti di lavoro a bassa retribuzione.
 
In Italia, dove non esiste un salario minimo legale, i contratti collettivi del settore manifatturiero e dei servizi utilizzano meccanismi che collegano i salari minimi concordati a indicatori come il costo della vita o l’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA (per un approfondimento, vedi F. Fazio, E. Massagli, M. Tiraboschi, Indice IPCA e contrattazione collettiva, ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series n. 8/2013 e G. Piglialarmi, L. Valente, Salari e recupero dell’inflazione: il rebus dell’Ipca, lavoce.info, 22 febbraio 2022).
 
L’analisi ha mostrato come in molti casi esaminati la contrattazione ha fatto ricorso a meccanismi di pagamento una tantum e di come vi è stata, in sostanza, una forte preferenza per questi meccanismi al fine di evitare qualsiasi forma di indicizzazione che potrebbe alimentare spirali salariali nel medio termine.
 
In Italia, a titolo esemplificativo, il contratto collettivo delle imprese di assicurazione ed il personale dipendente non dirigente, sottoscritto il 16 novembre 2022 da Ania e dalle organizzazioni sindacali di First-Cisl, Fisac-Cgil, Fna, Snfia e Uilca ha stabilito la corresponsione di specifici importi a titolo di una tantum, correlati al periodo di vacanza contrattuale e relativi al livello 4-7° classe. Una prima tranche di 1.000 euro da corrispondere entro 31 dicembre 2022 e una seconda di 400 euro entro il 31 marzo 2023. Anche il rinnovo del contratto collettivo nazionale Federculture, sottoscritto il 28 dicembre 2022 da Federculture e dalle organizzazioni sindacali Fp-Cgil, Cisl-Pf, Uil-Fpl e Uil-Pa, ha previsto la corresponsione di un importo lordo forfettario di 500 euro, quale una tantum per il periodo di vacanza contrattuale 1° gennaio 2019 – 30 novembre 2021.
 
Recentemente anche l’accordo di rinnovo del CCNL legno industria firmato il 20 giugno 2023 tra FederlegnoArredo e le OO.SS. Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil ha previsto il pagamento di una somma a titolo di una tantum di 600 euro da corrispondere in due tranches: 300 euro con la retribuzione di luglio 2023 e 300 euro con quella di marzo 2024.
 
Inoltre, in Italia alcuni contratti collettivi di settore hanno introdotto delle clausole di salvaguardia volte a neutralizzare gli effetti negativi dell’inflazione. Un primo caso è quello del CCNL dei metalmeccanici, in particolare, l’accordo siglato lo scorso 5 febbraio 2021 tra  ha previsto che nel mese di giugno di ciascun anno di vigenza del CCNL, i minimi contrattuali per ogni livello saranno adeguati all’IPCA (Indice Prezzi al Consumo Armonizzato per i paesi dell’UE) “al netto degli energetici importati”, così come fornita dall’ISTAT. In base all’applicazione di tale meccanismo, a giugno 2023, sulla base dell’indice IPCA per l’anno 2022, i lavoratori dipendenti del settore metalmeccanico hanno ricevuto un incremento sui minimi pari a 123,40 euro medi mensili. Un secondo caso è il CCNL del settore elettrico, anche qui le parti con l’accordo di rinnovo del 22 luglio 2022 hanno confermato la metodologia di adeguamento a fronte di eventuali scostamenti inflattivi, già utilizzata nel precedente rinnovo, considerando quindi la possibilità che le quote relative alla produttività possano rientrare nel trattamento economico minimo in caso di IPCA superiore di almeno 0,5% rispetto alle previsioni sul triennio.
 
Per un excursus storico sui meccanismi di adeguamento delle retribuzioni alle dinamiche dei prezzi e per un approfondimento di alcuni contratti collettivi di recente oggetto di rinnovo, si suggerisce il contributo di de Martino, intitolato Shock inflazionistici e adeguamenti retributivi: alcune prime risposte della contrattazione collettiva.
 
Sul fronte della contrattazione collettiva, nonostante le difficoltà nell’allineare i salari concordati all’andamento dell’inflazione, in tutti i contratti collettivi esaminati non si è registrato un aumento generalizzato della conflittualità né prima né durante i negoziati. In alcuni casi, ci sono state delle tensioni tra sindacati e datori di lavoro, ma non si è registrato un conseguente aumento dell’attività di sciopero in nessuno dei Paesi o dei settori inclusi nell’analisi. Nel complesso, sindacati e datori di lavoro sono riusciti a firmare accordi che, in linea di principio, non alimenteranno le spirali dei prezzi salariali, garantendo al contempo aumenti salariali più elevati per le fasce di popolazione con salari più bassi al fine di recuperare il potere d’acquisto.
 
In conclusione, il report registra come i salari negoziati abbiano faticato a tenere il passo con l’andamento dell’inflazione e nella maggior parte dei casi analizzati, i salari negoziati sono aumentati più lentamente dell’inflazione (per un’analisi dell’impatto dell’inflazione sul valore reale dei salari a livello di UE, vedi A. Zaniboni, L’impatto dell’inflazione sul valore reale dei salari: i dati al livello dell’Unione Europea in Bollettino ADAPT 4 settembre 2023, n. 29). Ciò preoccupa soprattutto perché l’inflazione è ancora notevole e, anche se si prevede un rallentamento entro il 2025, le proiezioni prevedono che la crescita dei prezzi sarà persistente nel medio termine. Un calo generale dei salari reali non sarebbe sostenibile nel lungo periodo, in quanto i conflitti sociali, le azioni industriali e le controversie di lavoro nella contrattazione collettiva potrebbero intensificarsi nel breve termine, mettendo potenzialmente a rischio gli obiettivi strategici dell’UE.
 
Alessandra Sannipoli

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@alesanni1310

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