Videosorveglianza dei lavoratori: dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nuove indicazioni operative per i datori di lavoro

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Bollettino ADAPT 8 maggio 2023, n. 17
 
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro è ritornato, con Nota n. 2572 del 14 aprile 2023, sul delicato tema rappresentato dalla videosorveglianza sui luoghi di lavoro, integrando le indicazioni già fornite nel corso dei precedenti anni e, anzi, aggiornandole alla luce dell’evoluzione non solo della normativa specifica, ma altresì della “giurisprudenza” del Garante per la Protezione dei Dati Personali.
 
Il monitoraggio dei lavoratori, rappresentando a tutti gli effetti un trattamento di informazioni personali, deve infatti rispettare non solo la disciplina specifica dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970), ma anche l’intero apparato di principi e norme custodito in primis dal GDPR (Reg. UE n. 2016/679) e dal Codice della Privacy (D. Lgs. n. 196/2003 e s.m.i.), e poi dai relativi provvedimenti attuativi.
 
Cristallizzazione e chiarimenti dei precedenti orientamenti interpretativi
 
Dopo aver quindi riconosciuto la funzione di aggiornamento che la normativa privacy svolge rispetto allo sviluppo digitale e tecnologico nei confronti delle previsioni dell’art. 4, l’Ispettorato inaugura il proprio percorso argomentativo ribadendo come il rispetto delle garanzie tracciate dal suddetto articolo di legge costituisca condizione di liceità del trattamento, violata la quale il datore di lavoro rischia di incorrere in responsabilità di natura altresì penale, oltre che amministrativa.
 
Rievocata poi la funzione sussidiaria della procedura autorizzatoria prevista dall’art. 4, attivabile solo in assenza di rappresentanze sindacali a livello aziendale1 o di mancato accordo sindacale (che costituisce il percorso prescelto dal legislatore), nonché il divieto assoluto di controllo intenzionale a distanza, l’Istituto sottolinea la natura collettiva del bene tutelato, che rende dunque irrilevante l’eventuale consenso del dipendente acquisito dal datore di lavoro in via individuale e, di conseguenza, del trattamento di monitoraggio basato sul medesimo consenso, seppur informato2: consenso che, in ogni caso, non risulterebbe sufficiente a giustificare alcun trattamento di dati del lavoratore da parte del datore di lavoro, posto lo squilibrio di potere nelle rispettive posizioni contrattuali, che inficia a priori la formazione di una volontà libera3.
 
Specifiche indicazioni operative vengono poi fornite con riferimento alle aziende multi-localizzate, ossia aventi più unità produttive le quali, se ubicate tutte nell’ambito di competenza della medesima sede territoriale dell’INL, consentono la presentazione di un’unica istanza di autorizzazione al medesimo Ispettorato territorialmente competente, che a sua volta provvederà ad autorizzare o meno i diversi sistemi di videosorveglianza con un solo provvedimento amministrativo.
 
Diverso invece il caso in cui le varie unità produttive afferiscano ad ambiti di competenza facenti capo a diverse sedi territoriali dell’Ispettorato, ipotesi in cui il datore di lavoro potrà presentare istanza di autorizzazione alle singole strutture ispettive territoriali o, in alternativa, direttamente alla sede centrale dell’Ispettorato stesso, alla stregua peraltro di quanto avviene durante la prioritaria fase sindacale, nel corso della quale il datore potrà optare per la conclusione di singoli accordi con le distinte RSA/RSU oppure di un unico accordo sindacale da stipulare direttamente con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
 
L’Ispettorato, inoltre, si sofferma su due ipotesi particolari che, tuttavia, possono effettivamente concretizzarsi: da un lato, infatti, l’Istituto prende in esame il caso di una azienda di nuova costituzione, ancora priva di lavoratori e in fase di avviamento, la quale potrà però anticipare l’istanza di autorizzazione, senza dover attendere la prima assunzione, semplicemente indicando nella relativa domanda il numero di lavoratori che risulteranno in forza all’avvio dell’attività; dall’altro lato, invece, si assume come riferimento l’ipotesi di un’azienda già in esercizio e con un impianto legittimamente installato ma senza dipendenti e che, a fronte dell’imminente assunzione del primo lavoratore dipendente, potrà presentare la relativa istanza anche in un momento successivo alla suddetta assunzione, purché produca contestualmente l’attestazione che lo stesso impianto sarà disattivato fino alla data di eventuale autorizzazione.
 
I sistemi di geolocalizzazione
 
Constatato il crescente ricorso, negli ultimi anni, agli strumenti di geolocalizzazione in ambito lavorativo, e assodata l’indubbia rilevanza degli stessi in termini di efficientamento produttivo e organizzativo dell’azienda, l’INL riserva un importante spazio alla trattazione degli apparecchi in questione, dotati di notevoli capacità di memorizzazione e tracciamento dei dati raccolti, con significativi rischi per le istanze di tutela della privacy e della dignità del dipendente.
 
Richiamando quindi i numerosi provvedimenti del Garante succedutesi nel tempo in materia, l’Ispettorato impone in definitiva l’adozione di misure volte innanzitutto ad escludere il monitoraggio continuo del lavoratore, che potrà al contrario essere monitorato soltanto quando strettamente necessario rispetto alle finalità perseguite e, in secondo luogo, misure che consentano altresì la disattivazione del dispositivo durante i periodi di non lavoro e, possibilmente, la pseudonimizzazione dei dati raccolti onde evitare l’identificazione dei lavoratori coinvolti, ferma restando la necessità di una conservazione dei dati coerente e proporzionata agli obiettivi prefissati.
 
