Le attuali posizioni del Ministero del Lavoro in materia di volontariato

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 28 marzo 2022, n. 12
 
Una premessa
 
Il volontariato fa parte di quel “lavoro senza contratto” che si discosta dai tradizionali parametri riconducibili al lavoro subordinato e autonomo. Questo tipo di apporto lavorativo è, infatti, svolto a titolo libero e gratuito, con un mero fine solidaristico in favore della comunità e del bene comune, in assoluta assenza quindi di una qualsiasi finalità lucrativa, diretta o indiretta che sia. Tali presupposti, in buona sostanza, spingono la prestazione di lavoro in oggetto lontano dagli ordinari concetti di corrispettività o dovere di resa di una prestazione od opera, questi ultimi immediatamente riconducibili agli artt. 2094 e 2222 cod.civ., potendosi pertanto individuare un diverso tipo di corrispettivo identificabile in una semplice gratificazione, se non arricchimento, personale.
 
Nel dettaglio, la disciplina del volontariato è contenuta nel d.lgs n. 117/2017, cd. “Codice del Terzo settore”, che individua la figura del volontario e dell’attività di volontariato, legandola generalmente agli enti del terzo settore. Invero, preme chiarire che la possibilità di rendere del lavoro volontario gratuito non può essere a priori relegata unicamente agli enti del predetto settore: pare certamente ammissibile, se non anche auspicabile, ad esempio, la resa di volontariato in forma individuale.
 
In particolare, tra gli aspetti più importanti, il d.lgs n. 117/2017 sancisce che:

– L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario (art. 17, comma 3);

– Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario (art. 17, comma 2);

– Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi (art. 18, comma 1);

– La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario e’ socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli operatori che prestano attività di soccorso per le organizzazioni di cui all’articolo 76 della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, della Provincia autonoma di Bolzano e di cui all’articolo 55-bis della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23, della Provincia autonoma di Trento (art. 17, comma 5, così come integrato dall’art. 5, comma 1, lett. a) del d.lgs n. 105/2018, e salvo quanto previsto all’art. 36 del medesimo decreto, per le associazioni di promozione sociale di cui all’art. 35, d.lgs n. 117/2017).
 
Com’è noto, la dottrina ha espresso più volte le sue perplessità circa la reale portata ed efficacia del succitato intervento normativo, lamentando una insufficiente, approssimativa, e dagli sfumati confini, regolamentazione della materia, in particolar modo per l’eccessivo riferimento agli enti del terzo settore, se non anche per l’assenza di specifiche sanzioni in relazione a determinati inadempimenti (tra cui, a titolo esemplificativo, quelli riferibili all’art. 33, d.lgs n. 117/2017).
 
Quanto sopra appare, in tutta evidenza, incongruo, posto che, come difficilmente confutabile, il fulcro della riflessione (e della tutela) dovrebbe convergere non tanto sul terzo settore in senso stretto, quanto, più in generale, sui “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e sull’“effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione […] sociale del Paese”, di cui agli artt. 2 e 3, Cost: essenza del volontariato.
 
Peraltro, non può essere dimenticata, e non evidenziata, l’acclarata ed innegabile importanza che il fenomeno riveste nella nostra società; importanza riconosciuta esplicitamente dal Legislatore, posto che l’art. 2, d.lgs n. 117/2017 riconosce “il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo […]”, ma forse non attuata adeguatamente.
 
Anche per i motivi sopra esposti, quindi, non si può che accogliere con grande interesse qualsiasi ulteriore intervento chiarificatore in materia, ancorché di prassi amministrativa. Da qui sorge pertanto l’esigenza di analizzare la recente nota n. 34/4011 del 10 marzo 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
 
La nota n. 34/4011 del 10 marzo 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
 
Tramite la nota n. 34/4011 del 10 marzo 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali consegna alcune preziose indicazioni in tema di volontariato, in particolar modo con riferimento al regime di incompatibilità tra volontariato e rapporto di lavoro, invero prestando il fianco ad alcune sostanziali riflessioni.
 
La nota in primis si pone l’obiettivo di rispondere al seguente quesito: “se il rapporto di lavoro intercorrente tra un determinato soggetto e un Comitato Regionale [**] sia o meno compatibile con l’attività che il medesimo soggetto svolga in qualità di volontario presso [un ente di base] o un Comitato Regionale [**] di diversa Regione appartenente alla medesima rete nazionale, considerata la distinzione esistente tra il datore di lavoro e l’ente presso il quale il volontario opera e la reciproca autonomia”.
 
E, successivamente, si richiama alle disposizioni di cui all’art. 17, comma 5, del d.lgs n. 117/2017, precedentemente esposto, così come integrate dall’art. 5, comma 1, lett a) del d.lgs n. 105/2018.
 
