Il settore delle costruzioni in Lombardia tra sfide, competenze e attrattività: il punto di vista di un panel di osservatori privilegiati

Interventi ADAPT

| di Margherita Roiatti

Bollettino ADAPT  22 settembre 2025, n. 32

Il presente contributo intende restituire i risultati aggregati di una recente attività di rilevazione sul campo condotta dai ricercatori e dalle ricercatrici di Fondazione ADAPT e ADAPT Servizi nell’ambito della Rilevazione del fabbisogno di competenze e profili professionali (Linea A) del Patto per le Competenze e per l’Occupazione in Lombardia per il Settore delle Costruzioni ([1]), coordinato da ANCE Lombardia.
In particolare, sono recentemente stati organizzati e condotti tre focus group che hanno coinvolto quasi quaranta osservatori privilegiati, rappresentativi di tre mondi chiave: le imprese (11 partecipanti), le parti sociali (13 partecipanti) e il sistema della formazione (12 partecipanti). Si è trattato di un percorso di ascolto che ha consentito di raccogliere e mettere a confronto prospettive diverse, approfondendo sia le trasformazioni che attraversano il settore, sia le criticità più urgenti in termini di reperimento e sviluppo delle competenze.

Accanto a un nucleo di domande comuni, infatti, ogni focus group è stato costruito per approfondire aspetti specifici e caratterizzanti. Con le imprese si è lavorato soprattutto sul tema delle competenze emergenti legate alle transizioni green e digitali, e in particolare sulla difficoltà di conciliare i tempi della produzione con quelli necessari alla formazione continua. Con le parti sociali l’attenzione si è concentrata su inclusione, giovani e attrattività, ma anche su questioni strutturali come l’applicazione dei contratti e la sicurezza nei cantieri, ancora percepita come un nodo sensibile. Infine, con il mondo della formazione, il confronto ha riguardato il rapporto con le imprese e l’aggiornamento dei curricula: qui è stata sottolineata la necessità di ridurre lo scarto tra competenze innovative insegnate (ad esempio nell’uso di BIM e droni) e le condizioni effettive che i giovani incontrano una volta entrati nel mercato del lavoro.

Sulla base di questi tre momenti di ascolto, nei paragrafi che seguono si propone una sintesi dei principali risultati emersi, con l’obiettivo di evidenziare sia i punti di convergenza sia le differenze di percezione tra i diversi attori coinvolti, mettendoli in relazione.

Partiamo dalla trasformazione dei mestieri. È emersa una significativa convergenza di opinioni sul fatto che il settore stia cambiando profondamente sotto la spinta della doppia transizione, digitale e green. Le imprese hanno descritto l’impatto e la pervasività nel settore di tecnologie come il BIM, la sensoristica, i macchinari connessi all’industria 4.0 e i materiali innovativi. Allo stesso tempo, si è osservato che, accanto a queste innovazioni, persiste ancora un certo divario tra le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e la loro applicazione quotidiana nei cantieri, in particolare nelle realtà di minori dimensioni, dove anche il tema della formazione continua sembrerebbe incontrare maggiori difficoltà a livello organizzativo. A ciò si aggiunge, come accennato da alcuni partecipanti, la crescente complessità del rapporto con il committente pubblico: l’aumento degli adempimenti burocratici finisce per “complicare” ulteriormente l’operatività delle imprese, riducendo di fatto il tempo e le risorse che potrebbero essere dedicate all’aggiornamento e alla formazione.

Nella prospettiva delle parti sociali, la percezione è che i mestieri stiano cambiando più velocemente di quanto il contratto collettivo riesca a recepire. Le declaratorie professionali appaiono in parte superate rispetto a nuove figure legate al digitale e alla sostenibilità, e questo genera la sensazione di un ritardo di riconoscimento. Allo stesso tempo, è stato riconosciuto che negli ultimi anni il contratto ha comunque introdotto elementi positivi e che, nel confronto con altri settori, quello delle costruzioni resta tra i più avanzati su alcuni temi, ad esempio sicurezza e bilateralità.

