Presentazione V Rapporto sulle libere professioni in Italia: uno strumento fondamentale per conoscere l’articolato mondo del lavoro autonomo professionale

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Bollettino ADAPT 1 febbraio 2021, n. 4

 

Il 26 gennaio 2021 è stato presentato il V Rapporto sulle libere professioni in Italia, a cura dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni. L’incontro è stato strutturato in due momenti, una fase di vera e propria presentazione del Rapporto, moderata da Maria Carla de Cesari del Sole 24 Ore, e una tavola rotonda di confronto, cui hanno partecipato esponenti del quadro politico nazionale, moderata da Alessandro Galimberti, sempre del Sole 24 Ore.

 

Protagonista della prima fase di presentazione è stata la relazione del Professor Paolo Feltrin, coordinatore dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, dove sono stati illustrati alcuni importanti dati statistici ed economici relativi a tali categorie di lavoratori.

In primo luogo, il Professore ha messo in evidenza gli effetti della pandemia da COVID-19 sulle libere professioni nel primo semestre del 2020 e la relazione di tali dati con la tendenza che ha caratterizzato il decennio precedente al periodo emergenziale.

 

Nei 10 anni pre-covid, infatti, in tutta l’Unione Europea è cresciuta la percentuale di lavoratori dipendenti ed è calata quella dei lavoratori autonomi. Tra di essi, tuttavia, sì è registrata invece una crescita di circa 300.000 liberi professionisti, i quali, secondo Feltrin, sono la componente più dinamica del lavoro autonomo, anche perché tale categoria non comprende unicamente i lavoratori iscritti a specifici ordini o casse.

Si assiste pertanto ad una profonda trasformazione del lavoro indipendente in Italia, come mostra il seguente grafico.

 

 

L’Osservatorio delle libere professioni ha messo in luce la correlazione tra il numero dei liberi professionisti e il PIL pro capite degli Stati: più liberi professionisti ci sono, più il PIL nazionale è alto.

Ciò è dimostrato dalla seguente elaborazione grafica illustrata nel corso della presentazione, nella quale troviamo sull’asse delle ascisse il PIL pro capite, e sull’asse delle ordinate il numero di liberi professionisti per mille abitanti. Anche nei precedenti Rapporti era infatti stato evidenziato come la presenza di libere professioni costituisse un indice predittore della ricchezza di un Paese.

 

 

La disamina è proseguita con un’analisi dei primi mesi del 2020 dove si è registrato come, a fronte di una variazione tendenziale (secondo trimestre 2020 su secondo trimestre 2019) del -4.1% nei lavoratori indipendenti, il numero dei liberi professionisti sia sostanzialmente rimasto inalterato, soprattutto, a detta del Professor Feltrin, grazie al notevole aumento del personale sanitario.

 

 

Anche non considerando il periodo pandemico, tuttavia, l’Osservatorio ha messo in evidenza come, nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 44 anni si siano persi in 10 anni un milione di lavoratori indipendenti e liberi professionisti.

 

 

Questo fenomeno sembra essere dovuto alla compresenza di vari fattori, quale la decimazione di artigiani e commercianti purtuttavia compensata dall’aumento dei liberi professionisti, e dal sempre più frequente rientro nell’ambito del lavoro autonomo di lavoratori in età avanzata, i quali si trovano a dover compiere tale “scelta obbligata” dopo l’esclusione dal lavoro dipendente. Allo stesso tempo, la libera professione sembrerebbe non risultare più attraente tra i giovani neolaureati come in passato.

 

Il Presidente di Confprofessioni Gaetano Stella, commentando tale dato, ha sottolineato che la mancanza di ricambio generazionale incida sulla tenuta delle Casse previdenziali private ponendo nel futuro problemi di sostenibilità intergenerazionale e attuariale. Sia il Presidente che il Professor Feltrin hanno individuato come la bassa attrattività delle libere professioni per i giovani sia un problema che riguarda non solo gli ordini professionali, ma anche istituzioni formative e universitarie: appare quindi necessario ridiscutere il tema nell’ottica di una possibile riforma del sistema del numero chiuso nelle facoltà universitarie che ad oggi costituisce il maggior bacino per i liberi professionisti del futuro.

 

La presentazione è proseguita con un’analisi dei comparti che sembrano reggere meglio la recente crisi economica, quali la sanità, l’assistenza sociale, e sorprendentemente anche i servizi alle imprese e del tempo libero. Al contrario, si riscontra un grave rallentamento tendenziale nell’area tecnica (architetti, ingegneri) e nel comparto del commercio e nell’area legale.

 

 

Anche le caratteristiche dell’organizzazione del lavoro delle libere professioni mostrano un mutamento: cresce infatti sia la dimensione media degli studi professionali, che il numero dei liberi professionisti. Queste caratteristiche danno luogo ad un’aziendalizzazione dello studio professionale, la quale, secondo il Professor Feltrin e il Presidente Stella, deve necessariamente essere accompagnata da politiche adeguate.

 

 

La relazione è proseguita con l’intervento del Professor Tiziano Treu, attuale presidente del CNEL, il quale ha sottolineato come solamente da pochi anni l’organo costituzionale si sia aperto al lavoro autonomo. La struttura istituzionale del CNEL è infatti ancora legata a un passato in cui, a fare da protagonista assoluto, era il lavoro dipendente: la recente costituzione della Consulta del Lavoro autonomo, cui partecipano le rappresentanze del lavoro autonomo ordinistico e non, ma anche sigle sindacali, inverte questa tendenza.

