Omicidio colposo e responsabilità del RLS

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Bollettino ADAPT 16 ottobre 2023, n. 35
 
Premessa
 
Di particolare rilievo, anche per gli effetti futuri sullo svolgimento delle funzioni dei RLS, è la sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 25 settembre 2023, n. 38914, che per la prima volta, ha confermato la condanna di un RLS (insieme al datore di lavoro) per omicidio colposo, per la morte di un lavoratore investito da un carico di tubolari di acciaio.
 
Il RLS: attribuzioni e responsabilità
 
E’ innanzitutto da evidenziare, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza (cfr., tra le altre, Cass., pen., 19 ottobre 2017, n. 48286), che al RLS sono affidate essenzialmente funzioni di consultazione e di controllo circa le iniziative assunte dall’azienda nel settore della salute e sicurezza, nell’ambito di un modello partecipativo, non figurando egli quale garante della sicurezza, se con tale termine si intende il titolare di un potere di intervento diretto in merito all’adozione delle misure di prevenzione e protezione. Non a caso l’art. 50, del d.lgs. n. 81/2008, parla di “attribuzioni”, mentre in relazione alle condotte del datore di lavoro (così come di dirigenti e preposti) usa il termine “obblighi”.
 
Al fine peraltro di evitare una commistione di funzioni tra loro inconciliabili non è ammessa la possibilità di una delega (da parte del datore di lavoro) al RLS (cfr., tra le altre, Cass. pen., 16 marzo 2015, n. 11135), così come è espressamente affermata l’incompatibilità tra l’esercizio delle funzioni di RLS con la nomina di responsabile o addetto al servizio di prevenzione e protezione (art. 50, comma 7), al pari, è da ritenere, con il ruolo di preposto.
 
Che al RLS difetti un’espressa funzione di garanzia, nel senso sopra indicato, lo si ricava, tra l’altro, dal fatto che finanche il ricorso alle autorità competenti, qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti ed i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro, è configurato come una facoltà e non come un obbligo per il RLS (art. 50, comma 1, lett. o).
 
D’altro lato tra le attribuzioni del RLS vi è anche il dovere di avvertire il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività (art. 50, 1° comma, lett. n), previsione che acquista rilevo ai fini dell’ac­certamento di eventuali responsabilità.
 
È da sottolineare come il ruolo del RLS sia quello di «rappresentare (e tutelare) i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro» (art. 2, 1° comma, lett. i), d.lgs. n. 81/2008). Le sue funzioni non possono pertanto essere assimilate o confuse con quelle del preposto, chiamato a svolgere un ruolo di sorveglianza circa il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte dei lavoratori. Il RLS potrà in sostanza avvertire il lavoratore in merito agli obblighi concernenti la sicurezza ed alle eventuali sanzioni a cui può andare incontro, ma non sarà certo tenuto a richiedere l’osservanza dei comportamenti dovuti né tanto meno potrà essere considerato responsabile riguardo ad essi.
 
Il d.lgs. n. 81/2008 opportunamente non pone sanzioni penali a carico del RLS. In primo luogo per non scoraggiare l’assunzione di tale incarico, ma anche sulla base della considerazione che perfino la consultazione, che rappresenta la forma più avanzata di partecipazione prevista, implica, comunque, che la decisione finale, e quindi la relativa responsabilità, spetti al datore di lavoro. L’interpretazione prospettata è avvalorata dalla giurisprudenza della Cassazione in materia, che ha escluso che colui che sia stato individuato come rappresentante per la sicurezza debba rispondere in quanto tale delle misure preventive da adottare (cfr. Cass. pen., 23 maggio 2001). Ove invece il RLS assommi alle proprie funzioni tipiche anche compiti operativi, in forza del principio di effettività, potrà essere chiamato a rispondere anche sul piano penale (cfr. Cass. pen., 16 marzo 2015, n. 11135, che ha affermato la posizione di garanzia di tale figura in quanto “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e capo cantiere”). Resta comunque al di fuori della responsabilità prevenzionale l’even­tuale corresponsabilità, come qualsiasi altro soggetto, per colpa, in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale.
 