Data poi la crescente ricorrenza di tali strumenti anche in ambito commerciale, l’Istituto non risparmia dal rispetto di tali regole e, anzi, invita ad una maggiore attenzione alle stesse nel caso di trattamenti di dati effettuati per effetto di obblighi contrattuali assunti appunto nei confronti della stazione appaltante/committente: fermo restando il legittimo interesse di quest’ultima a conoscere l’andamento del servizio alla stessa spettante, il soggetto appaltatore non potrà comunque fornirle informazioni ultronee, ovvero che eccedono il perseguimento del suddetto legittimo interesse, limitandosi perciò a produrre le sole informazioni necessarie per il monitoraggio dell’attività oggetto di appalto, pena altrimenti l’inutilizzabilità dei dati raccolti ed evitando, come sempre, l’identificabilità dei dipendenti interessati4.
 
Al fine di catalizzare ulteriormente l’attenzione del datore alla normativa privacy, l’INL invita le sedi territoriali ispettive a integrare i provvedimenti autorizzatori con l’indicazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali che devono necessariamente essere rispettate, concludendo infine l’argomento “geolocalizzazione” con l’avvertenza che non è invece necessaria l’indicazione delle targhe dei veicoli sottoposti al controllo, dal momento che oggetto della procedura codeterminativa è lo strumento di controllo in sé e non il veicolo che lo reca.
 
La procedura codeterminativa rispetto a forme di lavoro non subordinato
 
Chiarito ulteriormente come l’adozione dell’impianto di videosorveglianza, quantunque obbligatoria per legge in alcuni settori5, non determini l’esonero dal rispetto della procedura codeterminativa fissata dall’art. 4 dello Statuto, l’INL indaga infine il rapporto e l’esigenza della medesima procedura con riferimento a forme di lavoro diverse dal lavoro subordinato dipendente.
 
Alcune riforme degli ultimi anni hanno infatti allargato il campo di applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche oltre il confine della subordinazione e dunque della etero-direzione, come nel caso delle c.d. Co.Co.Org., ovvero le collaborazioni che si concretano in prestazioni prevalentemente personali, continuative ed eseguite secondo modalità etero-organizzate appunto, alle quali sono estese le tutele previste generalmente per i lavoratori dipendenti6, fra cui quelle in materia di videosorveglianza e controlli a distanza in generale.
 
Se già in tali sfuggenti contorni poteva essere inquadrato il diffuso fenomeno dei c.d. “rider”, a fugare ogni dubbio circa la necessità di rispettare le norme statutarie in materia di videosorveglianza anche rispetto a questa “nuova” e crescente classe di fattorini interviene il Capo V-bis dello stesso D. Lgs. n. 81/2015, che impone l’applicazione della disciplina antidiscriminatoria e quella a tutela della libertà e della dignità del lavoratore ai «lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi» o simili e, dunque, anche il rispetto dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, coerentemente con le generali istanze di maggiore protezione dei rider, che dunque saranno tutelati da questo punto di vista anche se assunti con contratto di lavoro autonomo.
 
A diversa conclusione l’Ispettorato invece giunge con riferimento ai volontari, ovvero i soggetti che, ai sensi delle disposizioni del c.d. “Codice del Terzo Settore”, prestano la propria attività in favore della comunità per propria scelta, in forma del tutto libera e gratuita, senza fine di lucro, come tale non retribuita neppure dal diretto beneficiario, stante l’assoluta incompatibilità della figura in questione con qualunque forma di lavoro, autonomo o subordinato che sia (v. commi 2, 3 e 5 dell’art. 17, D. Lgs. n. 117/2007 c.d. “Codice del Terzo Settore”).
 
Se l’ordinamento risulta dunque chiaro nell’esclusione di ogni forma di lavoro nell’attività svolta dai volontari, l’Ispettorato Nazionale si è allora conformato al medesimo, escludendo l’applicazione della procedura codeterminativa ex art. 4 nell’ambito dei servizi di volontariato, ma comunque ammonendo circa il rispetto della stessa qualora assieme ai volontari operino altresì dei lavoratori subordinati, e invitando al costante e continuo rispetto della disciplina privacy anche rispetto ai volontari i quali, benché non siano lavoratori, risultano comunque essere dei soggetti interessati ai sensi della normativa sulla protezione dei dati personali, come tali da tutelare perciò contro le indebite invasioni alla propria privacy.
 
Andrea Tundo

Dottore di ricerca in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo

@tundo_andrea
 

1 RSA e/o RSU.

2 La stessa Nota in commento richiama la giurisprudenza della Cassazione Penale espressasi in tal senso, ovvero Cass. Pen, Sez. III, 08/05/2017 n. 22148; Cass. Pen., Sez. III, 17/12/2019 n. 50919; Cass. Pen., Sez. III, 17/01/2020, n. 1733.

3 Principio già fissato, con rare eccezioni, prima con l’Opinion n. 8/2001 e, poi, con l’Opinion 2/2017 dal Working Party art. 29, oggi Comitato Europeo per la Protezione dei Dati.

4 Coerentemente con il principio secondo cui è vietata la videosorveglianza qualora le immagini siano poi controllate da un soggetto diverso dal datore di lavoro, di recente ribadito dall’INL stesso con nota n. 7482 del 15 dicembre 2022 e, in giurisprudenza, dal TAR Lazio n. 15644 del 23 novembre 2022.

5 In particolare quello delle scommesse ma si pensi altresì al settore dell’assistenza ai disabili e ai minori o all’ambito artistico di musei o biblioteche.

6 V. art. 2, comma 1, D. Lgs. n. 81/2015 come novellato dal D.L. n. 101/2019 convertito con L. n. 128/2019.

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