 

La Consulta, avviata in modo informale all’interno del CNEL, ha portato all’inserimento nella legge di bilancio per il 2021 del cosiddetto ISCRO (Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa), definito dal Professor Treu come “il primo sistema di welfare del lavoro autonomo”, benché limitato unicamente alle partite IVA iscritte a gestione separata e non applicabile all’area delle professioni ordinistiche.

 

Il Professor Feltrin e il Presidente Treu hanno concordato sul fatto che, data l’enorme crescita delle partite IVA sia sul piano numerico che sul profilo della visibilità, ad esse serva un una qualche forma di “riconoscimento” da parte dello stato. A parere di entrambi appare paradossale infatti come una delle tendenze attuali sia quella di diffidare del pubblico, per la burocrazia, per i vincoli e per gli ordini, ma allo stesso tempo assistere alla nascita di nuove professioni che non appena superano una certa soglia di presenza esigono un riconoscimento in termini di professionalità e legittimazione presso la clientela presso le autorità pubbliche, anche tramite un sistema di certificazione delle competenze che risulti omogeneo a livello statale e regionale.

Esemplificativo di questa tendenza è la crescita del numero delle associazioni rappresentative dei professionisti non ordinistici ex legge 4/2013 iscritti presso gli elenchi del Ministero dello sviluppo economico.

 

 

In chiusura della prima fase dell’incontro, è stato evidenziato come le associazioni abbiano costituito, durante le fasi più acute dell’emergenza pandemica, una vera e propria “filiera anti emergenza”, dato che si sono rapportate con le autorità per difendere gli interessi dei propri rappresentati e hanno fornito misure di welfare anche attraverso appositi stanziamenti da parte di tutto il sistema della bilateralità. Tuttavia, il Presidente Stella ha sottolineato che la pandemia abbia in verità aggravato una crisi già in atto e che servano perciò interventi strutturali per il comparto libero-professionale.

 

La seconda tavola rotonda ha visto come protagonisti numerosi esponenti del panorama politico nazionale, chiamati a fornire la propria opinione su quanto emerso dal Rapporto.

Il primo a intervenire è stato il Viceministro dell’Economia Antonio Misiani, il quale, messo di fronte alla marginalità dell’azione del governo in materia di libere professioni, anche per quanto concerne gli stanziamenti economici previsti nell’attuale Recovery Plan, ha sottolineato come durante il periodo emergenziale, siano stati messi in campo ampi scostamenti di bilancio al fine di introdurre nuovi strumenti di sostegno per il lavoro autonomo-professionale, che in precedenza ne era privo. Il riferimento è alle indennità per i professionisti, al credito di imposta per la locazione, la sanificazione e ad altri simili misure sul versante creditizio.

Per quanto riguarda le misure di natura più strutturale, il Viceministro ha menzionato il taglio dei contributi INPS per gli autonomi e i professionisti nel prossimo decreto ristori, nonché l’inserimento dell’ISCRO nella legge di bilancio.

 

La tavola rotonda è poi proseguita con l’intervento di Maria Stella Gelmini, Capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, la quale ha confermato come Confprofessioni si sia dimostrata organo rappresentativo durante la pandemia, e come, in questo momento storico, siano necessari interventi in materia di welfare e interventi nel Recovery Plan per il sostegno del comparto professionale.

Particolarmente interessante è stato il passaggio nel quale l’onorevole Gelmini ha sottolineato che gli studi professionali siano a tutti gli effetti da considerarsi imprese con profili professionali e competenze intellettuali di qualità.

Ciò ha trovato d’accordo il presidente Stella, il quale ha ricordato di come l’Unione Europea stia da anni cercando di “rompere il muro” tra PMI e studi professionali, considerandoli di fatto equivalenti. A suo parere, anche la politica italiana dovrebbe andare in questo senso, dato che sempre più spesso alle attività intellettuali oggi si affiancano attività di impresa.

 

La perdurante distinzione tra PMI e studi professionali e la divisione del sistema produttivo in codici ATECO non hanno permesso inoltre a questi ultimi di ricevere numerosi indennizzi governativi (ad esempio il fondo perduto) creando forti disparità con le altre attività produttive.

 

Sono poi intervenuti Alberto Gusmeroli, Vicepresidente della Commissione Finanze alla Camera, Michele Gubitosa, membro della Commissione parlamentare sulla semplificazione, Francesca Puglisi, sottosegretario al Ministero del Lavoro, e Ylenia Lucaselli, membro della Commissione bilancio alla Camera dei Deputati. In particolare, l’onorevole Lucaselli ha sottolineato la necessità di ripensare la differenza storica tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, anche in ragione del fortissimo gap reddituale che sussiste oggi tra i professionisti (data la perdurante inerzia legislativa sulla materia dell’equo compenso) che non permette loro di essere più il gruppo sociale definito di un tempo, e impone di innovare il modo di immaginare le professioni.

 

Un’opinione condivisa dal Presidente di Confprofessioni Gaetano Stella, il quale ha chiuso l’incontro sollecitando un intervento della politica in materia tenendo presente quanto elaborato all’interno del Rapporto dell’Osservatorio delle libere professioni. Rapporto giunto ormai alla sua V edizione, che si è rivelato essere uno strumento fondamentale per conoscere in profondità la realtà dell’articolato mondo libero professionale e attuare le giuste politiche per sostenerlo.

 

Diletta Porcheddu

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@DPorcheddu

 

Andrea Zoppo

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

Università degli Studi di Siena

@AndreaZoppo

 

Presentazione V Rapporto sulle libere professioni in Italia: uno strumento fondamentale per conoscere l’articolato mondo del lavoro autonomo professionale