Lavoratori con disordini mentali in un mondo digitalizzato: sfide, opportunità e bisogni 

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Bollettino ADAPT 26 febbraio 2024, n. 8

 

Lo studio dell’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro dal titolo “Workers with mental disorders in a digitalised world of work: challenges, opportunities and needs” affronta il delicatissimo tema dei lavoratori con disturbi mentali nel contesto delle nuove modalità di lavoro e in particolare della digitalizzazione del lavoro.
 

Quando parliamo di problemi legati alle condizioni di salute mentale, possiamo riferirci a disturbi mentali (come le malattie mentali) o a condizioni “lievi” come disadattamento psico-emotivo o stress/distress psicologico, sia legati al lavoro sia non legati al lavoro.

 

Secondo il “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” dell’American Psychiatric Association (2013) un disturbo mentale (o malattia mentale o disturbo psichiatrico) è una sindrome che influenza in modo significativo il pensiero, i sentimenti, l’umore e il comportamento individuale. I disturbi mentali possono essere temporanei, come i disturbi da stress post-traumatico, o di lunga durata, come i disturbi della personalità e la schizofrenia.

Sebbene le persone con alcuni disturbi mentali possano presentare aree di buon funzionamento, in generale vengono segnalati disagio e sfide significative nelle attività sociali (o lavorative) e nella gestione della vita quotidiana.
 

Il numero esatto di lavoratori con disturbo mentale è difficile da calcolare, in considerazione anche del fatto che questi lavoratori non sono tenuti a rivelare la loro malattia, per motivi di privacy.

Sussiste chiaramente anche un grande problema di stigmatizzazione della persona e del lavoratore a cui venga fatta una diagnosi di disordine mentale. I lavoratori citano una riluttanza a formalizzare la questione, per il timore di conseguenze negative.

 

Inoltre il rapporto dell’ILO sulla salute mentale risalente al 2017, Mental Health at Work Report 2017. National Employee Mental Wellbeing Survey Findings, 2017 aveva evidenziato un altro aspetto problematico, ossia che addirittura meno del 25% dei manager riceve una formazione sulla salute mentale dei lavoratori. Invece questa formazione sarebbe quantomai necessaria per aiutare i responsabili a capire come i fattori di stress lavorativo influiscano anche sulla salute mentale.

È difficile valutare la prevalenza dei disturbi mentali nella forza lavoro e i dati disponibili probabilmente ci portano a sottovalutare la portata del problema.

 

Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) (UE27 + Regno Unito), nel 2021 circa il 20% della popolazione in età lavorativa soffriva di una malattia in un dato momento (The European House Ambrosetti, 2021), mentre in un altro studio europeo del 2018 questa percentuale arrivava fino al 27%, ovvero circa 80 milioni di persone (OCSE/Unione Europea, 2018).

 

Il fattore di rischio più spesso menzionato è stato la pressione temporale o il sovraccarico di lavoro, seguito dai lavori che implicano la gestione del pubblico e dall’insicurezza del lavoro.

Altre analisi hanno esaminato i disturbi della salute e i fenomeni associati come il presenteismo e l’assenteismo. Presenteismo significa essere al lavoro, nonostante uno stato di malattia, con prestazioni ridotte o con la sensazione di ottenere meno di quanto desiderato a causa di problemi di salute mentale. Questo fenomeno è da due a tre volte più probabile che si verifichi per i lavoratori con disordini mentali.

Poi si pongono le questioni dell’assenteismo e delle assenze per malattia. I dati mostrano che dal 20% al 40% di tutti i lavoratori affetti da malattie mentali da moderate a gravi sono stati assenti dal lavoro nelle ultime quattro settimane.

 

Altre analisi hanno dimostrato che nel corso degli anni sono aumentati i congedi per malattia o il pensionamento anticipato dovuti a problemi di salute mentale.

La maggioranza degli intervistati concorda sul fatto che rivelare una condizione di salute mentale avrebbe un impatto negativo sulla propria carriera, ad esempio in Italia (63%) , Grecia e Francia (68%).

 

Il motivo principale della divulgazione della malattia è, al contrario, chiedere una riassegnazione o un adattamento del lavoro per ottenere risultati migliori sul lavoro. Cambiare lavoro, luogo di lavoro o il modo in cui vengono svolte le cose può consentire a un individuo a cui sia stato diagnosticato un disturbo mentale di fargli avere un’opportunità di lavoro adeguata.

