Dal secondo Report CISL: stato e prospettive della contrattazione nazionale

Interventi ADAPT

| di Anna Marchiotti

Bollettino ADAPT 15 settembre 2025, n. 31

Con il secondo Report semestrale sulla contrattazione collettiva nazionale dello scorso 10 settembre, CISL prosegue e rafforza un percorso di analisi e riflessione avviato con il primo Report pubblicato nel marzo 2025, con l’obiettivo di approfondire il ruolo strategico della contrattazione collettiva nel sistema delle relazioni industriali italiane. Per CISL, la contrattazione è infatti lo strumento più efficace per rappresentare e tutelare i lavoratori, come affermato con chiarezza anche nella nota di indirizzo presente sul sito confederale.

Il Report si fonda su una solida base informativa, che integra i dati provenienti da diverse fonti ufficiali come il CNEL, l’INPS e l’ISTAT. L’intento è quello di offrire un quadro conoscitivo quanto più possibile completo, utile non solo alla comprensione dello stato attuale della contrattazione nazionale, ma anche alla progettazione e valutazione delle strategie sindacali.

Lo strumento si inserisce così nella prospettiva delineata dal recente Congresso nazionale della CISL, che ha indicato la necessità di costruire un sistema di contrattazione più efficace, inclusivo e sostenibile, in linea con la visione partecipativa ora rafforzata anche grazie alla recente Legge n. 76 del 2025 sulla partecipazione.

Nel dettaglio, il Report affronta numerosi temi: dalla tipologia di accordi depositati al quadro dimensionale dei contratti, dal tasso di copertura contrattuale ai tempi di rinnovo, dalle dinamiche retributive alla loro evoluzione nei diversi settori, fino ad arrivare alle indicazioni circa le prospettive future.

Procedendo con ordine, la situazione contrattuale nel primo semestre del 2025 è testimone dell’intensa tornata contrattuale che ha coinvolto numerosi settori e federazioni di categoria: dai dati CNEL, infatti, il 50% degli accordi depositati si qualifica come testo definitivo, peraltro con una forte accelerazione nel secondo semestre del 2024.

Il sistema contrattuale del settore privato è solido ed in crescita. Da un lato, il numero dei CCNL depositati presso il CNEL è aumentato di 46 unità, dai 992 contratti depositati al 30 giugno 2024 ai 1.038 contratti presenti al 30 giugno 2025. Dall’altro lato, l’analisi del quadro dimensionale evidenzia come, sebbene ci siano ben 744 contratti collettivi che si applicano a realtà con meno di 1.000 lavoratori, questi riguardano solo lo 0,7% del totale della forza lavoro. Al contrario, sono i 204 CCNL che si applicano ad una soglia dimensionale superiore a 1.000 lavoratori a coprire il 99,3% dei lavoratori dipendenti.

In altre parole, anche se il panorama contrattuale risulta frammentato e il rischio di dumping contrattuale è reale, un numero ristretto (e costante) di contratti regola le condizioni di quasi tutti i dipendenti del settore privato. Un dato, questo, che anche il XXVI Rapporto CNEL su mercato del lavoro e contrattazione collettiva coglie l’occasione di sottolineare, aggiungendo come sia proprio la produzione delle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a coprire la quasi totalità dei rapporti di lavoro. Nel concreto, i 214 CCNL sottoscritti da CGIL, CISL e UIL coprono il 96% dei lavoratori del settore privato, a fronte di 803 contratti firmati da altri soggetti sindacali che interessano solo il 4% dell’intera platea.

I dati del primo semestre 2025 mostrano quindi un progressivo miglioramento della copertura contrattuale dei rinnovi: il 65% dei lavoratori e delle lavoratrici del settore privato sono ora coperti dai contratti rinnovati e depositati al CNEL, in crescita di quasi il 10% rispetto a giugno dello scorso anno. Permangono tuttavia delle criticità in ordine al numero di dipendenti il cui CCNL risulta in attesa di rinnovo. Al 30 giugno 2025 sono 618 i CCNL non ancora rinnovati, pari al 60% dell’insieme, sebbene questi si riferiscano “solo” al 35% dei dipendenti.

