Rilanciare la competitività attraverso il lavoro

Interventi ADAPT

| di Jacopo Sala

Bollettino ADAPT 9 giugno 2025, n. 22

Lo scorso mercoledì 4 giugno la Commissione europea ha pubblicato il suo “Semester Spring Package”, un documento ricco di dati e analisi sulle principali sfide economiche e sociali che l’Unione si trova oggi ad affrontare. Oltre a ricostruire un quadro dettagliato delle dinamiche socio-economiche che caratterizzano ciascun Paese UE, il rapporto fornisce raccomandazioni specifiche ad ogni Stato membro, con l’obiettivo di offrire indicazioni per rafforzare la competitività, il benessere e la resilienza economica a livello di sistema Paese. Le indicazioni arrivano in un momento di forte instabilità geopolitica e commerciale e si inseriscono nel più ampio quadro strategico delineato dal “Competitiveness Compass”, il piano europeo con cui la Commissione punta a consolidare il posizionamento dell’UE a livello globale.

Tra le sfide evidenziate nello Spring Package, quella del lavoro assume un rilievo particolare, soprattutto nel caso italiano. L’analisi presentata nel country report dedicato all’Italia evidenzia un mercato del lavoro che, pur mostrando segnali di espansione – con tassi di occupazione ai massimi storici sia per gli uomini che per le donne (sebbene ancora piuttosto distanti dalla media UE) – continua a scontare una stagnazione della produttività. Questo paradosso – che secondo alcuni economisti è stato accentuato dal crollo dei salari reali nel recente periodo di alta inflazione (qui per un approfondimento) – impatta direttamente sulla competitività del nostro sistema Paese: crescono i livelli occupazionali, ma non il valore aggiunto generato da ciascun lavoratore. Ciò dipende, da un lato, dalla concentrazione della crescita occupazionale in settori a bassa produttività – come sottolineato anche dall’ultimo rapporto annuale dell’Istat (di cui abbiamo discusso qui) – e, dall’altro, da una qualità del lavoro ancora debole, segnata da carenze sia sul fronte dell’offerta, soprattutto in termini di competenze e livelli di istruzione, sia su quello della domanda, dove prevale un sistema produttivo frammentato e composto per la maggior parte da imprese di piccole e medie dimensioni che investono ancora troppo poco in tecnologie e strumenti di innovazione.

Dal lato dell’offerta, il rapporto della Commissione mette in luce tre nodi critici che frenano lo sviluppo del capitale umano nel nostro Paese. Innanzitutto, si evidenziano significative criticità a livello di sistema educativo di base: i dati OCSE-PISA riferiti al 2022 collocano l’Italia sotto la media UE rispetto alle competenze matematiche e scientifiche di base, con un trend in continuo peggioramento. Particolarmente grave, in questo contesto, è la performance degli studenti con background socio-economici svantaggiati e di quelli iscritti a istituti di formazione professionale. In secondo luogo, persiste un significativo disallineamento tra competenze acquisite e competenze richieste nel mercato del lavoro: nel 2024 l’Italia registra infatti il secondo più alto livello di skill mismatch di tutta l’UE, con circa il 40% dei lavoratori impiegato in profili professionali non corrispondenti al relativo percorso di studi e formazione. Infine, il Paese soffre di una grave carenza di competenze avanzate, con la seconda quota più bassa di giovani laureati nell’UE e una persistente fuga di cervelli che impoverisce il bacino disponibile di talenti altamente qualificati.

Per superare queste sfide, Bruxelles propone una strategia articolata su più fronti. Sul versante dell’istruzione di base, suggerisce l’introduzione di incentivi finanziari finalizzati ad attrarre insegnanti esperti nelle scuole più svantaggiate, la promozione di metodi di insegnamento strutturalmente innovativi (con particolare attenzione alle materie STEM) e l’estensione del tempo scuola negli istituti che attualmente non lo prevedono, così come la diffusione generale di iniziative volte a potenziare l’offerta formativa delle scuole attraverso attività educative e ricreative aggiuntive. Cruciale è anche il rafforzamento della formazione professionale attraverso investimenti nel sistema ITS al fine di rafforzare l’allineamento tra programmi di studio e competenze tecniche e trasversali richieste dal mercato del lavoro, con riferimento specifico alle professioni ad alta domanda e ai diversi contesti territoriali e settoriali. Per quanto riguarda l’istruzione superiore, la Commissione raccomanda soprattutto di ampliare borse di studio e sostegni finanziari alla formazione avanzata, nonché di modernizzare i curricula universitari integrando competenze e conoscenze pratiche. Sempre in questo contesto, secondo Bruxelles, una possibile soluzione per cercare di allargare ulteriormente il bacino di talenti qualificati – anche in risposta alla crescente fuga di cervelli e alle sfide della transizione demografica – è l’estensione delle quote del Decreto Flussi al fine di attrarre imprenditori, start-up e lavoratori qualificati nei settori maggiormente strategici.

