I rischi psicosociali per i lavoratori della sanità e del long-term care. Uno studio ETUI su Germania, Spagna e Svezia

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Bollettino ADAPT 30 gennaio 2023, n. 4
 
I lavoratori che operano nel settore della sanità e della long term care sono stati oggetto di grande esposizione mediatica durante la pandemia e l’opinione pubblica, guidata da un sentimento di empatia nei confronti di sacrifici definiti più volte “eroici”, ha preso atto delle precarie condizioni in cui questi lavoratori si trovano.
 
Nel 2022 è stato pubblicato il report dell’ETUI “Psychosocial risks in the healthcare and long-term care sectors. Evidence review and trade union views che si occupa di inquadrare la problematica dei rischi psicosociali legati al lavoro nel settore della sanità e dell’assistenza ai soggetti non autosufficienti. In particolare, sono state ricercate le cause di tali rischi e le possibili misure di prevenzione.
 
Il report comprende un’analisi delle opinioni della dottrina sul tema (condotto tra gennaio 2021 e marzo 2021 da ricercatori dell’Instituto Sindacal de Trabajo, Ambiente y Salud) e una raccolta dati tramite interviste ai responsabili dell’area salute e sicurezza sul lavoro e della contrattazione collettiva delle organizzazioni sindacali in Germania, Spagna e Svezia.
 
Sono stati scelti questi tre Paesi al fine di individuare elementi comuni in contesti diversi tra loro: in Spagna, infatti, la sanità, nonostante la privatizzazione, è ancora molto influenzata dalla Pubblica Amministrazione, mentre in Germania la maggior parte delle strutture sono gestite e regolate da soggetti privati e in Svezia coesistono entrambe le realtà (ma le strutture private sono poche); per quanto riguarda le strutture di lungodegenza, invece, in Germania e in Spagna sono per lo più private, mentre in Svezia pubbliche; inoltre, in Germania e Svezia c’è una forte tradizione della contrattazione collettiva (in Germania principalmente aziendale) e di partecipazione dei lavoratori, tramite loro rappresentanti, ai consigli di amministrazione, mentre in Spagna le parti sociali giocano un ruolo importante ma sono legate alla regolamentazione statale e non hanno un grande potere a livello aziendale.
 
Il report in oggetto indaga il problema dei rischi psicosociali in un contesto europeo caratterizzato dalla privatizzazione, dalla commercializzazione del lavoro di cura, dall’austerity e dalla conseguente generale carenza di personale. Nell’ultimo decennio i finanziamenti pubblici nel settore della sanità sono diminuiti in tutta Europa. Ciò ha portato alla chiusura di ospedali ed a una tendenza alla privatizzazione e all’adozione di logiche di mercato. Si è passati così ad un sistema di finanziamento per lo più basato su indicatori di performance e non più sul numero di pazienti ospitati dalla singola struttura.
 
Questo nuovo approccio manageriale, basato su principi di produttività ed efficienza, si ripercuote negativamente sulla salute (anche mentale) dei lavoratori e sulla qualità dei servizi offerti.
 
Il contesto normativo varia significativamente tra i diversi Paesi.
In Germania esistono poche norme che regolano le condizioni di lavoro nei settori in esame e le disposizioni in materia derivano da accordi per lo più di livello aziendale. Inoltre, nel settore della sanità e dell’assistenza ai non autosufficienti esistono pochissime rappresentanze aziendali dei lavoratori: le persone che operano in questi settori spesso non si organizzano in comitati di rappresentanza a causa del clima di sconforto e della concreta mancanza di tempo da dedicare all’attivismo.
 
In Spagna, sulla base delle leggi esistenti, i datori di lavoro sono obbligati ad eseguire una valutazione dei rischi che includa anche i rischi psicosociali. Tuttavia, nella realtà sono pochissime le strutture che rispettano questa disposizione: in particolare nelle strutture più piccole e comunque in quelle private è molto difficile trovare riferimenti a tali rischi all’interno delle valutazioni.
 