In particolare, è coerentemente chiarito che le predette disposizioni debbano essere lette secondo il più ampio inquadramento fornito dai commi 2 e 3 del medesimo articolo, potendosi quindi identificare un divieto, per il volontario nei confronti del medesimo ente, di prestare “qualsiasi rapporto di lavoro” da concepirsi ad ampio raggio, ovvero comprendente anche quei rapporti acontrattuali che prevedano indennità retributive e/o rimborsi spese che si scontrerebbero con il divieto sancito di “rimborsi spese di tipo forfetario” di cui al comma 3. Infatti, come enunciato, uno dei primissimi obiettivi della norma deve essere rappresentato dalla pura libertà del volontario (quindi in assoluto una libertà non condizionata, tantomeno da una situazione di bisogno) di rendere la prestazione di lavoro in forma gratuita.
 
D’altro canto, alcuni ulteriori chiarimenti contenuti nella nota proiettano ombre di incertezza su come il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali concepisca il volontariato, in particolare sul bilanciamento degli interessi in gioco, lasciando adito a dubbi. Si fa riferimento, nello specifico, al periodo seguente: “Il volontario (come evidenziato anche dalla Corte dei conti nella deliberazione sez. autonomie n. 26 del 24/11/2017) deve potersi sentire sempre libero di recedere dalla propria scelta, revocando in qualsiasi momento la disponibilità dimostrata, senza condizioni o penali, poiché la sua attività risponde esclusivamente ad un vincolo morale”.
 
Ebbene, tale chiarimento appare presumibilmente incompleto, posto che, come la nota lascia trasparire richiamandosi unicamente ad un vincolo morale per il volontario, sembrerebbe possibile una revoca “illimitata” nelle modalità ma soprattutto nel tempo, che non tenga quindi conto del “neminem laedere” già evidenziato dalla giurisprudenza, ma anche del criterio di buona fede di cui all’art. 1375 cod.civ, difficilmente (come già chiarito in dottrina) non applicabile anche all’opera di volontariato. In tal senso, anche una puntualizzazione “nero su bianco” da parte della prassi amministrativa non parrebbe irrilevante, ma al contrario assai utile.
 
Da ultimo, la nota consegna la risposta al suindicato quesito, dando delle utili indicazioni per gli operatori e studiosi del settore: “sotto il profilo formale non appare ravvisabile una situazione di contrarietà della situazione prospettata nel quesito rispetto al dettato dell’art. 17, comma 5 del Codice del Terzo settore, considerato che l’ente datore di lavoro e l’ente che si avvale dell’operato volontario, con riferimento alla medesima persona, risultano a tutti gli effetti soggetti distinti e separati”.
 
Alcune considerazioni finali
 
La dottrina, per il settore, più volte ha parlato di una regolamentazione sviluppatasi prevalentemente (e forse necessariamente) praeter legem, anche per il tramite di importanti indirizzi giurisprudenziali (tra cui Corte dei conti 24 novembre 2017, n. 26 e Cass. 26 gennaio 2009, n. 1833).
 
Ebbene, i drammatici avvenimenti che, in questi giorni difficili, non solo insopportabilmente (e prima di tutto) torturano con un colpo di cannone le genti e i loro diritti, ma che, in aggiunta, mortificano e umiliano anche l’impegno di chi, certamente lontano e immerso in una realtà ben più semplice, riflette su quelle che sono ormai sottili sfumature di un diritto maturo ritenuto scontato (forse ingenuamente), non facciano dimenticare che il futuro del volontariato si decide anche adesso.
 
Sulla scorta, infatti, di questi tragici momenti che consegnano molteplici possibilità di aiutare il prossimo, salvare chi fugge dal conflitto, tramite una prestazione di volontariato, risulta chiaro come il pervenimento del “bene comune” e la solidarietà debbano rimanere una fondamentale pedina della disciplina, nella certamente persistente necessità di tutelare il volontario e la sua opera libera, non dimenticando però quel permeante “neminem laedere” di fondamentale importanza, la cui incidenza pare da meglio spiegare, a maggior ragione oggi.
 
E se tale compito, e similari compiti, sono certamente da rimettere al Legislatore e anche alla utile prassi amministrativa, non si scordi che il volontariato nasce innanzitutto come “dato fattuale preesistente”, assai studiato dai giuslavoristi, i quali mantengono indubbiamente “il compito di cogliere limiti e prospettare rimedi per far prevalere le espressioni della solidarietà e dei valori […]” (L. Menghini, Nuovi valori costituzionali e volontariato, Giuffrè, 1989).
 

Marco Tuscano

Consulente del lavoro

@MarcoTuscano

Le attuali posizioni del Ministero del Lavoro in materia di volontariato