Quale sostenibilità per il welfare*

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Bollettino ADAPT 27 marzo 2023, n. 12
 
Le proteste e le manifestazioni francesi contro la riforma del loro sistema pensionistico ci ricordano che Italia e Francia sono molto vicine nella partita, spesso impopolare, delle pensioni. Anche se, per una volta, noi siamo più avanti rispetto ai cugini francesi. Un decennio dopo la riforma Fornero si è realizzato un brusco innalzamento dell’età pensionabile per uomini, e soprattutto per donne, e un risparmio finanziario con il passaggio integrale dal sistema di calcolo delle pensioni da retributivo a contributivo. Seppur nella piena consapevolezza dell’impatto pesante della riforma sulla vita delle persone e delle famiglie.
 
Invero il campo di gioco è molto più largo dato che le riforme non puntano soltanto ad assicurare la tenuta dei conti pensionistici, ma dell’intero sistema di welfare pubblico e di sicurezza sociale. Ed è sulle misure di sostenibilità dell’attuale sistema che intendo intervenire data l’occasione storica di usufruire del PNRR, quale linfa vitale per realizzare nuove iniziative di welfare.
 
Sostenibilità è una parola ora molto in voga. Significa in primis mettere in sicurezza il sistema pensionistico, pensando anche al futuro dei nostri figli e delle nostre figlie. Quindi significa che non esiste un diritto alla bassa età di pensionamento, senza tenere in considerazione le conseguenze finanziarie per le generazioni future. Significa individuare misure eque che possano mantenere il bilancio in un equilibrio, il più possibile stabile. Quindi significa ragionare non sulla breve scadenza elettorale e sulle misure-bandiera dei singoli partiti, ma sul medio-lungo periodo e in una visione di sistema, di politiche strategiche integrate in cui sicurezza sociale e mercato del lavoro viaggiano fianco a fianco.
 
Quali sono le minacce per la tenuta del nostro sistema? Non c’è dubbio, la principale è data dalle sfide del disequilibrio demografico che, di per sé, rende insostenibile il sistema. Questo crea una sorta di tempesta perfetta: con la contemporanea presenza di una denatalità storica, al punto da prefigurare un vero e proprio “inverno demografico”, e di una straordinaria longevità della popolazione italiana; con le proiezioni Istat che prevedono un futuro peggioramento dato che diminuiranno le persone in età lavorativa. Per avere consapevolezza del disequilibrio vecchi-giovani (anche di scelte politiche) segnalo che, secondo i dati Inps, oltre il 16 % del PIL va alla spesa pensionistica, contro soltanto lo 0,69% al sostegno della genitorialità.
 
Non siamo, quindi, un Paese per giovani. L’alto tasso di disoccupazione giovanile e l’ampliamento dell’area di precarietà del lavoro giovanile determinano, oltre alle remunerazioni intermittenti e basse, contributi modesti e future pensioni insufficienti a condurre una vita dignitosa. Lo ha denunciato il recente libro dell’attuale presidente dell’Inps, Tridico. Da qui, la necessità di politiche attive per l’occupazione giovanile, adeguate ed efficaci.
 
E non siamo un Paese per donne. La scarsa partecipazione delle donne italiane al mercato del lavoro (accompagnata dalla bassa fecondità) è, al tempo stesso, una forte criticità e una preziosa opportunità per l’intera società. I dati confermano l’esistenza di un giacimento di forza lavoro femminile e la correlazione positiva tra il tasso di partecipazione al lavoro e di natalità. Da qui, tenendo conto che il disequilibrio di genere inizia nella famiglia, ancor prima che nel lavoro, segnalo una possibile e feconda integrazione tra politiche: quelle per il lavoro possono trasformarsi in politiche la famiglia e viceversa.
 
Non siamo, nemmeno, un Paese per vecchi. L’innalzamento della speranza di vita e dell’età pensionabile aumenta il bacino di lavoratori riconducibili alla terza età forzatamente costretti a rimanere attivi nel mercato del lavoro, salvo eccezionali uscite anticipate nelle ipotesi di pre-pensionamento. E questo crea nuovi disequilibri nel mercato del lavoro, specie nel caso di lavoratori fragili. Da qui la necessità di ragionare di politiche “su misura” per l’invecchiamento attivo della forza lavoro e di lotta contro gli stereotipi e le discriminazioni legate all’età. Il tutto per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano, e con essa il benessere esistenziale (e magari tenere sotto controllo la spesa sanitaria). E allo stesso tempo favorire le transizioni occupazionali, con un recupero della solidarietà inter-generazionale (per esempio, la mai decollata staffetta anziani-giovani).
Infine, anche una diversa politica dell’immigrazione, sostenuta da azioni inclusive, potrebbe migliorare la demografia del lavoro, come cominciano a invocare gli stessi imprenditori a corto di lavoratori.
 
Di queste sfide ne abbiamo discusso assieme alla ex Ministra Elsa Fornero nel convegno interdisciplinare dedicato al futuro del sistema pensionistico italiano disponibile sul canale Youtube Play Uniud a cui si rinvia per ulteriori approfondimenti.
 
Marina Brollo

Ordinaria di diritto del lavoro

Università degli Studi di Udine

@MarinaBrollo
 
*Pubblicato anche su Il Messaggero Veneto, 23 marzo 2023

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