Il dialogo tra Fim Cisl e Adapt alla vigilia del congresso nazionale dei metalmeccanici della Cisl. Intervista a Roberto Benaglia

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Bollettino ADAPT 19 aprile 2022, n. 15
 
Riflessioni e prospettive sulla collaborazione tra Fim Cisl e Adapt alla vigilia del congresso nazionale della federazione di categoria dei metalmeccanici della Cisl*

 

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Proviamo a ricostruire perché e in quali direzione si è attivata e rinnovata negli anni la collaborazione tra Fim-Cisl e Adapt…

 

La prospettiva della collaborazione tra le due realtà è legata alle caratteristiche intrinseche e comuni della Fim e di Adapt. La Fim si interroga da sempre, è un sindacato che si pone continuamente delle domande sulla realtà effettiva del lavoro, che non procede per slogan, dogmi o teorie preconfezionate.
 
Siamo il sindacato che, forse più di tutti, ha cercato di guardare all’innovazione e al cambiamento non solo del lavoro e delle sue caratteristiche, ma anche rispetto a quello che riguarda il nostro mestiere di contrattualisti e di come esso può essere interpretato.
 
Abbiamo pertanto bisogno di pensiero, ragionamento e, soprattutto, di confronto.
 
Adapt, lo dice il nome stesso, a mio parere ha rappresentato nel tempo, non certo da ora, la possibilità di essere, per il sindacato, un interlocutore attrezzato da un punto di vista metodologico e scientifico, ma anche molto “agile” con il quale lavorare. E’ una realtà di grande qualità, ma certamente meno formale e burocraticamente strutturata di un’università e, soprattutto, è molto “prossima” al mondo delle relazioni sindacali e del lavoro.
 
Possiamo dire che Fim e Adapt siano accomunate da una visione riformista del lavoro e delle relazioni industriali?

 

Direi proprio di sì. Quanto ho descritto permette di tessere un filo comune, uno sguardo che ci accomuna e che, per usare una parola forse abusata, ma quanto mai oggi necessaria, rappresenta una visione riformatrice del mondo del lavoro.
 
L’idea che – credo – possa far sviluppare questa relazione è che il mondo del lavoro in veloce cambiamento abbia certamente bisogno di riforme, il che non vuol dire che abbia bisogno di meramente di nuove leggi. Abbiamo necessità di politiche del lavoro e contrattuali adatte, capaci di rinnovarsi e di interpretare un lavoro, sperimentato in questi “anni Venti”, che, ormai, è quanto di più lontano dal Novecento mai potremmo concepire.
 
Nella fase attuale stiamo continuando a valorizzare il nostro rapporto con Adapt su una serie di “partite” che stanno caratterizzando il cambiamento.
 
Nel congresso nazionale Fim di Torino, ad esempio, presenteremo due lavori congiunti di analisi e soprattutto di indagine sui bisogni dei lavoratori.
 
Il primo è un questionario che è stato rivolto ai lavoratori metalmeccanici in smart working.
 
Pur avendo proposto un questionario online aperto, l’indagine ha raccolto un numero di risposte davvero importante. Abbiamo raccolto circa cinquemila questionari, realizzando una ricerca nella quale abbiamo cercato di pesare le diverse sfaccettature di gradimento, prospettiva e condizioni operative del lavoro agile. I lavoratori metalmeccanici hanno descritto una modalità di organizzazione del lavoro innovativa, ma ancora in parte incerta e, allo stesso tempo, molto orientata al futuro, soprattutto in rapporto alle modalità di esecuzione della prestazione.
 
L’altra ricerca l’abbiamo riservata ai nostri iscritti: si tratta di un’analisi sui nuovi bisogni dei metalmeccanici. Presentarla ai nostri iscritti è un’azione molto importante dal punto di vista associativo poiché si tratta di bisogni che spesso non sono espressi apertamente in assemblea, non caratterizzano le parole d’ordine principali di una campagna contrattuale, ma caratterizzano sempre di più la differenza per tracciare il benessere o meno delle persone che lavorano.
 
Pensiamo alle nuove e diversificate necessità in tema di welfare, conciliazione, sostenibilità del lavoro, tempo, quest’ultima variabile sempre più importante.
 
Un congresso, quello della Fim, che, grazie anche alle ricerche svolte con Adapt, ha cercato non solo di comprendere, ma anche di rappresentare il lavoro che cambia…

 

Le due ricerche sono caratterizzate proprio da questo. La Fim, in questa stagione congressuale, ha sempre più compreso che ci troviamo di fronte ad un tempo completamente nuovo per il lavoro, siamo di fronte a rivoluzioni copernicane. Quella dello smart working lo è, ad esempio, perché definisce una prestazione lavorativa ormai libera da qualsiasi rapporto con l’orario di lavoro e con il luogo fisico del lavoro.
 
Ci sentiamo dei “pionieri alla ricerca del lavoro giusto”, per riecheggiare lo slogan che conclude la nostra stagione congressuale a Torino. Per essere davvero pionieri si ha bisogno di mappe nuove, orientamenti nuovi, visioni nuove e il rapporto con Adapt si è sviluppato in questo tipo di percorso in maniera molto approfondita, flessibile, brillante.
 
Cosa ha rappresentato e cosa potrà ancora rappresentare, in prospettiva, l’inserimento dei giovani ricercatori provenienti da Adapt nella Fim?

