Covid: istanza di sgravio dei contributi previdenziali, ma Inps annulla
| di Andrea Migliavacca
Bollettino ADAPT 20 novembre 2025, n. 40
“Legge di bilancio”, legge finanziaria, manovra finanziaria, legge di stabilità, oppure ancora manovra economica; in qualunque modo venga declinata, in essa sono contenute le scelte politiche sulla spesa del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. In sintesi, la proiezione di ciò che verrà speso e la relativa ipotesi di copertura.
Ogni anno, si assiste ad un confronto, più o meno acceso, tra opposizione e maggioranza (spesso in contrasto anche al proprio interno), col solito copione; l’affanno – talvolta indotto dalle stringenti regole unionali – contraddistingue ogni manovra che, per essere varata tempestivamente, nel vortice degli emendamenti, consegna spesso norme di non facile interpretazione.
Nel 2020, però, la sceneggiatura alla quale siamo abituati è stata contraddistinta dal dramma, non solo economico, che ha accompagnato la pandemia.
Nel tentativo di offrire sollievo ad interi comparti produttivi – forzatamente chiusi in conseguenza delle restrizioni, concepite per limitare il contagio da SarsCov-2 – nella legge di bilancio 2020 (e non solo), sono state assunte diverse misure, alcune di incentivo (ad esempio, i ristori), altre di sgravio (come gli esoneri contributivi); il tutto, ovviamente, parametrato ad una determinata proiezione di spesa.
Nell’individuare i destinatari della misura, il legislatore, come d’abitudine, ha sommariamente delineato i requisiti soggettivi ed oggettivi, ed i parametri temporali e reddituali ai quali ancorare il diritto di accedere al beneficio.
Tra queste norme, per le ragioni che seguono, si prenderà in esame l’art. 1 della L. 178/2020 (che peraltro, si compone di 1150 commi), limitatamente ai commi da 20 a 22-bis.
Al comma 20, infatti, è stabilito che la dotazione finanziaria (iniziale) per l’anno 2021, sia pari a 2,5 milioni di euro (il limite di spesa di cui si è accennato); somma stimata per finanziare l’esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali, dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell’INPS e dai professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza.
Non tutti i lavoratori autonomi o i professionisti, sono stati interessati dal beneficio, ma solo coloro che (1) nel periodo d’imposta 2019 avessero percepito un “reddito complessivo” non superiore a 50.000 euro e che (2) nell’anno 2020 avessero subito un “calo del fatturato o dei corrispettivi” non inferiore al 33%, rispetto all’anno precedente.
Al comma 21 viene precisato che compete al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di emanare uno o più decreti, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, onde definire i criteri e le modalità per la concessione dell’esonero.
Spetta, poi, agli enti previdenziali (quindi all’INPS ed alle altre Casse previdenziali) monitorare il rispetto dei limiti di spesa e comunicare i risultati al Ministero del lavoro ed al Ministero dell’economia, prosegue il comma 22. Ove, tuttavia, si legge, parafrasando, in esito al predetto monitoraggio dovesse verificarsi uno scostamento, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non verranno adottati altri provvedimenti di concessione dell’esonero. Un problema, forse, la cui soluzione sarà affidata ai posteri.
Trattandosi di un aiuto di Stato, il legislatore, ha sottoposto l’efficacia della disposizione (cfr. comma 22-bis) all’autorizzazione della Commissione Europea, come previsto dal par. 3 dell’art. 108 TFUE.
Superato il vaglio comunitario, col Decreto interministeriale, adottato oltre i termini ipotizzati, ovvero il 17/05/2021, pubblicato in data 27/07/2021, e contenente i “criteri e modalità per la concessione dell’esonero dei contributi previdenziali”, nei suoi sei articoli (dei quali si farà una disamina parziale), in qualche misura, è stato meglio definito il perimetro applicativo di quanto stabilito nei commi da 20 a 22-bis dell’art. 1 L. 178/2020.
L’art. 1 del citato Decreto, al punto 1, ha specificato, più dettagliatamente, quali fossero i soggetti destinatari della misura. Al punto 2, ha offerto, poi, alcune ulteriori indicazioni, in particolare con riferimento al “reddito complessivo”. Per i professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, è stato precisato che il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi o compensi percepiti e i costi inerenti all’attività; mentre, per i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali autonome dell’INPS degli artigiani e dei commercianti e alla Gestione separata, il reddito è individuato nel reddito imponibile indicato nel quadro RR sezione I o II della dichiarazione dei redditi Persone fisiche, presentata entro il termine di presentazione dell’istanza di esonero. Per gli iscritti alla gestione dei coltivatori diretti, coloni e mezzadri il reddito è individuato nei redditi risultanti nella dichiarazione dei redditi Persone fisiche entro il termine di presentazione dell’istanza di esonero.
Il punto 3, poi, ha aggiunto due cause di esclusione: a) la titolarità di un contratto di lavoro subordinato (eccezion fatta per il lavoro intermittente); b) la titolarità di una pensione diretta, diversa dall’assegno ordinario di invalidità, o altra provvidenza erogata dagli enti di previdenza obbligatoria avente natura previdenziale.
