Il mio canto libero – Flexicurity: le ragioni di un dibattito aperto

Bollettino ADAPT 12 settembre 2022, n. 30
 
La campagna elettorale ci ha riservato la sorpresa della imprevedibile critica di Enrico Letta alla flex-security nonostante l’ambiente in cui si è formato, a partire dall’Arel, si sia sempre caratterizzato per la piena adesione alle politiche europee, incluse quelle del lavoro. È ben però che la formula, tanto sostenuta anche da Marco Biagi nel nostro Libro Bianco si è realizzata per l’introduzione di alcune (moderate) flessibilità e non (sufficientemente) per lo sviluppo delle politiche di accompagnamento al lavoro di chi lo cerca e non lo ha. Motivo, questo, che nella grande trasformazione del lavoro, deve ancor più indurre a fare e non a disfare. Infatti, da un lato la piena sincronia non esiste nelle cose e, dall’altro, in un tempo caratterizzato da transizioni continue dei lavoratori e da cambiamenti altrettanto continui delle imprese, le tutele non possono essere meramente difensive perché destinate ad essere travolte come a disincentivare la nuova occupazione.
 
Insomma, mentre la sanzione e soprattutto la identificazione del licenziamento ingiustificato, a causa anche della giurisprudenza costituzionale non, rimane in Italia più onerosa e imprevedibile che altrove (tanto da favorire la crescita dello staff leasing), le politiche attive sono tuttora imbrigliate da vecchie impostazioni. Servirebbe una piena e perfetta competizione tra operatori privati, privato-sociali e pubblici, senza le rendite di posizione di questi ultimi come la burocratica “presa in carico” che spesso rallenta molte ricollocazioni di lavoratori. È una formazione non più a catalogo ma tarata su “quella” persona in funzione di “quella” impresa dalla quale il percorso è partito.
 
La inclusione dei soggetti svantaggiati dovrebbe essere affidata ad una adeguata premialità per tutti gli erogatori di servizi, in proporzione al motivo di svantaggio e con segnalazione ai titolari delle politiche sociali di coloro che risultano, nell’immediato, inidonei al lavoro per dipendenze o altre ragioni. Il premio, se adeguato, potrebbe anche sostituire il pagamento del datore di lavoro (per il servizio) che risulterebbe così incentivato. Chi si oppone a questa impostazione? L’ideologia di coloro che concepiscono il collocamento come una funzione solo pubblica e l’opportunismo di molti enti formativi che resistono ad ogni ipotesi concorrenziale. In molte burocrazie regionali non sembra impedita la somma delle cariche.
 

È invece il caso di dire che la centralità della persona e il suo desiderio di vita attiva devono indurre la piena funzionalità di ciascuno a questo obiettivo

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

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