Incremento del Salario Minimo Interprofessionale e impatto sul lavoro: il caso spagnolo

ADAPT – Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro

Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui

Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 13 giugno 2022, n. 23
 
Sull’onda del dibattito in corso circa la possibile introduzione del salario minimo in Italia, può essere utile valutare quale impatto abbia avuto per la Spagna l’incremento del 22% del salario minimo decretato nel 2019, grazie allo studio Los efectos del Salario Mínimo Interprofesional en el empleo: nueva evidencia para España pubblicato dal Banco de España nel giugno del 2021.
 
In particolare, l’obiettivo dello studio è stato quello di valutare, con il vantaggio di poter utilizzare dati ex post e micro-dati al posto di dati aggregati, l’impatto di tale innalzamento su quelle persone i cui salari, prima del 2019 si collocavano al di sotto del salario minimo interprofessionale. Un focus specifico, dunque, che però offre i risultati più affidabili tra quelli attualmente disponibili per misurare gli effetti sul lavoro che l’incremento del salario minimo interprofessionale ha prodotto.
 
Lo studio quantifica nel 10% degli occupati a dicembre 2018 il gruppo di lavoratori coinvolti dall’innalzamento del salario minimo interprofessionale, il che equivale a 1,6 milioni di persone, tra cui, principalmente giovani, stagionali, lavoratori delle piccole e medie imprese e del settore agricolo. Va segnalato, tuttavia, che questi dati fotografano la situazione in un determinato periodo dell’anno (dicembre 2018), lasciando dunque fuori, ad esempio, la categoria degli stagionali estivi, che con grande probabilità rientrerebbe in quella percentuale.
 
Allo scopo di ottenere risultati quanto più possibile affidabili, lo studio ha utilizzato i dati della Muestra Continua de Vidas Laborales (MCVL), vale a dire, un insieme di microdati individuali, ma anonimi, estratti dai registri della Sicurezza Sociale, e dei quali si è osservata l’evoluzione nel corso degli ultimi anni. Dall’analisi così realizzata è emerso che, all’esito dell’incremento del salario minimo interprofessionale, l’effetto sul lavoro sarebbe stato, alla fine del 2019, quello di una perdita di occupazione netta tra i 6 e gli 11 punti percentuali con riferimento ai lavoratori della categoria indicata (lavoratori il cui salario prima dell’aumento era inferiore al minimo interprofessionale), il che equivale ad una perdita complessiva di lavoro dipendente compresa tra 0,6 e 1,1 punti percentuali, e ad una perdita tra i 2 e i 3 punti percentuali se il riferimento è ai lavoratori con contratto a tempo pieno.
 
Nella valutazione offerta dallo studio in esame, le ragioni di questo effetto potrebbero essere duplici. Da un lato, può darsi che i lavoratori con salari più bassi, dopo l’incremento del salario minimo interprofessionale, abbiano subito la perdita del lavoro con una probabilità maggiore rispetto al passato; dall’altro, sebbene non si registri un particolare impatto sui licenziamenti, è possibile che la creazione di nuovi posti di lavoro a quei livelli salariali abbia subito una riduzione senza un contestuale aumento di occupazione a salari leggermente superiori.
 
Per comprendere, dunque, quale di questi effetti – perdita del lavoro e mancata assunzione – abbia avuto un’incidenza maggiore, lo studio effettua, altresì, un’analisi dell’impatto sul lavoro basata sulle transizioni tra occupazione e disoccupazione (oltre anche ad altri fattori) con riferimento, ancora una volta, alla categoria coinvolta, quella, cioè, dei lavoratori il cui salario fino al 2018 risultava inferiore al minimo interprofessionale.
 
Quel che è emerso è che la probabilità di continuare a lavorare a tempo pieno si è vista ridotta, per i lavoratori interessati dall’innalzamento del salario minimo, di 3,2 punti percentuali, proprio a causa, nella grande maggioranza dei casi (81,4%), della transizione ad una situazione di disoccupazione. Solo in misura minore, detta riduzione è stata dettata dalla transizione ad un lavoro a tempo parziale o autonomo.
 
È stato possibile riscontrare, inoltre, come l’effetto sul lavoro abbia caratteristiche eterogenee in funzione delle diverse fasce d’età. Per i lavoratori di età compresa tra i 45 e i 64 anni, la probabilità di perdere il lavoro aumenta di 6,01 punti percentuali, nella maggior parte dei casi (87%) a causa della perdita del lavoro. Tra i più giovani, nella fascia d’età tra i 16 e i 24 anni, l’impatto è più ridotto (2,4 punti percentuali in meno), e solo il 44,1% di essi passano ad essere disoccupati.
 
Il dato che sorprende, tuttavia, è che le stesse statistiche realizzate in occasione dell’incremento del salario minimo decretato nel 2018, che era stato di gran lunga inferiore (8%), davano conto di un impatto addirittura maggiore quanto alla probabilità di perdere il lavoro, rispetto al 2019. Secondo le stime del Banco de España, questo potrebbe essere dovuto al fatto che l’aumento della probabilità di rimanere disoccupati è un dato da considerarsi non direttamente correlato alla misura dell’incremento salariale.
 
La stessa tendenza si riscontra nella transizione dalla disoccupazione all’occupazione: i risultati mostrano una riduzione (di 2,7 punti percentuali) nella probabilità di essere assunti a seguito dell’incremento del salario minimo interprofessionale, in particolare per quanto riguarda i più giovani (per i quali la riduzione raggiunge i 4,3 punti percentuali).
 
A livello metodologico, tuttavia, lo stesso Banco de España avverte che i risultati cui si è giunti vanno letti con una certa cautela, giacché, in primo luogo, l’analisi ha coinvolto unicamente i lavoratori dipendenti iscritti al regime generale, rimanendo così esclusi i lavoratori del regime speciale, tra cui, ad esempio, i lavoratori domestici, fattore di non poco conto se si considera l’elevata incidenza del salario minimo interprofessionale in questa categoria; in secondo luogo, sono stati presi in considerazione soltanto i lavoratori a tempo pieno che abbiano lavorato tutti i giorni del mese, lasciando fuori dalle statistiche, di conseguenza, i lavoratori che prestano la propria attività in maniera sporadica.
 
In conclusione, non può negarsi che l’innalzamento del salario minimo interprofessionale abbia avuto, complessivamente, un impatto negativo sul lavoro. Peraltro, tale valutazione del Banco de España è arrivata proprio nel momento in cui il ministro del lavoro Yolanda Díaz annunciava l’intenzione di innalzare ulteriormente il salario minimo interprofessionale, nonostante gli effetti della crisi economica sulle imprese. L’errore, probabilmente, risiede nel fatto che tale incremento non vada di pari passo con adeguate misure di accompagnamento dei lavoratori coinvolti, attraverso percorsi di formazione che li aiutino ad acquisire le competenze necessarie ad affrontare quelle transizioni.
 
Lavinia Serrani

Ricercatrice ADAPT

Responsabile Area Ispanofona

@LaviniaSerrani

Incremento del Salario Minimo Interprofessionale e impatto sul lavoro: il caso spagnolo