Oblio oncologico: una legge con molte luci e qualche (residua) ombra

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 11 dicembre 2023, n. 43
 
Dopo il voto favorevole da parte della Camera dei Deputati, lo scorso 5 dicembre 2023 anche il Senato della Repubblica ha approvato all’unanimità il Disegno di Legge n. 851/2023 recante «Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche».
 
Il testo sottoposto al voto dell’Assemblea costituisce l’unificazione di plurimi disegni di legge d’iniziativa parlamentare nonché di un disegno di legge d’iniziativa del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (per una rassegna sulle proposte di legge poi unificate v. E. Dagnino, Diritto all’oblio per i malati oncologici_ una proposta meritoria con il rischio di un “effetto boomerang”, in Boll. Adapt, 12 aprile 2023, n.14;  Dossier n.83° – Servizio Studi Camera dei Deputati, 21 giugno 2023), tutti accumunati dallo scopo di assicurare alla persona clinicamente guarita da una neoplasia il c.d. «diritto all’oblio oncologico». In altri termini, alle persone «guarite da una patologia oncologica» è riconosciuto il diritto a «non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica» in una serie di casi previsti dalla legge medesima (art. 1 comma 2 DDL n. 851).

 
A monte del disegno di legge: uno sguardo ai dati (segue) …
 
L’approvazione di questo DDL assume particolare importanza sul piano sociale oltre che giuridico se si guardano i dati relativi all’impatto che le patologie oncologiche hanno sulla popolazione italiana.

Nel Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 si legge che nel 2020, in Italia, circa 3,6 milioni di persone (di cui 1,9 milioni di donne e 1,7 milioni di uomini) hanno ricevuto una diagnosi di tumore ovvero circa il 6% della popolazione, con un aumento del 36% rispetto alle stime del 2010. L’Istituto Superiore di Sanità con il documento «I numeri del cancro 2022» ha calcolato che nel 2022 in Italia le nuove diagnosi sarebbero state pari a 390.700 (di cui 185.700 nelle donne e 205.000 negli uomini), in aumento rispetto ai dati del 2020 ove le stesse si assestavano intorno a 376.600.
 
Se quindi la diffusione delle neoplasie pare in aumento, specie alla luce dell’ invecchiamento della popolazione italiana, preme segnalare come da recenti elaborazioni avanzate dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro si stia assistendo a una costante diminuzione dei decessi per tumori, che nel 2021 si attestavano attorno ai 181.330, con un calo di 1.870 morti rispetto al 2020. Secondo il Dossier n.83° – Servizio Studi Camera dei Deputati, 21 giugno 2023 «con riferimento alle aspettative di sopravvivenza ad una diagnosi tumorale, anche grazie alla ricerca e ai progressi scientifici, l’aumento è particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 anni o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni, il 65% del totale e il 3,8% della popolazione, hanno avuto una diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni di persone, pari al 39% del totale, hanno ricevuto una diagnosi da oltre 10 anni».
 
Alla guarigione clinica deve però seguire anche una guarigione, per così dire, «sociale», dovendo cioè venire meno quello stigma semantico che è connesso alla malattia (clinicamente ormai superata) e che è foriero di discriminazioni nei confronti dei guariti. Dai dati raccolti nel 14° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici emerge che sono molteplici le prassi discriminatorie, in particolare per quanto riguarda l’accesso ai servizi bancari, assicurativi (si pensi a quelle prassi secondo cui la concessione di un mutuo è subordinata alla sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla vita del richiedente e l’impossibilità di stipulare la seconda determina la mancata erogazione del mutuo) o per quanto riguarda il (re)ingresso nel mondo del lavoro (v. M. Militello, La tutela del lavoratore affetto da patologia oncologica in Italia, in DRI, 2018, 2, 457 ss.).
 
(segue)… e alle iniziative eurounitarie
 
A monte delle diverse proposte legislative (v. supra), si pone la Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 in cui si afferma non solo il principio per cui «le compagnie di assicurazione e le banche non dovrebbero considerare la storia clinica delle persone colpite dal cancro» ma anche la necessità che la legislazione nazionale debba assicurare la parità di trattamento fra i guariti e gli altri consumatori, contrastando pratiche discriminatorie. Nel perseguire il rispetto di tale principio, nella Risoluzione è fatta richiesta agli Stati membri di garantire, al più tardi entro il 2025, il diritto all’oblio ai pazienti europei trascorsi dieci anni dal termine del trattamento ovvero fino a cinque anni dopo dalla sua conclusione nei casi i cui la diagnosi sia avvenuta prima del compimento del diciottesimo anno di età. Si richiede, inoltre, «l’introduzione di norme comuni per il diritto all’oblio nel quadro delle pertinenti disposizioni sulla protezione dei consumatori» al fine di assicurare «la parità di accesso al credito per i sopravvissuti al cancro».
 