Il fatto di non rivelare una malattia mentale può essere legato alla vergogna e allo stigma nei confronti dei medici, alla paura di perdere opportunità di assunzione o di promozione, tutela della propria privacy, paura di reazioni negative da parte di datori di lavoro o colleghi, paura di ricevere standard di valutazione diversi (e inferiori).

 

Quando si parla di stigmatizzazione, si fa riferimento poi ad un fenomeno complesso composto da tre dimensioni: conoscenza (ignoranza o disinformazione), atteggiamenti (pregiudizio) e comportamenti (discriminazione).

I professionisti della medicina del lavoro possono svolgere un ruolo chiave nel facilitare i dipendenti nel divulgare il proprio disturbo mentale e concordare richieste ragionevoli in linea con le preferenze personali, i requisiti legali e le richieste dell’organizzazione di lavoro.

Uno studio del 2021 (Santomauro e altri, Global prevalence and burden of depressive and anxiety disorders in 204 countries and territories in 2020 due to the COVID-19 pandemic. The Lancet, 398(10312), 1700–1712.  2021) ha rilevato che la diminuzione nella mobilità umana e il tasso giornaliero di infezione da SARS-CoV-2 erano significativamente associati a una prevalenza più elevata del disturbo depressivo maggiore e del disturbo d’ansia. In particolare, dopo l’adeguamento per la pandemia di COVID-19, la prevalenza stimata del disturbo depressivo maggiore è passata da 193 milioni di persone a 246 milioni di persone, con una crescita del 27,6% di nuovi casi.

 

Nonostante le sfide specifiche che questi individui neurodiversi possono incontrare sul posto di lavoro o mentre lavorano svolgendo determinati compiti, essi possono diventare punti di forza preziosi e unici per un’azienda con adeguate competenze e adeguati adattamenti (Brinzea, Encouraging Neurodiversity In The Evolving Workforce – The Next Frontier To A Diverse Workplace. Scientific Bulletin – Economic Sciences, University of Pitesti, 18(3), 13-25, 2019).

 

Tuttavia, affrontare la neurodiversità sul posto di lavoro presenta anche delle sfide, tra cui la necessità di adottare misure adeguate oltre a sistemazioni e sostegno adeguati per i dipendenti neurodiversi.

Ad esempio, le persone con ASD (spettro dell’autismo) possono trarre beneficio da una comunicazione chiara ed esplicita, da ambienti di lavoro strutturati e sensoriali.  Le persone con deficit di attenzione, iperattività o dislessia, possono trarre beneficio da orari di lavoro flessibili, aspettative chiare e rinforzo positivo. Gli individui dislessici possono beneficiare di tecnologie assistive e sistemazioni per compiti di lettura e scrittura.

 

Per quanto riguarda le sfide e le opportunità aperte, bisogna considerare che, al di là dello stigma, le persone potrebbero incontrare difficoltà nel recupero e reinserimento lavorativo dopo un episodio acuto, potrebbero rifiutare un lavoro a causa del loro disturbo mentale, o si astengono dal cercare lavoro perché anticipano la discriminazione.  

Inoltre, i lavoratori affetti da disturbi mentali potrebbero essere più suscettibili al disagio legato alle prestazioni lavorative e alla produttività, alle scadenze, alle acquisizioni di nuove competenze, allo svolgimento di lavori multitasking o lavoro in team, poiché potrebbero essere più inclini a problemi relazionali.

L’opportunità per i datori di lavoro è quella di sostenere l’occupazione delle persone con disturbi mentali con programmi adattati alle loro esigenze, aiutarli a ottenere, mantenere ed eccellere nei posti di lavoro. In questo modo, i datori di lavoro potrebbero supportare personale competente, capace e forza lavoro diversificata, ma produttiva. Ad esempio, le persone con disturbo bipolare sono note per essere altamente creative ed innovative, mentre le persone con disturbi d’ansia sono spesso molto precise e scrupolose.

 

Per quanto riguarda l’impatto della digitalizzazione in relazione al tema dei lavoratori con disturbi mentali, appare che essa possa appianare certi problemi relazionali come la rabbia, aspettative irrealistiche o frustrazioni, e le manipolazioni relazionali che sono presenti in quasi tutti i disturbi della personalità. E’ anche vero che la comunicazione mediata dai mezzi digitali può proteggere dai contatti relazionali, ma può esporre a comunicazioni intrusive (ad esempio chat aziendali) , soprattutto per  alcune persone con alcune tipologie di disturbi mentali non in grado di mantenere chiari confini tra vita lavorativa e vita privata.