I dati sulla vacanza contrattuale, ossia il tempo trascorso dalla scadenza dell’ultimo accordo, divergono invece a seconda delle fonti statistiche utilizzate. Secondo le rilevazioni ISTAT, l’attività negoziale ha ridotto i tempi medi di attesa dei rinnovi. Al contrario, secondo il CNEL, la vacanza contrattuale media dei CCNL depositati e scaduti al 30 giugno 2025 è aumentata di circa 4 mesi, passando dai 15,2 mesi di dicembre 2024 ai 19 mesi di giugno 2025, un dato che risulta ancor più marcato per il pubblico impiego, che passa, in soli sei mesi, dai 35,3 ai 40,4 mesi di attesa.

Volendo precisare, nel settore privato, al primo posto per periodo di vacanza contrattuale più elevato vi è il settore dell’istruzione, sanità, assistenza, cultura ed enti con un periodo di attesa pari a 69,5 mesi, mentre all’ultimo posto vi è il settore dei chimici con un periodo di attesa di soli 1,2 mesi.

Per quanto riguarda la dinamica retributiva, il primo semestre 2025 registra una crescita media delle retribuzioni pari al 3,5%, con una stima di un consolidamento al 3,1% su base annuale. L’andamento delle retribuzioni varia a seconda del settore considerato: il settore dell’energia ha conosciuto la crescita maggiore, con un aumento del 6,7% delle retribuzioni; il settore metalmeccanico risente invece degli effetti del mancato rinnovo, con una decelerazione dal +6,3% all’1,3%; infine, il settore del credito e assicurazioni conferma la capacità di redistribuire valore ai lavoratori, con una crescita dei salari pari al 5,1%.

Secondo CISL, un dato di particolare rilievo riguarda il significativo recupero del potere d’acquisto per i redditi medio-bassi, reso possibile dall’interazione tra le politiche contrattuali – fortemente volute dall’organizzazione sindacale – e le misure fiscali. Riprendendo quanto descritto dall’ultimo Rapporto INPS, a fronte di un’inflazione del 17,4%, i redditi bassi sono cresciuti di ben 14,5 punti percentuali, differenziale ancor più favorevole se si guarda alle retribuzioni nette. In altre parole, i lavoratori con redditi bassi hanno ottenuto un aumento di ben 192 euro mensili in busta paga, riducendo così il gap inflazionistico a meno di 500 euro su base annua.

Nel prossimo semestre, continua CISL, si attende così una crescita delle retribuzioni pari al 2,7%, seppur con alcune differenze tra i settori economici. L’agricoltura mostrerà un rallentamento, l’industria si stabilizzerà, mentre i servizi privati rimarranno stabili in crescita. In previsione, si tratta di un processo di riequilibrio che permetterà di recuperare gradualmente il potere di acquisto, mantenendo la competitività e rispettando gli obiettivi europei.

Il Report si conclude mettendo in evidenza aspetti positivi e criticità dell’attuale sistema di contrattazione: tra le luci, la dinamicità delle negoziazioni, l’elevato tasso di copertura contrattuale e gli effetti favorevoli della sinergia tra contrattazione e politiche fiscali sui redditi medio-bassi; tre le ombre, i tempi di attesa per i rinnovi e il dumping contrattuale.

Un’ultima idea di importanza cruciale emerge dal Report: quella di un Protocollo tripartito. A fronte delle persistenti criticità e dei divari che ancora segnano il modello italiano di contrattazione – pur restando un unicum nel contesto europeo – per CISL la risposta non può che essere collettiva e condivisa. A partire dalla centralità della contrattazione, l’organizzazione richiama così ad un’azione sindacale unitaria e responsabile, in grado di definire interventi per consolidare i risultati e sostenere nuove forme di partecipazione dei lavoratori. Un appello, dunque, al “remare uniti”, riprendendo le parole del segretario confederale cislino, “per rilanciare la centralità e il protagonismo del lavoro”.

Anna Marchiotti

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@Marchiotti_Anna