Lavoro in espansione, partecipazione giovanile in calo: il paradosso dell’occupazione italiana
| di Francesco Seghezzi
Bollettino ADAPT 9 dicembre 2025, n. 43
I dati di ottobre 2025 descrivono un mercato del lavoro italiano in fase di espansione, dove i segnali ciclici positivi si sovrappongono a squilibri strutturali ormai persistenti. L’aumento degli occupati nel mese (+75mila) e la crescita tendenziale di 224mila unità portano l’occupazione a 24,208 milioni, record storico nonostante una leggera revisione di Istat dei dati dei mesi scorsi, spingendo il tasso di occupazione al 62,7% e la disoccupazione al 6%, nuovo minimo storico. Parallelamente, gli inattivi restano stabili nel mese ma calano di 171mila nell’anno, pur mantenendo un tasso di inattività del 33,2%, il più elevato in Europa. La fotografia aggregata suggerisce quindi una fase espansiva con margini di ulteriore crescita dell’offerta di lavoro.
Dal punto di vista strutturale emergono alcuni elementi chiave. Il primo riguarda la composizione dell’occupazione per genere, con un contributo particolarmente significativo delle donne: il tasso di occupazione femminile cresce di 1,7 punti annui contro lo 0,4 degli uomini, segnale di un progressivo riassorbimento di parte del gender gap. Il secondo elemento riguarda la qualità dei rapporti di lavoro. I contratti permanenti crescono in modo consistente, sia nel mese sia nell’anno, suggerendo che la fase di espansione sta producendo occupazione relativamente più stabile. Anche la ripresa dei contratti a termine, dopo un lungo periodo di calo, indica un miglioramento della domanda di lavoro. Infine, la crescita dell’autonomia, con 32mila unità in più nel mese, conferma un ampliamento delle forme ibride di partecipazione e suggerisce un ruolo crescente della self-employment elasticity rispetto alle condizioni macroeconomiche.
Quando si analizzano i dati disaggregati per età emergono però tendenze che non possono essere spiegate unicamente con il ciclo economico. Le fasce più giovani mostrano un peggioramento non trascurabile. Tra i 25-34 anni il tasso di occupazione cala di 0,5 punti nel mese, con una riduzione degli occupati di 30mila unità e un aumento degli inattivi di 0,7 punti. Nella fascia 15-24 anni la dinamica annua è decisamente negativa, con oltre centomila occupati in meno e un arretramento del tasso di occupazione di quasi due punti percentuali. Le fasce centrali e anziane, al contrario, registrano risultati positivi: gli over 50 rappresentano la quasi totalità del contributo netto alla crescita, con oltre 340mila occupati in più nella sola fascia 50-64 e più di 480mila considerando l’intera popolazione sopra i cinquant’anni.
Questa composizione solleva un tema di effetti composizionali demografici con un invecchiamento del lato dell’offerta di lavoro. La crescita degli occupati più maturi è infatti amplificata dall’aumento della popolazione attiva in quelle classi, mentre la contrazione dei giovani è accentuata dalla riduzione delle coorti nate negli anni Duemila. Tuttavia, la sola demografia non basta a spiegare il quadro: anche correggendo per gli effetti di struttura, le coorti under 35 mostrano una riduzione reale della partecipazione, con un aumento degli inattivi che segnala una dinamica o di ritiro o quantomeno di difficoltà piuttosto che un semplice effetto congiunturale.
Questo fenomeno può essere interpretato attraverso tre lenti analitiche. La prima riguarda le frizioni di matching, che sembrano crescere nonostante l’elevata domanda delle imprese: il disallineamento tra competenze richieste e disponibili potrebbe ostacolare l’inserimento dei giovani più di quanto non avvenga per i lavoratori maturi, che beneficiano di competenze pregresse più facilmente spendibili. La seconda lente è quella degli equilibri di partecipazione, secondo cui salari di ingresso stagnanti, costi abitativi crescenti e traiettorie di carriera poco chiare possono ridurre l’incentivo dei giovani a partecipare al mercato del lavoro in modo stabile, considerata anche una fetta crescente di persone che decidono di spostarsi in altri paesi. La terza riguarda l’effetto della instabilità cumulata e narrata, che può generare una progressiva disaffezione nei confronti del mercato del lavoro da parte delle generazioni più giovani.
La polarizzazione anagrafica del mercato del lavoro che emerge da questi dati tende quindi a consolidarsi. L’occupazione cresce, ma cresce “verso l’alto” nella distribuzione dell’età. Le fasce centrali e soprattutto quelle mature rappresentano il motore della dinamica attuale, mentre le generazioni più giovani si allontanano dalla partecipazione, alimentando un bacino di inattività che rischia di diventare strutturale. Le implicazioni per la produttività aggregata sono significative: un mercato del lavoro che assorbe prevalentemente lavoratori maturi potrebbe beneficiare di stabilità ed esperienza, ma rischia di rallentare il ricambio generazionale e la diffusione di nuove competenze, con effetti negativi sul potenziale di crescita.
L’interpretazione complessiva è quindi duplice. Da un lato, si osserva un progressivo consolidamento occupazionale, con segnali profondi di miglioramento nella qualità del lavoro e nella partecipazione femminile. Dall’altro, la contrazione della partecipazione giovanile e l’aumento dell’inattività indicano che l’espansione attuale è demograficamente sbilanciata e potenzialmente insostenibile nel lungo periodo.
Francesco Seghezzi
Presidente ADAPT
@francescoseghezz
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