Il successo di Garanzia Giovani? Questione di metodo. Il modello Provincia di Verona

I numeri sulle adesioni di Garanzia Giovani e quelli sulle effettive opportunità date ai Neet non hanno sortito gli effetti sperati: solo il 21% degli oltre 2 milioni di Neet si è iscritto, solo la metà di questi ha fatto almeno un primo colloquio. L’impressione, a quasi un anno dalla partenza del Piano, è che si sia persa l’opportunità di creare un nuovo modello di incontrato tra domanda e offerta di lavoro e in particolare quella, auspicata dalle istituzioni europee, di rafforzare i servizi pubblici per il lavoro: il vero terminale di riferimento per i giovani che, proprio perché nella condizione di Neet, avrebbero bisogni di un peculiare e capillare sistema di accompagnamento.

 

Perché in certi casi il mezzo è più importante del fine. O almeno aiuta a raggiungerlo meglio. Pur partendo da buoni propositi e buoni presupposti, l’utilizzo di canali sbagliati ha finora sancito l’insuccesso di Garanzia Giovani. Perché? Intanto perché la maggior parte dei finanziamenti puntano ad incentivare direttamente le imprese che, dalle indennità di tirocinio al bonus per assunzione di almeno 6 mesi, ricevono risorse per poter “recuperare” un Neet. Il problema è che spesso queste imprese non ci sono, o almeno non sono note: se infatti da un lato l’offerta (i Neet), nonostante i numeri , è comunque quantificata e qualificata, manca dall’altro lato una dovuta quantificazione e qualificazione della domanda. In tutto questo il ruolo delle autorità pubbliche, in particolare dei servizi per l’impiego, è stato indebolito e si è persa l’occasione per ridurre la complessità e l’onerosità dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta.

 

Ci sono tuttavia dei modelli “pubblici” che, nonostante tutto, riescono comunque a garantire dei risultati soddisfacenti: tra questi il caso della Provincia di Verona, che è stato raccontato agli studenti di Adapt da Luigi Oliveri. Nella Regione Veneto i Centri pubblici per l’impiego (CPI), proprio perché presenti in modo capillare sul territorio, sono il primo canale scelto dai giovani per conoscere Garanzia Giovani e sottoscrivere il patto di attivazione (è la scelta preferenziale per l’88% di loro). I giovani presi in carico dalle agenzie per il lavoro private sono invece il 12%. In questo quadro la provincia di Verona detiene il primato tra gli Youth Corner più virtuosi con 2791 adesioni.


Come è stato possibile raggiungere questo risultato? Luigi Oliveri ha spiegato che è stato necessario un cambio di paradigma: focalizzarsi sulla domanda delle imprese per meglio rispondere all’offerta dei Neet. Merito di questa impostazione va alla Regione Veneto che ha colto la necessità di porre l’attenzione anche sulla domanda (e non solo sull’offerta) e con le sue direttive ha indirizzato il modus operandi dei CPI regionali tra cui spiccano quelli veronesi. Ci si è infatti resi conto che non è stato sufficiente incentivare le imprese con un bonus per la stipula di un contratto o l’avvio di un tirocinio per aumentarne la partecipazione. A non essere conosciuta è infatti la domanda delle imprese che dovrebbe essere obbligatoriamente resa nota e quindi creare un vero mercato trasparente in grado di “smuovere” i Neet in un determinato territorio. La raccolta di informazioni sui fabbisogni lavorativi delle imprese è stato il segreto del successo degli Youth Corner della Provincia di Verona. Ma per realizzarlo, per indurre le imprese a manifestare la domanda, si è fatto necessario un peculiare metodo di lavoro.

 

I funzionari della Provincia di Verona di fatto si sono recati fisicamente dalle imprese del territorio e hanno stilato una lista di aziende, con relativi progetti che hanno specificato la loro domanda, creando un vero e proprio registro dei fabbisogni. Le attività si sono inserite nell’ambito del progetto della Regione Veneto “Mettiti in moto! Neet vs Yeet – Le opportunità per i giovani in Veneto” ideato per dare concreto avvio al Piano di Attuazione Regionale della Garanzia Giovani. Così ad esempio per il progetto “Analista progettista di software” (già nel titolo il richiamo alla professionalità richiesta), direttamente promosso dalla Provincia di Verona, ha visto 9 aziende veronesi esprimere la propria disponibilità ad accogliere in tirocinio la figura richiesta rispettando i requisiti previsti dal bando. Su questo modello, altre aziende del territorio hanno manifestato la propria disponibilità chiarendo in anticipo la loro richiesta di personale. Nella scheda che ciascuna azienda ha dovuto compilare, oltre ai classici dati “anagrafici” (Fatturato, codice Ateco, amministrazione) è stato necessario specificare la motivazione per ricevere il finanziamento regionale. Sono stati altresì chiariti gli obiettivi formativi, gli obiettivi di sistema, il tipo di intervento e il numero totale di ore di tirocinio, il titolo di studio richiesto, così come le competenze linguistiche. In altre parole ogni aspetto riguardante sia i fabbisogni sia la capacità delle imprese di accompagnare il tirocinante è stato dettagliato per iscritto.

 

In questo modo la fase di matching tra domanda e offerta si può aprire con maggiore velocità ed efficacia, pur nonostante la complessità dei meccanismi burocratici e l’onerosità del lavoro che grava sulle (poche) risorse della Provincia di Verona dedicate. Sulla base della domanda infatti i CPI raccolgono le candidature dei giovani dopo un avviso che rende pubblica la richiesta di tirocinanti. Formata una graduatoria dell’offerta, si invia una rosa di candidati alle aziende. Una volta noto l’esito della selezione presso le aziende partner il candidato viene accolto in un percorso di orientamento di 8 ore totali (7 di lavori di gruppo, 1 di lavoro individuale). Successivamente si concorda con l’azienda e il tutor del tirocinio la data di avvio delle attività, si preparano i registri per ciascun tirocinante che andranno vidimati presso la Regione Veneto. Dopo una serie di altre formalità che coinvolgono il tutor del tirocinio finalmente l’attività può partire. Alla fine del tirocinio, dopo uno specifico monitoraggio, si terranno le ultime ore di orientamento in cui si valutano i risultati della formazione in azienda. Qualora l’esito del tirocinio fosse negativo, il giovane viene “ri-orientato” con peculiare attenzione sui punti di forza e di debolezza del suo percorso. Sarà garantita al giovane, in questi casi, una segnalazione verso altre 2 aziende partner.

 

L’attenzione alle peculiarità del territorio e alla domanda delle imprese hanno permesso di raggiungere in Veneto, ed in particolare nella Provincia di Verona, dei buoni risultati. Modelli di questo tipo si possono esportare anche in altre parti del Paese, e probabilmente anche nelle aree in cui il mercato del lavoro é meno dinamico e conosciuto come quelle del Sud Italia. Quando le istituzioni regionali e provinciali riescono a collaborare e a ridurre i pur onerosi passaggi burocratici e quando le imprese possono chiarire qual è il loro fabbisogno si innescano meccanismi virtuosi che fanno del Piano Garanzia Giovani una vera opportunità per i Neet: questo ha mostrato il modello Provincia di Verona a cui, si spera, potranno seguire molti altri.

 

Alfonso Balsamo

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@Alfonso_Balsamo

 

Scarica il pdf  pdf_icon

 

Il successo di Garanzia Giovani? Questione di metodo. Il modello Provincia di Verona
Tagged on: