Messico: riforma storica per regolare il lavoro sulle piattaforme digitali
| di Lavinia Serrani
Bollettino ADAPT 3 giugno 2025, n. 21
Il 24 dicembre 2024 il Messico ha varato una importante riforma, introducendo nella Ley Federal del Trabajo (LFT) un nuovo capitolo diretto a disciplinare il lavoro su piattaforma digitale (vedi il Decreto por el que se adicionan diversas disposiciones de la Ley Federal del Trabajo, en materia de Plataformas Digitales, pubblicato nel Diario Oficial de la Federación in data 24/12/2024). La riforma, che entrerà in vigore a partire dal 22 giugno 2025, mira a tutelare i diritti dei lavoratori digitali e a chiarire gli obblighi delle imprese.
Con la terminologia di «persona che lavora mediante piattaforme digitali», la normativa si riferisce a chi, prestando servizio in modo personale, retribuito e subordinato tramite una piattaforma digitale, generi un reddito netto mensile pari ad almeno un salario minimo mensile vigente nella Città del Messico ($8.364,00 pesos mensili per il 2025, equivalenti a 382,6 euro), indipendentemente dal tempo effettivamente lavorato. L’obiettivo è quello di offrire condizioni di lavoro dignitose agli oltre 658.000 collaboratori delle piattaforme, dei quali 272.000 percepiscono un reddito pari o superiore al salario minimo mensile. Saranno, invece, considerati lavoratori autonomi coloro che non raggiungeranno tale soglia; tuttavia, anche questi ultimi avranno copertura contro i rischi sul lavoro durante il periodo effettivamente lavorato.
Uno degli aspetti più importanti della riforma, difatti, è proprio l’obbligo per le piattaforme di iscrivere i lavoratori ai regimi dell’IMSS (Instituto Mexicano del Seguro Social) e dell’INFONAVIT (Instituto del Fondo Nacional de la Vivienda para los Trabajadores), coprendo, così, i rischi lavorativi e garantendo l’accesso a prestazioni sanitarie e abitative.
Il conseguimento della considerazione di lavoratori subordinati, non li priva, tuttavia, della flessibilità consistente nella scelta dei propri orari di lavoro, potendo connettersi e disconnettersi a seconda delle proprie esigenze. Effettivamente la legge, riconoscendo la natura singolare del lavoro tramite piattaforma, limita il rapporto di lavoro al «tempo effettivamente lavorato» (dal momento dell’accettazione dell’incarico alla sua conclusione).
La retribuzione, di conseguenza, si baserà sul numero di incarichi svolti e dovrà includere proporzionalmente riposi, ferie e indennità, garantendo costi di struttura prevedibili per i datori di lavoro. Si prevede, poi, che il salario per ogni incarico o servizio svolto sia pagato settimanalmente e che le mance siano escluse dal calcolo dei contributi per la sicurezza sociale.
Si stabilisce, inoltre, che il contratto di lavoro dovrà essere registrato e approvato dal Centro Federal de Conciliación y Registro Laboral, potrà essere firmato in modalità digitale e dovrà includere ogni dettaglio su retribuzione, strumenti di lavoro, condizioni di sicurezza, meccanismi di supervisione e regole per la gestione algoritmica.
È previsto l’obbligo, difatti, in capo al datore di lavoro, di creare e condividere le politiche algoritmiche che regolano l’assegnazione degli incarichi e le valutazioni delle prestazioni. Dette politiche dovranno essere comunicate ai lavoratori sin dall’inizio del rapporto e ogni modifica dovrà essere tempestivamente comunicata e accettata dai lavoratori, giacché gli stessi hanno diritto a conoscere le regole, le valutazioni, gli incentivi e le penalizzazioni che influiscono sulla loro attività. Si ritiene, in effetti, che politiche algoritmiche trasparenti e pratiche eque, possano rafforzare la fiducia nel marchio e attrarre talenti, offrendo un vantaggio competitivo a chi rispetta la legge.
La riforma stabilisce altresì, per i lavoratori con oltre 288 ore effettivamente lavorate in un anno, il diritto a partecipare agli utili, prevedendo a tal fine un fattore specifico per il relativo calcolo. È questa una disposizione che, in sostanza, avvicina il lavoro tramite piattaforme alle strutture occupazionali tradizionali.
Si chiarisce, inoltre, che tra i doveri i datori di lavoro vi siano quelli di rispettare solidi protocolli per la protezione dei dati personali, implementando sistemi che garantiscano la sicurezza delle informazioni; prevedere meccanismi di formazione, addestramento e consulenza per garantire un corretto utilizzo e adattamento alle piattaforme digitali; informare sulle misure di salute e sicurezza sul lavoro che i lavoratori delle piattaforme sono tenuti a rispettare; istituire meccanismi specifici per la gestione e il monitoraggio di reclami o denunce interne da parte dei lavoratori delle piattaforme digitali e comunicare loro il compenso che riceveranno per ogni incarico; stabilire meccanismi per la registrazione delle ore lavorate e dei tempi di attesa; rispettare la disconnessione digitale al di fuori dell’orario di lavoro; emettere settimanalmente ricevute di pagamento per i servizi resi; iscrivere i lavoratori all’IMSS (Instituto Mexicano del Seguro Social) e all’INFONAVIT (Instituto del Fondo Nacional de la Vivienda para los Trabajadores).