Il testo del DDL: l’art. 2 sull’ «Accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi» e l’art. 3 «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n.184, in materia di adozione»
 
L’art. 2 stabilisce che in sede di stipulazione o rinnovo di contratti aventi ad oggetto servizi bancari, finanziari, assicurativi, contratti di investimento e, più in generale, nell’ambito della stipulazione di ogni altro tipo di contratto anche solo fra privati, non è consentito chiedere «informazioni relative allo stato di salute della persona fisica contraente concernenti patologie oncologiche da cui la stessa sia stata precedentemente affetta e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni» (o cinque anni nel caso di patologia insorta prima dei ventuno anni), se tali informazioni sono in grado di influenzare condizioni e termini dell’accordo negoziale. Di tale diritto deve essere data adeguata informazione e di esso ne deve essere fatta espressa menzione «nei moduli o formulari predisposti e utilizzati ai fini della stipulazione o del rinnovo dei predetti contratti» (art. 2, comma 2). Il comma 3 specifica, inoltre, che «nei casi di cui ai commi 1 e 2 non possono essere altresì applicati al contraente limiti, costi e oneri aggiuntivi né trattamenti diversi rispetto a quelli previsti per la generalità dei contraenti a legislazione vigente» e il comma 4 vieta di richiedere lo svolgimento di visite mediche di controllo e accertamenti sanitari a cui subordinare la stipulazione dei contratti di cui al comma 1.
 
Se le informazioni di cui al comma 1 sono già state fornite, il comma 5 si cura di precisare, una volta decorso il lasso temporale decennale (o quello quinquennale), che esse non potranno essere utilizzate in sede di «valutazione del rischio dell’operazione o della solvibilità del contraente». Il comma 7 prevede, poi, che il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, stabiliscano con autonome deliberazioni le modalità di attuazione delle previsioni di cui al comma 1.
 
L’art. 3 interviene, invece, sulla legge n.184/1983 che disciplina il procedimento di adozione dei minori stabilendo che le indagini che vengono svolte nei confronti dei genitori adottivi, per quanto riguarda la salute, «non possono riportare informazioni relative a patologie oncologiche pregresse» trascorsi più di dieci anni (o il diverso termine quinquennale in caso di patologia insorta prima dei ventuno anni) dal termine del trattamento attivo, in assenza di recidive o ricadute. Il comma 2 affida al Ministero della Salute, di concerto con il Ministero della Giustizia, il compito di adottare un decreto con cui stabilire le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 3.

 
L’art. 4: «Accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale»
 
Di particolare interesse è l’art. 4 del DDL n. 851/2023 che introduce nuove previsioni per quanto riguarda la ricollocazione/il reinserimento nel mercato del lavoro delle persone guarite da una patologia oncologica. Si legge infatti che «ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali e selettive, pubbliche e private, quando nel loro ambito sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei canditi» è fatto specifico divieto di richiedere informazioni attinenti allo stato di salute dei candidati «concernenti patologie oncologiche da cui essi siano stati precedentemente affetti». Anche tale divieto opera decorso un termine decennale (o il diverso termine quinquennale nel caso di patologia insorta prima dei ventuno anni) dalla conclusione del trattamento attivo e purché non si siano verificati episodi di recidiva.
 
In altri termini, decorso il lasso temporale indicato dalla legge, la pregressa patologia oncologica non costituirà più condizione per escludere un candidato da un processo di selezione, pubblica o privata che sia, equiparando quindi la sua posizione a quella di un qualsiasi altro soggetto che in passato non ha sofferto di alcuna neoplasia. Da una prima lettura del comma 1 emerge come l’operatività di tale divieto sia limitata alla sola fase di accesso alla procedura concorsuale e selettiva, potendo invece riemerge – ad esempio in sede di giudizio di idoneità alla mansione – la necessità che vengano fornite informazioni sulla precedente patologia oncologica che ha affetto il lavoratore, in un’ottica di prevenzione e tutela di quest’ultimo (su cui similmente già E. Dagnino, Disegno di legge sull’oblio oncologico: segnali importanti sul fronte lavoro, in Boll. Adapt, 10 luglio 2023, n.26).
 