 

La Fim è un soggetto agile, non abbiamo enormi risorse. Anche per questo ultimamente ci siamo un po’ meno impegnati, rispetto ad altre realtà, nell’inserimento di apprendistati e dottorandi nella nostra organizzazione. Penso però che presto torneremo a farlo.
 
Credo che l’altra caratteristica interessante del rapporto con Adapt sia proprio la possibilità, attorno a figure consolidate, di veder crescere una leva di giovani ricercatori impegnati sui temi del lavoro e delle relazioni sindacali.
 
La “questione giovani” in senso più ampio costituisce ovviamente un tema sempre centrale e questo aspetto è certamente un elemento interessante per noi.
 
Uno dei temi di riflessione che caratterizza la Fim è, infatti, certamente quello di come rendere attraente il lavoro del sindacalista tra i metalmeccanici, per donne e giovani. Abbiamo bisogno di cambiare la “popolazione lavorativa” dei militanti fimmini, non perché quella di oggi sia inadeguata, ma perché è sicuramente poco popolata proprio da donne e giovani. Queste due categorie costituiscono una leva importante e fondamentale anche per una promuovere una spinta innovatrice e un diverso approccio direi a livello antropologico, non solo sindacale, ai temi del lavoro.
 
Donne e giovani, sempre di più, esprimono bisogni e propensioni molto particolari e innovativi, ad esempio, per quel che riguarda la sostenibilità del e nel lavoro.
 
La nostra speranza è che il rapporto con Adapt possa prossimamente generare anche un canale di ritorno, come la Fim fece anni fa, aprendo possibilità di sperimentazione. Ritengo, infatti, che promuovere tirocini o collaborazioni che possano creare, in rapporto con la ricerca, la possibilità di sperimentare un terreno favorevole per l’inserimento di giovani nel ruolo di sindacalisti, sia una prospettiva assolutamente importante per il futuro.
 
E’ un modo anche di aprire, rendere più inclusivo, il fare sindacato?

 

Credo che il mondo del sindacato debba essere aperto non tanto o non solo a chi “ha studiato”, ma soprattutto a chi si pone in ricerca, con la voglia, il “desiderio” di fare il sindacalista, un mestiere assolutamente moderno da molti punti di vista.
 
Il sindacalista del futuro ha bisogno non solo di competenze professionali, come il mondo di Adapt fornisce, ma che ha anche necessità di una nuova visione della militanza.
 
Uno dei momenti più significativi della fase congressuale, il consiglio generale finale, sarà tarato proprio sulla riflessione in merito al “desiderio” di fare il sindacalista. Rilanciare il tema del “desiderio” equivale oggi a una importante riforma organizzativa.
 
Tutto ciò non tanto perché temiamo un sindacalismo apatico, di mestiere, ma perché dobbiamo rigenerare il desiderio di non girare la testa dell’altra parte e di occuparsi delle “cose nuove”.
 
Queste sono le ragioni per cui noi riteniamo il rapporto con Adapt utile, indispensabile, strategico. “Adatto”, come dice il nome stesso, al tipo di approccio con cui la Fim interpreta il mestiere del sindacato, su cui credo che con Adapt ci sia reciprocità.
 
Quali riflessioni, infine, tra memoria e futuro, a vent’anni dal tragico assassinio di Marco Biagi e a valle della stagione congressuale della Fim?

 

Abbiamo prodotto un manifesto sulle transizioni lavorative come contributo della Fim al dibattito congressuale interno e della Cisl. L’abbiamo fatto pensando a tutto il lavoro di Marco Biagi: il manifesto è espressamente dedicato al suo lavoro e alla sua figura.  Se pensiamo alla ricorrenza dei vent’anni dal suo tragico assassinio sappiamo bene che questo tempo non ha fatto altro che far spiccare la modernità del suo pensiero e delle sue intuizioni, che sono state poi portate avanti anche attraverso Adapt.
 
La Fim vuole anche “restituire”. Il tema non è infatti solo quello di imparare, ma di provare a dire la nostra sugli argomenti cruciali del presente e del futuro. Non vogliamo atteggiarci a professori, ma riconoscerci come una realtà che propone un pensiero completo e autonomo.
 
La nostra priorità è rivendicare tutele e diritti nuovi. L’accompagnamento delle transizioni lavorative è, ad esempio, un enorme campo, purtroppo ancora poco fertile nel nostro paese. Decisivo però, oggi, è promuovere una qualità, una dignità del lavoro, una giustizia sociale sempre più forti.
 
Penso che sia importante, stimolante, provare anche come sindacati a sviluppare, proporre un pensiero ampio.  Lo facciamo da sindacalisti, ma positivamente in rapporto e in reciproco ascolto con chi si occupa, come Adapt, di ricerca e lo fa, ripeto e concludo, attraverso un approccio a noi affine, studiando in maniera applicata un lavoro e relazioni industriali che sono sempre più nel turbine impetuoso del cambiamento.

 
Francesco Lauria

Centro Studi Cisl

 

*La presente conversazione costituisce un’anticipazione di un testo che sarà contenuto nella pubblicazione, in uscita a maggio per Edizioni Lavoro, sull’’attualità del pensiero di Marco Biagi a 20 anni dalla scomparsa

Il dialogo tra Fim Cisl e Adapt alla vigilia del congresso nazionale dei metalmeccanici della Cisl. Intervista a Roberto Benaglia
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