Siglato l’Accordo-Quadro per la protezione sociale del lavoratore transfrontaliero da remoto

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Bollettino ADAPT 29 gennaio 2024 n. 4
 
Vista la crescente internazionalizzazione delle imprese e la necessità di reperire profili di elevata professionalità in grado di operare non solamente entro il perimetro aziendale ed i confini nazionali, è evidente come le stesse si avvarranno in quota non irrilevante di prestazioni di lavoro rese con profili di extra-territorialità e da remoto.
 
Ad oggi né l’ordinamento italiano né la normativa UE presentano disposizioni organiche e specifiche in materia di lavoro agile, o meglio di telelavoro – secondo la terminologia utilizzata in ambito comunitario –, per di più se reso in regime di transnazionalità, ovvero da parte di un lavoratore dipendente di una società di uno Stato membro la cui prestazione di lavoro agile è resa in uno Stato differente.
 
Invero, con riferimento allo specifico tema della protezione sociale – cioè l’assoggettamento contributivo e la continuità degli elementi previdenziali per i lavoratori comunitari – conosciamo il Regolamento UE n. 883/2004 (seguito dal Regolamento di attuazione n. 987/2009). In estrema sintesi (per un approfondimento si rimanda al nostro paper Il lavoro agile all’estero. Profili lavoristici e previdenziali) in quella sede è previsto come «La persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta: a) alla legislazione dello Stato membro di residenza, se esercita una parte sostanziale della sua attività in tale Stato membro o se dipende da più imprese o da più datori di lavoro aventi la propria sede o il proprio domicilio in diversi Stati membri; oppure b) alla legislazione dello Stato membro in cui l’impresa o il datore di lavoro che la occupa ha la sua sede o il suo domicilio, se essa non esercita una parte sostanziale delle sue attività nello Stato membro di residenza» (art. 13, par. 1). Essendo poi stato chiarito come, per parte sostanziale dell’attività svolta in uno o in un diverso Stato membro, doveva intendersi una prestazione ivi resa per almeno il 25% del tempo di lavoro nell’anno. 
 
Ciò comportava, di fatto, l’assoggettamento alla disciplina previdenziale dello Stato di residenza – diverso da quello di sede del datore di lavoro – del lavoratore subordinato da remoto, in casi assai frequenti, essendo la soglia particolarmente bassa. Implicando con ciò notevoli problematiche, anche pratiche-operative, di gestione di simili rapporti di lavoro.
 
L’art. 16 del Regolamento del 2004 prevedeva però la possibilità, tramite appositi accordi amministrativi da siglare tra i Paesi, di intervenire su tali criteri. In questo senso è intervento l’Accordo-Quadro siglato anche dal nostro Paese lo scorso 28 dicembre (Framework Agreement on the application of Article 16 (1) of Regulation (EC) No. 883/2004 in cases of habitual cross-border telework), che prevede come per prestazioni rese in più Stati membri la soglia di “abitualità” utile all’assoggettamento alla normativa di sicurezza sociale dello Stato di residenza del lavoratore da remoto dipendente di azienda ubicata in altro Paese UE sia elevata al 50%, consentendo così di mantenere – su richiesta di una delle due parti del rapporto di lavoro – la legislazione applicabile al rapporto di lavoro in base allo “Stato datoriale”. 
 
Si pensi, ad esempio, al caso di dipendente francese di azienda italiana, normalmente presente sul nostro territorio, che dietro accordo con la società per ragioni di conciliazione vita/lavoro o per specifica attività e mercato d’interesse svolge buona parte (ma non tutta) della sua attività nel suo Stato di residenza.
 
Ciò significa, da un lato, maggiore certezza del diritto e di gestione da parte aziendale del segmento previdenziale della disciplina del rapporto di lavoro e dall’altro, per il lavoratore – specie se normalmente impiegato nel diverso Stato membro in cui ha la sede di lavoro – di mantenere la continuità del versamento contributivo presso il medesimo Ente previdenziale.
 
L’accordo amministrativo in commento, non v’è dubbio, è un passaggio non di poco conto nel processo di continuo adattamento delle regole comunitarie alle tendenze e relative esigenze del nuovo mercato del lavoro, e segue di alcuni mesi un altro chiarimento, sul piano invece della fiscalità, secondo i chiarimenti prodotti dall’Agenzia delle Entrate, con sua circolare n. 25/E del 18 agosto 2023.
 
Occorrerà dunque, per ogni singolo caso, coordinare le disposizioni in materia tributaria con quelle in materia di sicurezza sociale e legge applicabile, così da evitare difficoltà applicative, rischi di contenzioso con il lavoratore e con gli Enti destinatari dei singoli Stati membri.

 
Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

@MarcoMenegotto

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