Sul fronte della domanda, il rapporto della Commissione evidenzia come in Italia la predominanza di imprese – e quindi di posizioni lavorative – a basso contenuto tecnologico e innovativo generi un duplice effetto negativo: da un lato, rallenta in modo strutturale la crescita della produttività e, dall’altro, limita il ritorno dell’investimento in istruzione e formazione qualificata, determinando così un sostanziale spreco di capitale umano e incentivando l’emigrazione dei talenti verso Paesi in cui si possono trovare maggiori opportunità di crescita professionale. I dati più recenti richiamati nel rapporto mostrano che le imprese italiane – complice il numero ridotto di grandi aziende – rappresentano appena lo 0,4% della spesa complessiva dei 2.000 maggiori investitori globali in R&S, un dato significativamente inferiore rispetto a Germania (8,9%) e Francia (2,7%). Allo stesso tempo, i dati indicano che nel 2023 la spesa delle aziende italiane in R&S si è fermata allo 0,76% del PIL, contro una media UE dell’1,49%. Queste evidenze comunicano chiaramente la difficoltà strutturale del nostro sistema produttivo nel sostenere l’innovazione, una condizione che compromette la capacità delle imprese di avviare un percorso di rafforzamento competitivo e riduce il potenziale di crescita economica nel medio-lungo periodo.

Tra le raccomandazioni della Commissione europea per rafforzare la capacità innovativa del sistema italiano, assume particolare rilevanza la necessità di rendere più efficaci gli incentivi pubblici, orientandoli verso un incremento della spesa aziendale in R&S e superando le limitazioni e la scarsa generosità degli strumenti attualmente previsti, anche rispetto ai principali Paesi UE. Viene inoltre sottolineata l’urgenza di favorire la crescita dimensionale delle imprese, soprattutto delle PMI, promuovendo processi di aggregazione che permettano investimenti strutturati in tecnologia e innovazione. Un ulteriore aspetto rilevante evidenziato nel rapporto è l’opportunità strategica di promuovere forme di finanziamento alternative al credito bancario, ad esempio potenziando il ruolo di investitori istituzionali e fondi di venture capital a sostegno dei processi di innovazione nelle aziende. In questo quadro, si sottolinea anche l’importanza di potenziare gli Uffici per il Trasferimento Tecnologico (Technology Transfer Office, TTO) al fine di valorizzare la ricerca nel mercato privato e favorire l’adozione di strumenti di innovazione da parte delle imprese, mentre a livello europeo la Piattaforma Strategica per le Tecnologie per l’Europa (Strategic Technologies for Europe Platform, STEP) viene indicata come strumento chiave per sostenere lo sviluppo e la diffusione di quelle tecnologie definite “critiche”, in linea con gli obiettivi di autonomia strategica dell’UE.

Il rilancio della competitività non può dunque prescindere da un innalzamento qualitativo del lavoro, con interventi specifici sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda. Servono infatti lavoratori con competenze e livelli di istruzione avanzati, in grado di fornire alle imprese un solido bagaglio di metodi, strumenti e conoscenze specialistiche; allo stesso tempo, è però necessario costruire un sistema produttivo capace di valorizzare questo capitale umano qualificato e di pianificare interventi formativi specifici per certi segmenti della popolazione e per una forza lavoro che invecchia a un ritmo sempre più accelerato. È proprio da questo doppio salto di qualità che può derivare un contributo decisivo all’incremento della produttività, un impulso di cui il nostro sistema economico ha urgente bisogno. È difficile non riconoscere nelle raccomandazioni della Commissione le linee guida del recente rapporto Draghi, che individua proprio nello sviluppo delle competenze e nell’investimento in innovazione le principali leve strategiche per rilanciare la competitività a livello UE. Questo a conferma di come il futuro dell’economia europea si giochi sempre più sul valore della conoscenza e sulla capacità di innovare di imprese e lavoratori.

Jacopo Sala
ADAPT Research Fellow
@_jacoposala