Agli artt. 2, 3 e 4, vengono enunciati “Criteri e modalità per la concessione dell’esonero” ai lavoratori autonomi ed ai liberi professionisti ed agli operatori sanitari (medici, infermieri ed altri operatori). Per la categoria dei lavoratori autonomi, si rileva come il decreto abbia precisato anche che l’esonero spetti al titolare della posizione contributiva in misura pari alla somma dell’importo della contribuzione esonerabile per ciascun lavoratore e collaboratore familiare iscritto alla gestione speciale dell’Assicurazione Generale Obbligatoria, per la quale il titolare è tenuto al versamento della contribuzione. La fruizione del beneficio è subordinata al possesso della regolarità contributiva ed al rispetto dei termini decadenziali di presentazione della domanda, secondo le indicazioni offerte dall’INPS e degli altri Enti previdenziali.
È, inoltre, precisato che compete all’Agenzia delle Entrate l’onere di definire le modalità e i termini con cui offrire i dati necessari ad effettuare i controlli da parte degli Enti previdenziali.
Gli artt. 5 e 6 completano il decreto più come formula di stile che di contenuto pratico.
La successiva circolare INPS n. 124 del 06/08/2021 ha recepito quanto indicato nel citato decreto interministeriale, offrendo le istruzioni operative per la fruizione dell’esonero contributivo; a questa sono seguiti ulteriori messaggi esplicativi. Ne è un esempio il Messaggio n. 3.217 del 24/09/2021. Tra i numerosi quesiti pervenuti all’Istituto, quest’ultimo si è concentrato sulle “modalità di verifica del requisito del calo di fatturato o dei corrispettivi per i soggetti che abbiano iniziato l’attività nel corso dell’anno 2019”. La risposta, peraltro contenuta nel citato decreto interministeriale, era abbastanza ovvia, atteso che si sarebbe tenuto in considerazione l’importo medio mensile relativo ai mesi di attività delle due annualità in esame. Oppure anche il Messaggio n. 3.974 del 15/11/2021, col quale l’INPS è intervenuto, per offrire indicazioni operative, per ciascuna categoria di lavoratori, che avessero visto respinta l’istanza, in sede di verifica dei requisiti di accesso, rimandando ad un successivo comunicato le modalità per proporre istanza di riesame al diniego.
La norma (ovvero il comma 20 dell’art. 1 della L. 178/2020), nella sua vaghezza, né il decreto interministeriale del 17/05/2021, ma neppure l’INPS, con i suoi atti di indirizzo hanno, tuttavia, consegnato un criterio certo (omogeneo per le varie categorie interessate dalla misura), per calcolare il calo di fatturato o dei corrispettivi, nell’indicata misura del 33%. Tant’è che una volta affrontati i controlli attraverso i dati offerti dall’Agenzia delle Entrate, gli Enti previdenziali hanno iniziato ad inviare comunicazioni di contestazione.
L’indebito godimento dell’esonero contributivo, oltre a comportare il versamento dei contributi omessi, ha determinato anche l’irrogazione delle sanzioni civili, siccome disciplinate dall’art. 116, comma 8, legge 23 dicembre 2000, n. 388. Secondo lo schema di compliance introdotto con l’art. 30 comma 1, lett. c) del DL n. 19/2024, è stata prevista una riduzione della sanzione civile, nella misura del 50%, ove il pagamento dei contributi venga effettuato, in unica soluzione, entro trenta giorni dalla notifica della contestazione. Mentre, nel caso di mancato od insufficiente oppure tardivo versamento di una delle successive rate accordate, la sanzione si applica per intero.
Ebbene, a partire dallo scorso Giugno, l’INPS ha contestato, ad esempio, agli iscritti alla Gestione Commercianti, il mancato rispetto della condizione di accesso al beneficio, per molti con una laconica motivazione: “Nell’anno 2020 ha subito un calo del fatturato o dei corrispettivi inferiore al 33% rispetto a quelli dell’anno 2019”.
Come anticipato, non avendo la norma previsto un criterio omogeneo di calcolo del “calo”, è risultato complicato comprendere, a priori, la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio; a maggior ragione, con una motivazione così vaga, nell’atto di contestazione dell’INPS, in via amministrativa, potrebbe risultare complesso confutare, il provvedimento di annullamento e di recupero. Non aiutano, poi, neppure gli atti di rigetto dei ricorsi addotti dai Direttori delle sedi INPS, ove ci si limita a confermare l’annullamento dell’esonero.
Considerato che le realtà, in favore delle quali è stata concepita la misura, sono variegate (imprese individuali, liberi professionisti, soci di studi professionali o di società di persone, ecc.), sarebbe stato opportuno indicare, per ciascuna categoria, il parametro di riferimento.
Ipotizzando, una realtà diffusa, qual è, ad esempio, quella delle società di persone, i cui soci, in ipotesi, sono iscritti alla gestione commercianti, occorre comprendere (e non è stato precisato) se l’elemento di raffronto tra le annualità in esame (2019 e 2020), sia il Quadro VE (operazioni attive IVA), od il Quadro RG, che indica i redditi dell’attività commerciale, oppure ancora il Quadro IP, che specifica i ricavi ai fini IRAP. I valori, senza entrare nei tecnicisimi, possono variare di parecchio. Il Quadro VE, ad esempio, non contempla le operazioni fuori campo IVA, che comunque potrebbero incidere sui corrispettivi, dunque sulla misura del calo.
Considerato che non sono state ipotizzate nuove misure in caso di scostamento al limite di spesa, è verosimile ritenere che la valutazione prospettica fosse incongrua. Si preannunciano contenziosi complessi, alimentati anche dai richiamati dubbi interpretativi.
Avvocato
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