Dal mondo della formazione è arrivato un quadro interessante: negli istituti e negli ITS i ragazzi hanno ormai accesso a strumenti digitali avanzati (dai droni al laser scanner, fino al BIM e alle stampanti 3D). Quando entrano nel mondo del lavoro, però, non sempre trovano contesti altrettanto aggiornati: molte imprese, soprattutto di piccole dimensioni, operano ancora con modalità più tradizionali. Questo crea uno scarto che può generare un po’ di disillusione, ma che, al tempo stesso, rappresenta una grande opportunità: se si riuscisse a ridurre questa distanza, si potrebbe valorizzare davvero le competenze digitali dei giovani e accelerare ulteriormente l’innovazione del settore. A questo proposito, è stato osservato che l’orizzonte della formazione, in termini di competenze, appare spesso più vicino alle esigenze delle imprese medio-grandi che non a quelle delle piccole realtà; ciò non significa però che per raggiungere anche le PMI si debba abbassare il livello dell’offerta formativa, bensì favorire un’integrazione più stretta, così che proprio attraverso tirocini e percorsi di inserimento le competenze possano entrare nelle imprese di minori dimensioni e contribuire a portare innovazione anche dove oggi prevalgono modalità operative più tradizionali.

La seconda area di discussione e confronto ha riguardato il tema delle competenze e dei profili professionali difficili da reperire. Dalle discussioni è risultata evidente come vi sarebbe una sistemica carenza di competenze riguardante sia le figure operative tradizionali (muratori, manovali, operai specializzati) sia i profili intermedi come capicantiere, tecnici di cantiere e addetti alla contabilità. Le imprese hanno sottolineato la difficoltà a reperire queste figure in quantità adeguata (e ciò anche a causa di dinamiche competitive anche molto “spinte” tra aziende del medesimo comparto/territorio e tra le più grandi e quelle di minore dimensione), mentre secondo le parti sociali si è posto l’accento anche sulla qualità delle competenze disponibili, ad esempio la necessità di lavorare sulla motivazione dei giovani e sul supporto linguistico per i lavoratori stranieri, aspetti che incidono anche sulla formazione in materia di sicurezza (tema molto sentito e prioritario secondo tutti gli interlocutori) e organizzazione. Dal mondo della formazione è arrivata infine una riflessione più di prospettiva: oltre alle difficoltà nel reperire i profili richiesti dal mercato, si intravede il rischio di una progressiva perdita del patrimonio artigiano dei mestieri manuali, in assenza di dinamiche efficaci di trasferimento intergenerazionale di competenze e saperi.

In questo quadro, un aspetto trasversale emerso dai tre focus group è la crescente richiesta di profili “ibridi”: la sola figura del muratore tradizionale non sarebbe più pienamente in linea con le esigenze del settore, che richiederebbero lavoratori in grado di integrare competenze diverse, ad esempio utilizzare macchinari digitali, interpretare progetti BIM o coniugare nozioni di edilizia con elementi di meccanica e informatica. È dunque stato possibile rilevare una evoluzione della domanda di questi profili, che però il sistema formativo non sembra ancora in grado di soddisfare pienamente. Nella discussione è stato inoltre sottolineato che alcune figure professionali, pur rilevanti per l’operatività dei cantieri (come elettricisti o idraulici) non sarebbero da considerarsi prioritarie, strategiche in senso stretto per le aziende del settore delle costruzioni, poiché nella maggior parte dei casi vengono reperite attraverso catene di subfornitura e rapporti di appalto o subappalto, più che come dipendenti diretti delle imprese del settore delle costruzioni. È stato infine osservato che, anche in termini di finalizzazione della rilevazione, sarebbe opportuno prestare attenzione al comparto artigiano che, con le sue peculiarità, pone questioni specifiche e non sempre facilmente comparabili con le dinamiche appena descritte.

Un terzo ambito di approfondimento ha riguardato l’inclusione e l’attrattività, aspetti decisivi per il futuro del settore. Su questo punto le prospettive si differenziano ma convergono nel delineare una criticità comune. Le imprese hanno evidenziato come l’edilizia fatichi a intercettare i giovani (italiani ma non solo): la scelta delle famiglie privilegia licei e percorsi universitari, e ciò riduce la disponibilità di manodopera, con la conseguenza che una quota sempre più rilevante della forza lavoro è oggi costituita da lavoratori stranieri. Le parti sociali hanno posto l’accento sul fatto che la difficoltà non sia solo culturale, ma anche strutturale: la frammentazione in molte microimprese, la percezione di precarietà e le caratteristiche fisicamente impegnative del lavoro (o, per meglio dire, di alcune professioni e mansioni) incidono sull’attrattività complessiva del comparto. Dal lato della formazione sono emersi elementi di rinnovamento: una presenza femminile in lieve crescita negli istituti tecnici, il rafforzamento dei percorsi ITS e alcune sperimentazioni quadriennali che cercano di rendere più flessibile l’offerta formativa. Tuttavia, resta uno scarto tra ciò che i giovani apprendono in termini di innovazione e sostenibilità e le condizioni che spesso incontrano nei cantieri, scarto che rischia di indebolire la loro motivazione.

