Decreto rilancio, quella proroga forzosa dei contratti a tempo determinato di cui non si sentiva il bisogno

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Bollettino ADAPT 24 agosto 2020, n. 30 

 

Pochi istituti sembrano ispirare il legislatore come il contratto a tempo determinato, la cui disciplina è stata oggetto negli anni di molteplici riforme e controriforme, alle quali si sono affiancati o sovrapposti una miriade di interventi, ora di cesello, ora di accetta, che hanno finito per compromettere l’organicità del quadro normativo rendendo difficoltoso anche per gli addetti ai lavori orizzontarvisi.

 

Al destino sopra descritto non si sottrae il comma 1-bis, aggiunto all’articolo 93 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 dalla legge di conversione: «Il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19».

 

Si tratta di una proroga “forzosa”, pari al periodo di sospensione o riduzione dell’orario derivanti dal ricorso a trattamenti di integrazione salariale a causa dell’emergenza epidemiologica, che riguarda oltre ai contratti a tempo determinato, l’apprendistato c.d. di primo livello, l’apprendistato di alta formazione e ricerca e la somministrazione a tempo determinato.

 

Tuttavia, se per i contratti di apprendistato la disposizione sembra rientrare nell’alveo di quanto già previsto, per l’apprendistato professionalizzante, dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015, ben altri dilemmi interpretativi sorgono per quanto riguarda contratto a termine e somministrazione.

 

A meno che il legislatore non abbia inteso tipizzare un ulteriore caso di prorogabilità dei contratti a tempo determinato, che va ad aggiungersi ai casi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2015, sono evidenti i profili di problematicità legati alla rigidità e alla tassatività connessi al prolungarsi di un rapporto che per definizione si instaura a fronte di esigenze temporanee e viene a prolungarsi oltre le contingenze che lo hanno originato.

 

Dalla sostituzione di lavoratori assenti alla stagionalità, sono molteplici i casi in cui la nuova disciplina finirebbe con comportare ulteriori, incomprensibili, oneri a carico dei datori di lavoro oltre al rischio di contenzioso.

 

La complessità della materia, unita alla formulazione della disposizione, fanno ritenere difficile risolvere per via interpretativa i numerosi dubbi che il comma 1-bis solleva. Parafrasando il celebre aforisma kantiano, da questo legno storto nulla di perfettamente dritto potrà venire fuori.

 

Stando alle notizie più recenti, sembra che nel provvedimento allo studio da partner del Governo che dovrebbe vedere la luce nel mese di agosto possa essere inclusa la cancellazione, fino a dicembre, dell’obbligo di indicare una causale in caso di rinnovo dei contratti a termine. Non è ancora chiaro come e se questa disposizione si coordinerà con la proroga forzosa di cui sopra.

 

Certo non sono frequenti i casi in cui il legislatore, rendendosi conto dell’inapplicabilità concreta di una disposizione ne deliberi la revoca immediata. Non sono frequenti, ma questo potrebbe essere uno di quei rari casi.

 

Angelo Giuseppe Candido

Capo servizio sindacale di Federalberghi

@angelocandido

 

Decreto rilancio, quella proroga forzosa dei contratti a tempo determinato di cui non si sentiva il bisogno
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