In Svezia i sindacati hanno iniziato a fare pressione per una regolamentazione in merito ai rischi psicosociali ancora molti anni fa. Infatti, la normativa svedese sui rischi psicosociali è molto avanzata rispetto ad altri Paesi europei. L’Arbetsmiljolagen (Swedish Work Environment Act) del 1977 prevedeva già regole stringenti per quanto riguarda l’ambiente di lavoro (tuttavia, in Svezia, i settori in esame sono regolati a livello regionale e locale e vi è la possibilità di derogare alle leggi nazionali in materia). L’Arbetsmiljolagen prevede, inoltre, monitoraggi per valutare l’applicazione della normativa.
 
In questi diversi Paesi è stata riscontrata la presenza degli stessi fattori di rischio psicosociale: carichi di lavoro troppo pesanti, condizioni e rapporti di lavoro che creano incertezza e instabilità sia economica che psicologica, alto livello di coinvolgimento emotivo, difficoltà nel bilanciare tempo di vita e tempo di lavoro, mancanza di autonomia decisionale e di coinvolgimento a livello di organizzazione, scarso riconoscimento e scarsa retribuzione, basso livello di supporto sociale da parte di colleghi e superiori.
 
È stato constatato che i rischi psicosociali e le conseguenti ricadute sulla salute dei lavoratori e sulla qualità del lavoro di cura non sono elementi intriseci nella natura dei settori della sanità e della long term care, ma dipendono dall’organizzazione delle strutture e dalle scelte del management in merito ad assunzioni, gestione del budget, dei tempi e degli spazi.
 
Dal confronto è emerso anche il fatto che i rischi psicosociali in questi settori sono strettamente collegati con la discriminazione di genere. Inoltre, è stata riscontrata anche una tendenza di generale svalutazione della professione di infermiere, svolta prevalentemente da donne. La rappresentazione di questo lavoro come una “vocazione” crea aspettative che non hanno a che fare con le competenze tecniche necessarie per le mansioni ma riguardano caratteristiche personali come la pazienza, la devozione e la iper-disponibilità. Tali aspettative, unite al fatto che una simile svalutazione delle competenze è spesso connessa a salari non adeguati, diventano fonte di rischio per la salute mentale.
 
In tutte le realtà esaminate i sindacati ritengono sia fondamentale lavorare sull’applicazione effettiva ed efficace dei principi ed eventualmente delle leggi (già esistenti in Spagna e in Svezia) in materia di rischi psicosociali.
 
In Svezia, prima della pandemia, LO (la Confederazione dei sindacati svedesi) ha iniziato a collaborare con 290 comuni per aiutarli ad affrontare il problema della carenza di personale.

Anche Kommunal (uno dei principali sindacati nel settore del lavoro di cura) ha elaborato una strategia per l’ambiente di lavoro con linee guida specifiche per il settore.
 
In Spagna, invece, i sindacati hanno sviluppato modalità specifiche per rispondere alle relazioni obbligatorie di valutazione dei rischi delle aziende, redigendo controrelazioni che, a volte, hanno prodotto buoni risultati. Inoltre, i sindacati si sono occupati di casi di reclamo e hanno condotto campagne di sensibilizzazione sui rischi psicosociali.
 
In Germania, infine, dove una legge ancora non c’è e dove tradizionalmente si predilige il livello aziendale, i sindacati si sono concentrati sul sostegno alla creazione di comitati nelle organizzazioni sanitarie e di lungodegenza e sono stati conclusi alcuni importanti accordi collettivi nel settore ospedaliero.
 
Considerando, infine, la situazione a livello europeo, la Direttiva quadro europea 89/391 sulla sicurezza e la salute sul lavoro, prevede che se una valutazione dei rischi dimostra che le condizioni di lavoro derivanti dall’organizzazione del lavoro sono pericolose per la salute, tali condizioni di lavoro devono essere modificate alla fonte e con la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori.  Tuttavia, come osservato, le valutazioni e le conseguenti misure applicate spesso non prendono in considerazione in modo adeguato i rischi psicosociali.
 
Secondo la Commissione europea sarebbe opportuno che i rischi psicosociali fossero coperti da una direttiva specifica dell’UE e questo sembrerebbe il momento più adatto, considerando che la recente esperienza pandemica ha costretto la società ad aprire gli occhi sulle problematiche connesse alla salute mentale.
 
Silvia Caneve

ADAPT Junior Fellow

@CaneveSilvia

I rischi psicosociali per i lavoratori della sanità e del long-term care. Uno studio ETUI su Germania, Spagna e Svezia