I profili prevenzionistici e assicurativi del lavoro agile emergenti dalla circolare INAIL n. 48/2017

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In data 2 novembre 2017 l’INAIL ha diramato una circolare, la n. 48/2017, relativa agli aspetti assicurativi legati alla modalità organizzativa denominata lavoro agile, disciplinata con la l. n. 81/2017 (per un’approfondita analisi della fattispecie si rinvia a M. Tiraboschi, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva: la tortuosa via italiana verso la modernizzazione del diritto del lavoro, WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT – 335/2017). Con questo atto, l’Istituto assicuratore ha affermato il principio di parità di trattamento fra la parte di prestazione resa in azienda e quella resa all’esterno, stabilendo in particolare che la classificazione tariffaria della prestazione lavorativa svolta al di fuori dei locali aziendali segue quella cui viene ricondotta la medesima lavorazione svolta in azienda.

 

Al di là degli aspetti strettamente assicurativi, nella circolare viene incidentalmente accennata anche la questione, ampiamente dibattuta in dottrina, dell’individuazione della disciplina di salute e sicurezza applicabile al lavoro agile, con particolare riferimento alla parte di prestazione resa al di fuori dell’azienda. Nella circolare è dato leggere, infatti, che «a parità di rischio deve necessariamente corrispondere una identica classificazione ai fini tariffari, in attuazione del principio alla stregua del quale il trattamento normativo e retributivo dei lavoratori “agili” rispetto ai loro colleghi operanti in azienda deve essere il medesimo, ivi compresa l’adozione delle norme di sicurezza sul lavoro». Con tale inciso sembra si sia voluto intervenire proprio al fine di chiarire ai datori di lavoro che l’unica interpretazione possibile della normativa sul lavoro agile è quella secondo cui restano perfettamente applicabili alla fattispecie anche le disposizioni prevenzionistiche di valenza generale.

 

Questa incertezza normativa in materia prevenzionistica deriva dall’assenza nella l. n. 81/2017 di ogni riferimento al d.lgs. n. 81/2008 e quindi dalla possibilità di ritenere del tutto “autosufficienti” le previsioni contenute nella legge che ha normato il lavoro agile. Le disposizioni in questione sono in particolare: l’art. 18, comma 2, della l. n. 81/2017, che individua il datore di lavoro come responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici forniti al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa; l’art. 19, comma 1, che assegna all’accordo relativo alla modalità di lavoro agile, fra le altre cose, il compito di individuare i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (sul tema della disconnessione, cfr. E. Dagnino, I. Moscaritolo, Diritto alla disconnessione: un diritto di nuova generazione?, Bollettino Adapt, 19 settembre 2016); l’art. 22, espressamente intitolato alla sicurezza sul lavoro.

 

Al primo comma dell’art. 22 viene sancito il principio secondo il quale il datore di lavoro è tenuto a garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile. Quanto al generale obbligo di prevenzione incombente sul datore, dunque, viene qui confermato quanto già stabilito in via generale dall’art. 2087 c.c. con riferimento a qualunque imprenditore che si avvalga dell’opera di prestatori di lavoro. Nello stesso comma si precisa che il datore, gravato dell’obbligo di sicurezza, «a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro». Il secondo e ultimo comma dell’art. 22, analogamente a quanto previsto dall’art. 20 del d.lgs. n. 81/2008, pone a carico del lavoratore un obbligo di cooperazione rispetto all’attuazione delle misure di prevenzione adottate dal datore. L’eventuale libertà di scelta del luogo in cui rendere la prestazione di lavoro agile, infatti, incontrerà un limite derivante dall’obbligo di tutelare la propria sicurezza che grava sul lavoratore, conformemente alle indicazioni contenute nell’informativa scritta e secondo quanto appreso durante appositi corsi di formazione.

 

Così ricostruito il quadro normativo delineato dalla l. n. 81/2017, non sembra possibile considerarlo un corpo autonomo ed esaustivo di regole applicabili al lavoro agile. L’obbligo di consegna dell’informativa periodica non può infatti esser considerato liberatorio rispetto al più generale obbligo di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori incombente sul datore. Tale informativa scritta costituisce senz’altro uno degli adempimenti attraverso i quali il datore è chiamato a garantire l’integrità psico-fisica dei prestatori di lavoro, ma la consegna di questo documento non varrà ad esonerare il datore dall’adozione delle altre misure prevenzionistiche imposte dalla normativa vigente, la quale costituisce peraltro una normativa di derivazione comunitaria e, in quanto tale, non sarebbe derogabile nemmeno ad opera del legislatore nazionale.

 

Tornando alla circolare INAIL, si deve osservare che l’applicazione del principio di parità di trattamento normativo ivi statuito dovrebbe condurre all’applicazione anche ai lavoratori agili del d.lgs. n. 81/2008, analogamente a quanto avviene per i loro colleghi operanti in azienda. Ma non pare ragionevole estendere a questa particolare categoria di lavoratori l’intero corpo normativo suddetto.