Ad esempio, i lavoratori con alcuni tipi di disturbi mentali come la psicosi o alcune forme di disturbi d’ansia possono mostrare comportamenti impulsivi di iper-controllo della comunicazione.

Al contrario, le persone con tratti di personalità schizoidi si sentono sicure quando svolgono lavoro digitale in isolamento e possono percepire le e-mail o le chat come disturbanti intrusioni.

 

Al contrario, quando i carichi di lavoro sono eccessivi, proprio perché le richieste arrivano in versione digitale (ad esempio via e-mail) senza la mediazione della relazione umana, le persone con disturbi mentali possono sperimentare “reazioni di crisi”, si sentono troppo schiacciate e mostrano reazioni impulsive come rinunciare a tutto o smettere. In questi casi è importante, ad esempio, fare un piano su misura in base alle esigenze del lavoratore con obiettivi realistici che possano essere raggiunti in tempo. Pertanto, quando si esamina il rapporto dei lavoratori con disturbi mentali con la digitalizzazione, potrebbe essere utile adottare una prospettiva individualizzata basata sulle fragilità e sulle risorse di ciascuna persona (o categoria di disturbo mentale).

 

Si ricordi che, per quanto riguarda lo stretto ambito della salute e sicurezza sul lavoro, la strategia dell’Unione Europea per i diritti delle persone con disabilità e la Comunicazione su “Un approccio Globale alla Salute Mentale” mira ad attuare ulteriori azioni a sostegno dell’effettivo inserimento delle persone con disturbi mentali, sia a livello generale, sia nel contesto lavorativo.

 

A livello pratico, è importante essere in grado di riconoscere tempestivamente i problemi di salute mentale tra i lavoratori, anche in relazione alle problematiche psico-emotive più “lievi”, nonché legate a fasi che conducono a non lavorare, correlate sempre al disturbo mentale, il tutto con l’obiettivo di prevenire il più possibile eventuali difficoltà.

 

Spesso, per mancanza degli strumenti specifici disponibili e a causa di una sottovalutazione di fondo, i rischi mentali non sono sufficientemente indagati dal medico del lavoro durante la sorveglianza sanitaria, soprattutto se il lavoratore tende a occultare il disturbo o è ignaro del suo disturbo.

Il medico del lavoro dovrebbe poter valutare disturbi mentali come disturbi della qualità del sonno, dipendenza da qualsiasi tipo di sostanza, segni di somatizzazione degli stati d’ansia. Una volta individuato il problema, occorre che sia lo specialista ad individuare misure preventive e di reinserimento.

 

Si può affermare che la digitalizzazione abbia portato conseguenze sia positive che negative.

In positivo va notato che la digitalizzazione del mercato del lavoro ha portato a una maggiore flessibilità, autonomia e a un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Una nota negativa è la sfuocatura del confine tra lavoro e vita privata (“portare il lavoro a casa”), una maggiore intensità del lavoro e stress legato alla tecnologia.  

Per complicare ulteriormente le cose, ciò che potrebbe essere una conseguenza positiva per un individuo potrebbe essere una conseguenza negativa involontaria per un altro.

 

Il concetto chiave è che sia gli aspetti positivi sia quelli negativi dovrebbero essere affrontati in relazione allo specifico disturbo mentale. Non esiste una soluzione valida per tutti, ma solo uno sforzo congiunto tra medico del lavoro, psicologo clinico, datore di lavoro e lavoratore può portare ad una soluzione adeguata della questione.

Come detto in precedenza, l’opportunità per i datori di lavoro è quella di sostenere un impiego sicuro e sano delle persone con disturbo mentale, con programmi che li aiutino a ottenere, mantenere ed eccellere nei posti di lavoro, e quindi a sostenere una   forza lavoro diversificata ma produttiva. Lo studio si conclude con alcuni nomi di persone con disturbi mentali che hanno eccelso nelle loro attività: John Nash, matematico; JK Rowling, scrittrice; Katelyn Ohashi, ginnasta; Lady Gaga, cantante.

 

Paola de Vita

ADAPT Professional Fellow

@PaoladeVita1

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