La sentenza della Cassazione 25 settembre 2023, n. 38914
 
Nel caso in esame un lavoratore, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgeva di fatto anche funzioni di magazziniere, senza aver ricevuto la corrispondente formazione, comprensiva dell’uso del carrello elevatore. Durante le operazioni di stoccaggio, il lavoratore, dopo aver trasportato, con un carrello elevatore, un carico di tubolari di acciaio, sceso dal carrello elevatore ed arrampicatosi sullo scaffale per meglio posizionare il carico, veniva schiacciato sotto il peso dei tubolari che gli rovinavano addosso.
 
Anche il RLS (oltre al datore di lavoro), a giudizio della Corte, è da ritenersi responsabile di omicidio colposo per aver concorso, attraverso una serie di comportamenti omissivi, a determinare l’infortunio mortale del lavoratore.
 
La sentenza in esame dà adito a dubbi e perplessità.
 
In primo luogo si definisce il RLS (impropriamente denominato “Responsabile del Lavoratori per la Sicurezza) “figura intermedia di raccordo tra datore di lavoro e lavoratore, con la funzione di facilitare il flusso informativo aziendale in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. Come noto non è così: il RLS non rientra nella cosiddetta line aziendale, ma è bensì una figura di parte, di rappresentanza dei lavoratori, pur in un’ottica di partecipazione.
 
La Cassazione inoltre non affronta la questione, pur sollevata dalla difesa, se il RLS ricopra o meno una posizione di garanzia, individuando la cooperazione colposa del RLS alla determinazione dell’evento, ai sensi dell’art. 113 cod. pen., in tutta una serie di atti omissivi rispetto ai compiti attribuiti per legge (“consentendo che- il lavoratore- fosse adibito a mansioni diverse rispetto a quelle contrattuali, senza aver ricevuto alcuna adeguata formazione e non sollecitando in alcun modo l’adozione da parte del responsabile dell’azienda di modelli organizzativi in grado di preservare la sicurezza dei lavoratori, nonostante le sollecitazioni in tal senso formulate” dal RSPP).
 
Sul punto è precisare che la titolarità del potere direttivo ed organizzativo in merito alle mansioni da svolgere (seppur illegittimamente esercitato) rimane una prerogativa del datore di lavoro, rispetto alla quale il RLS può fare ben poco; d’altro lato è dubbio che il mancato sollecito dell’adozione di modelli organizzativi improntati alla sicurezza, rispetto peraltro ad una prassi ben conosciuta e addirittura voluta dall’azienda, sia di per sé sufficiente a configurare una cooperazione colposa del RLS nella verificazione dell’evento.
 
La esatta individuazione dei comportamenti dovuti, in modo da escludere forme di (co)responsabilità penale in caso di infortunio, è peraltro assai più difficoltosa per i RLST (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza Territoriali) che, non essendo fisicamente presenti, in via continuativa, sui luoghi di lavoro, non hanno conoscenza diretta dei rischi per la salute e la sicurezza a cui possono essere esposti i lavoratori che rappresentano.
 
Già si manifestano i primi effetti della sentenza della Cassazione sullo svolgimento delle funzioni del RLS, scoraggiando l’assunzione di tale incarico.
 
La pronuncia della Corte richiede d’altro lato una presenza più organizzata e consapevole dei RLS. Ciò ha implicazioni significative. Si pensi ad esempio al numero di RLS, da rapportare a ciascuna unità produttiva, ben oltre il minimo stabilito per legge; oppure all’efficacia dei percorsi formativi e di aggiornamento, prevedendo, come peraltro stabilito più di recente (cfr. nuovo art. 37, comma 2, lett. b). d.lgs.n. 81/2008), la verifica finale di apprendimento di quanto acquisito.
 
Decisiva, al fine delle ricadute sul piano penale, sarà la tracciabilità e la prova documentale dell’attività svolta dal RLS. Tutto ciò implica peraltro un significativo sforzo organizzativo per le strutture sindacali esterne nella predisposizione di materiale utile al riguardo (formulari, check-list….) nonché nella messa a disposizione dei RLS di un supporto tecnico-operativo.
 
Un RLS più attento e responsabile e auspicabilmente più incisivo per il miglioramento della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, a cui dovrebbe corrispondere un analogo atteggiamento da parte datoriale.
 
Marco Lai

Centro Studi Cisl

Università di Firenze

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