 

La norma più indicata a regolare i profili di salute e sicurezza connessi al lavoro agile, infatti, pare essere l’art. 3, comma 10, del d.lgs. n. 81/2008, il quale racchiude la disciplina prevenzionistica applicabile ai «lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico», ivi compresi specificamente i telelavoratori tanto del settore privato quanto di quello pubblico. Pare oltretutto coerente con la modalità organizzativa del lavoro agile il carico prevenzionistico messo a punto dall’art. 3, comma 10, del d.lgs. n. 81/2008, che non introduce un’estensione applicativa dell’intero corpo normativo in questione, bensì prevede un regime speciale incentrato essenzialmente sui rischi derivanti dall’utilizzo di videoterminali, i quali costituiscono senz’altro uno strumento – almeno ad oggi – indispensabile per rendere la prestazione a distanza.

 

A ben vedere, l’applicabilità dell’art. 3, comma 10, d.lgs. n. 81/2008 alla fattispecie del lavoro agile prescinde dall’inquadramento dogmatico che si voglia ad essa attribuire, rendendosi necessaria l’applicazione di tale disciplina sia che si propenda per la riconduzione del lavoro agile alla categoria del telelavoro, sia che lo si ritenga una modalità organizzativa del tutto indipendente dal telelavoro. In questo secondo caso, infatti, la prestazione di lavoro agile resa all’esterno dei locali aziendali ricadrebbe comunque nel campo di applicazione della disposizione suddetta in qualità di prestazione continuativa di lavoro a distanza, svolta da un lavoratore subordinato mediante collegamento informatico e telematico.

Questa ricostruzione della disciplina prevenzionistica applicabile al lavoro agile comporta che – nonostante il silenzio del legislatore rispetto all’applicabilità della normativa prevenzionistica generale e la mancata previsione nella l. n. 81/2017 di alcun obbligo di natura formativa a carico del datore – il datore di lavoro sarà tenuto, ai sensi dell’art. 177 del d.lgs. n. 81/2008 cui rinvia l’art. 3, comma 10, ad assicurare ai lavoratori una formazione adeguata e fornire loro informazioni per quanto riguarda le misure applicabili al posto di lavoro (in base all’analisi dei posti di lavoro condotta in sede di valutazione del rischio), le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e la protezione degli occhi e della vista. Si deve d’altra parte osservare che, già con riferimento alla prestazione resa in azienda, il datore avrà l’obbligo di formare il lavoratore ai sensi dell’art. 37 del d.lgs. n. 81/2008 quindi, per quanto riguarda la sicurezza della prestazione svolta all’esterno, tale obbligo formativo – probabilmente già assolto per via dell’utilizzo dei videoterminali anche in azienda – dovrà quantomeno rispettare i requisiti stabiliti dall’art. 177 del d.lgs. n. 81/2008.

 

Quanto infine ai profili assicurativi degli infortuni in itinere, nella circolare si precisa che l’accordo di lavoro agile «si configura come lo strumento utile per l’individuazione dei rischi lavorativi ai quali il lavoratore è esposto e dei riferimenti spazio–temporali ai fini del rapido riconoscimento delle prestazioni infortunistiche». In mancanza di tali indicazioni, si rendono necessari specifici accertamenti per verificare se l’attività esterna svolta dal lavoratore al momento dell’evento infortunistico sia comunque in stretto collegamento con quella lavorativa.

 

Sul punto si deve ricordare che il terzo comma dell’art. 23, l. n. 81/2017, si occupa di stabilire quali siano le condizioni che rendono un luogo esterno all’azienda qualificabile come luogo di lavoro, così determinando quali tragitti possano essere considerati i normali percorsi di andata e ritorno dal lavoro, in quanto tali inclusi nell’area della tutela assicurativa. In particolare la scelta del luogo in cui rendere la prestazione deve essere, da un lato, dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le proprie esigenze di vita con quelle di lavoro, nonché, dall’altro lato, deve rispondere a criteri di ragionevolezza. L’incertezza definitoria di quest’ultima formulazione ha suscitato numerose critiche in dottrina, poiché si presta a rendere del tutto discrezionale il riconoscimento da parte dell’Istituto assicuratore della sussistenza dei requisiti oggettivi da cui dipende il diritto alle prestazioni assicurative antinfortunistiche.

 

Pertanto sarà opportuno stabilire nello stesso accordo di lavoro agile un numero ristretto di luoghi eleggibili a luogo di esecuzione della prestazione esterna, non solo al fine di consentire al datore una corretta valutazione e gestione dei rischi presenti nell’ambiente di lavoro, ma anche al fine di garantire una più certa copertura assicurativa degli spostamenti del lavoratore agile, così riducendo in maniera significativa il margine di discrezionalità in capo all’INAIL, poiché la scelta del lavoratore ricadente su uno dei luoghi indicati nell’accordo difficilmente potrà essere considerata esorbitante dalla sfera della ragionevolezza.

 

Lorenzo Maria Pelusi

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@lorempel

 

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