Competenze e resilienza nelle twin transition: risultanze dal report OCSE

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Bollettino ADAPT 11 dicembre 2023, n. 43
 
È innegabile che il cambiamento climatico e le relative iniziative per contrastarlo, insieme alle transizioni digitali, siano fra le sfide centrali di quest’epoca. L’urgenza di definire azioni e programmi per eliminare le emissioni, gestire i processi tecnologici e affrontare le sfide sociali connesse sono al cuore delle attuali politiche comunitarie e nazionali, soprattutto in relazione al mondo del lavoro. In tal senso è evidente come, però, le trasformazioni ambientali e digitali richiedano un focus sulle nuove competenze e le professioni emergenti, cruciali per garantire opportunità lavorative per tutti. Investire in programmi formativi diventa, quindi, essenziale per sostenere i lavoratori, settori e aziende, garantendo politiche che rispettino non solo obiettivi tecnologici ed ambientali, ma anche valori etici, di equità e giustizia sociale (sul tema, si veda M. Colombo, Non c’è transizione senza competenze. Il ruolo (decisivo) delle parti sociali, in Boll. ADAPT, 14 febbraio 2022, n. 6; S. Prosdocimi, M. Roiatti, Green skills in VET – Al via un progetto europeo dedicato alle competenze verdi e alla formazione professionale nel settore dei servizi pubblici, in Boll. ADAPT, 19 luglio 2021, n. 28).
 
È proprio in questa prospettiva che il rapporto dell’OCSE Skills for a Resilient Green and Digital Transition, si propone di evidenziare l’importanza di costruire e progettare percorsi finalizzati all’acquisizione delle competenze, delle attitudini personali per favorire l’adattamento degli individui e dei lavoratori ai cambiamenti ambientali e plasmare un futuro più verde e sostenere lo sviluppo tecnologico, promuovendo lo sviluppo di buone pratiche a partire dallo studio delle singole realtà nazionali.
 
Trattando del tema delle conoscenze nell’ambito della transizione, è, difatti, significativo che solamente il 31% degli studenti delle scuole superiori possieda una comprensione basilare del tema, percentuale che si riduce ulteriormente tra i giovani che vivono situazioni di svantaggio sociale (21%). Similmente, nonostante l’urgenza di tali trasformazioni, la lentezza nel creare, implementare e aggiornare politiche educative delle competenze ha portato solo al 40% degli adulti ad essere coinvolti in tali percorsi di aggiornamento e formazione, impattando negativamente sulla occupazione e occupabilità dei lavoratori stessi in transito tra settori in declino o in trasformazione e quelli emergenti.
 
La comprensione della transizione rappresenta, invero, il fondamento imprescindibile su cui costruire percorsi efficaci di formazione per affrontare il cambiamento. È pertanto essenziale analizzare, in primo luogo, le percezioni legate a tali processi. Tra i paesi dell’OCSE, registra il report, il 68% degli adulti percepisce il cambiamento climatico come una minaccia. Tuttavia, tale numero varia in base al settore lavorativo (la percentuale è più bassa per i soggetti impiegati in settori ad alte emissioni, attestandosi al 27%, rispetto al 31% di coloro che operano in settori a bassa emissione). In altre parole, si nota che i soggetti che prevedono di essere negativamente influenzati dalle politiche di mitigazione del cambiamento climatico sono più propensi a segnalare una scarsa comprensione del tema e una bassa percezione della minaccia.
 
Grandi disparità emergono anche con riferimento al genere: se, infatti, è riconosciuto come una transizione verde equa e inclusiva possa avvenire solo con la partecipazione di tutti, dunque smantellando le barriere e gli stereotipi che portano i soggetti a compiere scelte educative e di vita diverse, tuttora persiste un grande divario nella percezione e una conseguente differente partecipazione a corsi e percorsi di formazione a sostegno della transizione verde fra uomini e donne (in alcuni casi pari ad una differenza del 5%) (si veda, sul tema, I. Fiore, Istruzione e scelte professionali delle donne: gender gap in un report dell’OECD, in Boll. ADAPT, 27 marzo 2023, n. 12).
 
Al contempo, se i paesi intendono raggiungere gli ambiziosi obiettivi ambientali garantendo al contempo la tutela di soggetti e comunità nella transizione oltre che la competitività e produttività dei settori, è evidente come le politiche climatiche debbano essere accompagnate da forti investimenti nei percorsi di formazione e aggiornamento delle competenze dei lavoratori, in modo tale da assicurare la loro occupabilità nei settori in trasformazione e cosicché la transizione verso un’economia più verde non porti a nuove forme di disuguaglianza e vulnerabilità.
 
Se, infatti, l’ambizioso obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 può effettivamente essere raggiunto, il rapporto sottolinea che entro il 2030 l’occupazione di lavoratori operanti nel settore industriale e agricolo è proiettata in una diminuzione del 3%, mentre è previsto un aumento del 4/5% in altre occupazioni. In particolare, si prevede un aumento del 6% nei servizi totali, inclusi i servizi pubblici, commerciali e altri, e del 2% nel settore delle costruzioni, e addirittura del 78% nelle energie rinnovabili e nell’elettricità nucleare, mentre è prevista una diminuzione dell’87% dei posti di lavoro nell’ambito dell’estrazione e distribuzione dei combustibili fossili, e dell’8% nel settore dei trasporti.
 
Necessario è dunque un ragionamento sul tema delle competenze. Fra quelle destinate ad aumentare emergono, secondo il report, l’interazione con le tecnologie informatiche, la formazione di pensiero innovativo, l’analisi di dati, competenze in materia di informazione e comunicazione con soggetti esterni all’organizzazione, così come skills legate al funzionamento e alla manutenzione di apparecchiature e strumenti.
 
Andando ad analizzare i singoli set di skills che verranno a emergere, non poca attenzione viene posta sulla capacità dei lavoratori di processare le informazioni correttamente. I dati riferiscono, infatti, che il 34% degli studenti di 15 anni non raggiungono un livello adeguato di padronanza sulle competenze che riguardano la comprensione delle informazioni, specialmente nei campi scientifici. L’accelerazione della digitalizzazione e la possibilità di accedere in tempi rapidi ad una grande mole di informazione non sono, difatti, direttamente proporzionali alla qualità delle informazioni stesse, molto spesso fuorvianti e prive di fondamento. A partire da questo orizzonte, il report esplora quindi le possibili misure attuative per aumentare la capacità di comprensione, nonché le competenze metacognitive, e per ridurre il rischio di misinformazione.
 
La stessa relazione tra competenze e digitalizzazione, con particolare riferimento all’utilizzo e alla comprensione dell’intelligenza artificiale, appare tema centrale nelle riflessioni riguardanti i percorsi di formazione. Diventa, infatti, necessario riflettere su come guidare e governare l’automazione e la robotica e, di conseguenza, che tipo di competenze siano indispensabili.
 
Accanto alle competenze tecniche, dal report emerge come le competenze richieste nelle transizioni riguardino anche quelle socio-emotive, di gestione dello stress e relazionali, con un forte accento sulle skills in merito alle capacità decisionali. Tuttavia, la ricerca sottolinea la necessità di integrare questo aspetto non solo nella formazione dei lavoratori ma anche nei processi di assunzione. Viene evidenziato, infatti, come tra il 2019 e il 2022 la domanda del mercato del lavoro di professionisti in grado di lavorare in contesti di artificial intelligence sia crescita considerevolmente, mediamente del 33% in 14 paesi considerati. Invero, solo una piccola parte (meno dell’1% tra il 2019 e il 2022) di queste offerte di lavoro esplicitano nei requisiti di candidatura la richiesta di competenze di natura etica e di responsabilità sociale rispetto all’utilizzo dell’AI.
 
E tuttavia, anche ciò non sembra essere sufficiente. Accanto agli aspetti contenutistici dei percorsi di formazione, una sfida di primaria importanza rimane infatti il garantire che i sistemi educativi e formativi di life-long-learning si adattino anche alle nuove esigenze con riferimento al momento e alla durata dell’apprendimento, il luogo, la modalità, lo stile degli stessi percorsi di formazione. Necessario diventa quindi monitorare e adeguare la qualità delle strutture fisiche, degli spazi adibiti all’apprendimento, e in generale del dove avviene l’apprendimento stesso e lo sviluppo di nuove competenze, così da permettere a tutti di partecipare a tali percorsi.
 
Le twin transitions, quindi, non solo rappresentano un’opportunità unica di apprendimento in vari ambiti del sapere, ma richiedono anche un approccio concreto adatto all’accelerazione dell’innovazione tecnologica e alla concretizzazione dell’obiettivo di una transizione verde e giusta. È, dunque, cruciale sviluppare e incrementare i percorsi di formazione in entrata e di life-long-learning per creare politiche adatte ai contesti locali e settoriali, considerando le differenze demografiche e territoriali, così da accompagnare davvero i lavoratori, le imprese e i settori in trasformazione.
 
Carlo Pace

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@CarloPace
 
Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara

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