Nel complesso, si può affermare che la questione sia innanzitutto di natura reputazionale: il settore continua a faticare a proporsi come scelta di valore. Cambiano però le chiavi di lettura. Per le imprese pesa lo stigma culturale che ancora accompagna il “lavoro manuale”; per le parti sociali contano soprattutto la stabilità e la sicurezza; per il mondo della formazione è decisivo lavorare sull’orientamento precoce e sul dialogo con le famiglie, così da costruire una narrazione più positiva e coerente con le trasformazioni in atto.

Come è possibile agire a fronte delle sollecitazioni e degli scenari emersi? Pur nelle differenze di accenti e prospettive, i tre focus hanno messo in evidenza alcune priorità condivise. La prima è rafforzare il dialogo tra scuole e imprese, così da costruire percorsi di orientamento e programmi più allineati alle esigenze reali del mondo del lavoro a livello settoriale e territoriale. La seconda priorità riguarda uno sforzo congiunto per l’aggiornamento del contratto collettivo di riferimento, affinché possa recepire in maniera più compiuta le figure professionali emergenti. Un’altra priorità è investire nella formazione continua: non solo quella tecnica, ma anche linguistica e ancora di più sulla sicurezza (per i lavoratori stranieri, ma non solo), e quella manageriale e digitale per i profili intermedi. Infine, è emerso come sia ormai cruciale lavorare sull’immagine stessa del settore, mettendo in evidenza il suo lato innovativo, sostenibile e tecnologico, e costruendo percorsi di carriera chiari e attrattivi per le nuove generazioni e per la componente femminile. Non si tratta soltanto di una questione culturale, ma anche di una presa di coscienza delle potenzialità comunicative insite nelle competenze pratiche di chi propone e vive questi percorsi formativi: la capacità tecnica, se adeguatamente raccontata e valorizzata, può esercitare una risonanza fortissima tra i giovani, soprattutto per coloro che apprendono meglio attraverso l’“imparare facendo”.

In conclusione, e con un alto livello di coerenza con le fasi di rilevazione precedenti sviluppate nell’ambito della Linea A ([2]), dai tre focus emerge un quadro chiaro: il settore delle costruzioni è attraversato da trasformazioni profonde, ma con velocità differenti (a seconda della dimensione aziendale, dei comparti e dei territori), e questa eterogeneità produce inevitabili disallineamenti. Le carenze di competenze si collocano tanto sul versante operativo quanto su quello tecnico-gestionale, mentre la vera sfida per il futuro resta la capacità di rendere il comparto attrattivo per le nuove generazioni e in grado di rinnovarsi attraverso nuove energie.

Dai tre focus group è emerso chiaramente che attorno al Patto per le Competenze e per l’Occupazione in Lombardia per il Settore delle Costruzioni si concentrano alte aspettative da parte di tutti gli stakeholder: che diventi un luogo stabile di confronto, che non si limiti all’analisi ma attivi azioni concrete. Le imprese hanno condiviso aspettative con riferimento al supporto nel reperire figure e formarle; le parti sociali hanno espresso la necessità di garantire più tutele e applicazione delle regole; il mondo della formazione reputa imprescindibile uno stabile di dialogo con chi assume. Tutti gli osservatori privilegiati, in modi diversi, hanno descritto in prospettiva il Patto come un laboratorio permanente, capace di allineare competenze, condizioni di lavoro e immagine del settore. Solo così sarà possibile garantire al comparto delle costruzioni in Lombardia non solo di reggere le sfide della transizione, ma di renderle un’occasione di crescita sostenibile e attrattività.

Margherita Roiatti

Direttrice Fondazione ADAPT

ADAPT Senior Research Fellow

X@MargheRoi

[1] CUP: E84G24000110007.

[2] Per una disamina puntuale dei risultati della prima fase di ricerca si veda il report “Analisi e prospettive del settore delle costruzioni in Lombardia: competenze e occupazione per il futuro”, mentre per la seconda si rimanda al documento “Transizioni e competenze nel settore delle costruzioni: prospettive dei testimoni privilegiati della Lombardia”.