Il mio canto libero – Le politiche (pro)attive del lavoro si misurano con le assunzioni e non con le pratiche burocratiche

Bollettino ADAPT 7 novembre 2022, n. 38
 

La professoressa Lucia Valente su lavoce.info ha espresso la critica più ragionata e perciò più efficace al programma Gol attraverso la lettura del rapporto di monitoraggio sul Pnrr e la contabilizzazione fuorviante dei beneficiari. Come era facile prevedere, la burocratizzazione dei percorsi assegnati alla funzione esclusiva dei centri per l’impiego, lungi dal rivitalizzarli, ne ha esaltato il tradizionale ruolo passivo. Nel momento in cui i mercati del lavoro si sono fatti transizionali, le imprese e i lavori hanno acquistato originalità e nulla è più riconducibile a standard professionali e formativi, il collocamento deve essere mirato a “quella” persona e a “quella” impresa. Ma ciò significa partire sempre dalla domanda e conseguentemente formare le persone che affinché vi possano corrispondere. Tutti gli intermediari dovrebbero essere incentivati a produrre assunzioni in proporzione al grado di svantaggio dei disoccupati. Per i centri pubblici i “buoni” incassati potrebbero tradursi in un fondo premiale per i dipendenti. Le assunzioni, specie quelle degli svantaggiati, dovrebbero essere quindi l’unica, vera, misura del successo delle politiche attive e dei fondi europei ad esse destinati.

 

Confidiamo che il nuovo governo voglia prendere atto del fallimento del programma Gol e dello stesso Pnrr, in tutto e per tutto concentrati sul potenziamento dei Centri per l’Impiego a prescindere dal loro riorientamento competitivo ai veri risultati. E riprendere la via dell’assegno o buono di ricollocamento, inversamente commisurato alla capacità professionale del beneficiario, così da scatenare tutti gli intermediari. Tra questi una particolare attenzione meriterebbero quelli privato-sociali. Sindacati, associazioni d’impresa, enti bilaterali, terzo settore, scuole superiori, università. Da tempo sono stati per lo più autorizzati “ope legis” in relazione alla loro potenziale propensione a favorire l’inclusione nel mercato del lavoro. Infatti non è vero che non si sia mai fatto nulla per le politiche del lavoro.

 

Nella logica della sana concorrenza che mette al centro le persone in cerca di lavoro, il legislatore aveva scelto di potenziare le agenzie private rimuovendo l’oggetto esclusivo della somministrazione e di autorizzare direttamente i consulenti del lavoro, le istituzioni educative e i corpi sociali. Soprattutto questi ultimi si sono mossi con lentezza ma si sono mossi. Hanno pesato inibizioni ideologiche che la realtà si è incaricata di smontare. Lo sviluppo dei servizi individuali e della bilateralità nei mercati fragili dell’agricoltura e dei lavori servili possono dare rappresentanza e utilità a lavoratori spesso deboli perché isolati. Allo stesso tempo, consulenti e associazioni datoriali sono chiamati a favorire il reclutamento mirato di clienti e associati. Tutti devono trasformare i vecchi enti formativi di riferimento per privilegiare programmi personalizzati, efficaci, veloci. O concorrere ai nuovi canali della istruzione tecnica superiore. Le trasformazioni produttive e la modernizzazione del terziario come del primario determinano transizioni occupazionali che devono essere accompagnate. Così come i giovani, già pochi a causa del declino demografico, meritano una pluralità di canali educativi che ne valorizzino i talenti. È l’ora delle soluzioni discontinue che si misurano con i numeri della effettiva inclusione nel mercato del lavoro.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

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