Il comma 2 delega il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della Salute e sentite «le organizzazioni di pazienti oncologici iscritte nella sezione Reti associative del Registro unico del Terzo settore (…) o che abbiano la forma giuridica di associazioni di secondo livello iscritte al predetto Registro» ad adottare un decreto entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della legge con cui «possono essere promosse, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, specifiche politiche attive per assicurare, a ogni persona che sia affetta da una patologia oncologica, eguaglianza di opportunità nell’inserimento e nella permanenza nel lavoro, nella fruizione dei relativi servizi e nella riqualificazione dei percorsi di carriera e retributivi». Al di là della vaghezza del tenore del testo normativo, quello che preme segnalare è, da un lato, l’utilizzo del verbo potere che lascerebbe il Ministero libero di decidere se adottare o meno tale decreto, con il rischio di vanificare la stessa previsione legale. Dall’altro, a emergere è il mancato coinvolgimento delle parti sociali su un tema su cui si renderebbe opportuna un’azione congiunta fra le stesse e il Ministero.
 
In ogni caso, se effettivamente adottato, tale decreto potrebbe consentire (il condizionale è tuttavia d’obbligo) all’Italia di porsi nel solco già tracciato dal Piano europeo per la lotta contro il cancro con cui la Commissione persegue, tra gli altri, l’obiettivo di rafforzare il sostegno agli Stati membri per la promozione di «programmi di riqualificazione e di sviluppo delle competenze» teso ad aiutare le persone guarite da una patologia oncologica a rientrare nel mercato del lavoro.
 
L’art. 5: «Disposizioni transitorie e finali»
 
In chiusura, l’art. 5 da un lato, consente al Ministero della Salute di prevedere un elenco di patologie oncologiche per le quali applicarsi termini inferiori rispetto a quello decennale o quinquennale, dall’altro, sancisce che nelle more dell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2 comma 7, art. 3 comma 2 e art. 4 comma 2, i contratti bancari, finanziari, assicurativi stipulati dopo l’entrata in vigore della legge de quo, nonché i procedimenti di adozione in atto e i concorsi banditi sotto la sua vigenza, debbono adeguarsi ai principi così introdotti nell’ordinamento «a pena di nullità delle singole clausole contratti o della parte degli atti amministrativi, anche endoprocedimentali, da essi difformi», specificandone la sua rilevabilità d’ufficio e l’operatività a solo vantaggio della persona fisica contraente.
 
Alcune potenziali criticità interpretative
 
Se il neonato diritto all’oblio è riconosciuto alle persone considerate «guarite» da una patologia oncologica, va rilevato come in realtà manchi una specifica definizione del concetto di «guarigione». Esso è, infatti, collegato al lasso temporale che deve intercorre fra la conclusione del trattamento attivo, senza intervento di episodi di recidiva o di ricadute, e il momento in cui vengono richieste le informazioni sullo stato di salute riguardanti neoplasie. Tale periodo viene, quindi, standardizzato in dieci anni se la patologia oncologica è insorta dopo il ventunesimo anno di età ovvero in cinque anni qualora essa si sia manifestata prima.
 
In tal senso, la previsione di cui all’art. 5 comma 2 che demanda a un decreto del Ministero della Salute, da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l’individuazione delle eventuali patologie oncologiche per le quali si applicano termini inferiori rispetto a quelli decennali o quinquennali fa emergere l’importanza e allo stesso tempo l’ambiguità del concetto di guarigione, il quale sfocia necessariamente nel campo delle scienze biomediche. Aspetto, questo, che potrebbe anche sollevare, in prospettiva, questioni di legittimità della disposizione per irragionevolezza o disparità di trattamento, specie alla luce dello sviluppo della medicina personalizzata e di genere che va a mettere in discussione proprio la standardizzazione dell’approccio diagnostico e terapeutico.
 
Anche sul concetto di «trattamento attivo», «recidiva» o «ricaduta» potrebbero sorgere, in prospettiva, altrettante questioni interpretative, trattandosi di nozioni che attingono direttamente ad altre scienze e da cui inevitabilmente possono conseguire dubbi applicativi.

Le ombre che si intravedono non oscurano comunque i lati positivi della legge che certamente rappresenta un passo in avanti nella tutela delle persone che hanno vissuto la dura esperienza della malattia oncologica.
 
Fulvio Cucchisi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@fulviocccs

Oblio oncologico: una legge con molte luci e qualche (residua) ombra