Cosa ci dicono le esperienze formative e di lavoro degli studenti universitari? L’osservatorio del corso di diritto del lavoro (#DirLav2025) del Dipartimento di Economia di UniMoRe

Interventi ADAPT

| di Francesco Alifano

Bollettino ADAPT 27 ottobre 2025, n. 37

È da alcuni anni che, all’avvio dell’insegnamento di Diritto del Lavoro del corso di laurea in Economia e management dell’Università di Modena e Reggio Emilia, gli studenti frequentanti sono invitati a consegnare il proprio curriculum vitae, realizzando un esercizio utile ad individuare, a partire dalle proprie esperienze e prospettive di lavoro, qualifiche professionali, mestieri e schemi giuridici, rileggendo così categorie, temi e concetti fondamentali del diritto del lavoro (per ulteriori indicazioni su questo esercizio, si vedano già M. Ori, Lezioni di employability: insegnare a scrivere un CV per progettare il futuro degli studenti ed educarli al “pensiero alternativo”, in Bollettino ADAPT, 25 marzo 2013, n. 11, e L. Casano, Giovani e lavoro in Italia, attraverso l’analisi di 170 CV di studenti universitari, in Bollettino ADAPT, 29 ottobre 2014, n. 39).

Quest’esercizio, che ha il merito di coinvolgere gli studenti in un percorso di apprendimento laboratoriale e personalizzato, non esaurisce la sua utilità esclusivamente sul piano della didattica. Consente, infatti, allo studioso delle dinamiche del mercato del lavoro di ricevere preziose indicazioni sul rapporto tra giovani, formazione e lavoro, e, in particolare, sulle caratteristiche delle esperienze lavorative svolte nella prima fase di ingresso nel mercato del lavoro da una classe di studenti universitari (si veda in proposito anche F. Alifano, L. Casano, T. Galeotto, A. Guerra, S. Milani, M. Tiraboschi, Scuola/Università e mercato del lavoro: la transizione che non c’è, in Materiali di discussione ADAPT, 2022, n. 7). D’altra parte, l’osservazione del dato di realtà potrebbe aiutare a spiegare, comprendere e valutare, specificamente in relazione al rapporto tra giovani e lavoro, anche le diverse opzioni di regolazione dei fenomeni registrati.

Un primo elemento da evidenziare riguarda allora il numero di esperienze lavorative registrate nei CV degli studenti coinvolti. Su 152 CV consegnati, ne sono stati analizzati in un’esercitazione laboratoriale svolta in aula 88, da cui emergono oltre 320 esperienze di lavoro – qui intese come una vasta gamma di attività sia dal punto di vista del settore economico sia da quello dell’inquadramento giuridico, rientrandovi infatti tanto le esperienze di lavoro in senso stretto quanto quelle di lavoro “senza contratto” (tirocini, PCTO, volontariato e anche lavoro irregolare) –, con una media di 3,66 per studente.

Lungi dal poter essere etichettati come fannulloni, dunque, anche i giovani studenti hanno conosciuto il lavoro, ma, in molti casi, in condizioni non ottimali. Guardando agli schemi giuridici realizzati, infatti, su 322 esperienze lavorative registrate appare prevedibilmente marginale nel campo del lavoro subordinato il lavoro reso mediante contratto di lavoro a tempo pieno e tempo indeterminato, che ricorre in soli 7 casi (pari a circa il 2%), mentre molto più frequenti sono, anche in ragione degli impegni di studio, i contratti a tempo determinato (54, pari a quasi il 17%, a cui aggiungere altri 19 casi di lavoro stagionale, ossia quasi il 6% del totale delle esperienze lavorative), a tempo parziale (27, pari all’8%) e di lavoro intermittente (36, ovvero l’11%). Un caso a parte riguarda il contratto di apprendistato, che, pur dovendo rappresentare il canale privilegiato di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, si registra solo in 5 esperienze lavorative, pari all’1,5% del totale. Parimenti marginali sono le esperienze di lavoro autonomo e parasubordinato, che si registrano in tutto 12 casi, pari circa al 3,5% del totale.

Con maggiore frequenza si registrano invece le esperienze di lavoro senza contratto. Tralasciando il lavoro familiare (che ricorre in 9 casi, pari a quasi il 3% del totale), è da sottolineare che tra le esperienze più frequenti si registrano prevedibilmente i tirocini, che ricorrono in 51 casi (pari a quasi il 16% del totale) e le attività di volontariato (37, ovvero l’11%). Lo schema più frequente è però il lavoro irregolare, che ricorre in ben 57 casi, pari a quasi il 18% del totale, confermando la tendenza per cui i giovani accedono spesso al mercato del lavoro senza le necessarie tutele retributive, previdenziali e assicurative.

Focalizzando l’attenzione sui mestieri svolti dagli studenti, si evince una scarsa coerenza tra le esperienze lavorative e i percorsi di studio. Le esperienze che si registrano con maggiore frequenza riguardano infatti i mestieri di cameriere (38), animatore (20), barista (19), insegnante privato (18) e collaboratore di studio (16). Una tale situazione si riflette sui settori in cui gli studenti sono stati o sono tuttora impiegati: circa il 32% degli studenti dichiara di aver lavorato nel settore dei pubblici esercizi e della ristorazione e il 15% nel settore del terziario e della distribuzione.

Nel complesso, i risultati dell’esercizio di mappatura ed analisi confermano come l’avvio delle traiettorie professionali dei giovani sia connotato da frammentarietà e discontinuità, oltre che dall’assenza di un seppur minimo canale di comunicazione tra l’impegno di studio e l’esperienza lavorativa. Ciò che emerge dall’analisi dei CV degli studenti è l’immagine di un sistema che fatica a connettere formazione e occupazione in modo coerente e strutturato. La frammentarietà delle esperienze, la marginalità di alcuni canali – come l’apprendistato – che potrebbero consentire una diversa maturazione delle competenze e la frequenza di forme di lavoro irregolare o prive di tutele sono segnali di una transizione mancata, che richiederebbe di ripensare le politiche in ordine al rapporto tra giovani e lavoro.

In questo senso, l’esercizio di scrittura del CV non è soltanto un momento formativo per gli studenti: rappresenta uno specchio delle dinamiche reali del mercato del lavoro e un terreno da cui ripensare le politiche di raccordo tra formazione e occupazione. È qui che si gioca, in ultima analisi, la possibilità di trasformare esperienze frammentarie in percorsi professionali di valore e sostenibili.

Francesco Alifano

Assegnista di ricerca

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

X@FrancescoAlifan