Si precisa, altresì, che è vietato ai datori di lavoro addebitare costi ai lavoratori per la registrazione o l’uso della piattaforma; assumere minori o simulare rapporti di lavoro per evitare obblighi fiscali o sociali; manipolare i redditi per evitare che i lavoratori raggiungano la soglia che li classifica come dipendenti.
In caso di violazione di queste nuove disposizioni, le aziende proprietarie delle piattaforme digitali potranno essere sanzionate con multe da 250 a 25.000 UMA (Unidad de Medida y Actualización), equivalenti a un minimo di $27,142.50 e un massimo di $2,714,250.00 pesos (in euro: da 1.241,48 a 124.148,00). Le sanzioni più elevate riguardano la mancata registrazione del modello contrattuale e la mancata pubblicazione delle modifiche nelle politiche algoritmiche e nelle regole di disconnessione.
I datori di lavoro, tuttavia, non sono tenuti a reintegrare i lavoratori licenziati, salvo nei casi che riguardino la violazione di diritti collettivi, come la libertà di associazione, l’autonomia sindacale, il diritto di sciopero e la contrattazione collettiva. La cessazione del rapporto di lavoro comporta il pagamento di un’indennità, consistente in tre mesi di salario più 20 giorni per ogni anno di servizio. Tuttavia, se un lavoratore rimane inattivo per 30 giorni consecutivi, la legge prevede la cessazione automatica del rapporto di lavoro. Vengono introdotte, inoltre, nuove cause di licenziamento senza responsabilità per il datore di lavoro, tra cui comportamenti dei lavoratori che compromettano la sicurezza o la privacy degli utenti delle piattaforme digitali, così come l’inadempimento ingiustificato dei compiti assegnati o delle istruzioni afferenti il lavoro.
Si tratta di una riforma fortemente voluta dai sindacati, in particolare dal sindacato UNTA (Unión Nacional de Trabajadores por Aplicación), promotore della proposta e del progetto. Come ha affermato Pedro Guerra, segretario UNTA, «la riforma del lavoro che regola il lavoro tramite piattaforme digitali, approvata lo scorso dicembre in Messico, rappresenta un passo storico per il riconoscimento dei diritti di fattorini e autisti». E continua: «Uber è arrivata nel 2013, e da allora è cresciuta senza alcuna reale responsabilità lavorativa». Difatti, aziende come Uber, DiDi, Rappi e InDriver operano nel Paese da oltre dieci anni e, anche se dalla pandemia in poi il lavoro di consegna è diventato essenziale, i diritti dei lavoratori del settore sono rimasti totalmente privi di protezione.
Sebbene la riforma sia da accogliere con favore, l’organizzazione sindacale avverte, tuttavia, che alcuni aspetti della stessa possono risultare regressivi o creare ambiguità pericolose: «ci preoccupa che la legge riconosca come orario di lavoro solo il tempo in cui si ha un ordine attivo, ignorando il tempo in cui i lavoratori sono connessi e disponibili», prosegue Guerra. Secondo il sindacalista, questa interpretazione lascia senza retribuzione una parte significativa dell’orario di lavoro, contravvenendo a quanto stabilito dalla Legge Federale del Lavoro.
Un altro punto critico è la fornitura degli strumenti di lavoro. Mentre la legge nazionale stabilisce che debbano essere forniti dai datori di lavoro, «la riforma demanda questa responsabilità ai lavoratori stessi, violando principi fondamentali del diritto del lavoro messicano», ha aggiunto in segretario.
La riforma, ad ogni modo, non è ancora entrata in vigore. Lo sarà a partire dal prossimo 22 giugno 2025, e i datori di lavoro dovranno adeguare le proprie attività alle nuove norme. Nei cinque giorni successivi, l’IMSS (Instituto Mexicano del Seguro Social) dovrà pubblicare le regole di carattere generale che garantiscano il rispetto degli obblighi contenuti nella legge attraverso un programma pilota obbligatorio. Successivamente, lo stesso Istituto avrà 180 giorni aggiuntivi per presentare emendamenti al Congresso e definire nel dettaglio quelle regole di carattere generale. Anche INFONAVIT (Instituto del Fondo Nacional de la Vivienda para los Trabajadores) parteciperà ai dibattiti.
La riforma, in linea con la tendenza europea e globale a regolamentare il lavoro tramite piattaforme, rappresenta, dunque, un passo cruciale verso la modernizzazione dei diritti lavorativi in Messico. Tuttavia, rimangono aperte sfide significative per le imprese, chiamate a rivedere contratti, sistemi interni e a garantire la piena conformità durante i sei mesi di transizione che stanno per aprirsi.
Ricercatrice ADAPT
Responsabile Area Ispanofona
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