Diritti e doveri: alcune evidenze dalle dimissioni entro l’anno di vita del figlio

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Bollettino ADAPT 19 dicembre 2022, n. 44

 
Nell’anno che sta volgendo al termine il tema delle dimissioni dei lavoratori è stato oggetto di un intenso dibattito pubblico. La grande ondata di lavoratori dimissionari che, senza precedenti, ha “travolto” il mercato del lavoro italiano ha avuto il merito di richiamare l’attenzione, non solo su un Paese alla costante ricerca di un equilibrio tra vita privata e lavorativa, ma anche sulle procedure che disciplinano tale materia.
 
In questa prospettiva, l’art. 26 del D.lgs 151/2015 ha disposto che, a partire dal 12 marzo 2016, le dimissioni dovessero essere comunicate dal lavoratore esclusivamente in via telematica, utilizzando appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e trasmessi al datore di lavoro. La comunicazione, che di per sé contiene solo i dati essenziali (la data di assunzione, la tipologia di contratto e la decorrenza delle dimissioni) viene protocollata e inviata dal portale ministeriale direttamente all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’azienda, senza alcun ulteriore adempimento da parte dell’interessato.
 
Il modulo “telematico”, introdotto con la principale finalità di evitare il fenomeno delle c.d. “lettere di dimissioni in bianco” (Circolare MLPS n.12 del 5 marzo 2016), si applica a tutti i rapporti di lavoro subordinato, a eccezione di alcune fattispecie. La disciplina di cui all’art. 26 del D.lgs 151/2015 non si applica, infatti, ai rapporti di lavoro domestico e ai casi in cui il recesso interviene nelle sedi “protette” (art. 26 comma 7 D.lgs 151/2015), al recesso durante il periodo di prova, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai rapporti di lavoro marittimo e alle dimissioni e risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro presentate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza o dalla lavoratrice/lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino.
 
In particolare, quest’ultimo caso, meritevole di particolare tutela, osserva delle  peculiari regole che si intendono qui approfondire.
 
A prescindere dalla fruizione dei congedi a tutela dei figli, come precisa la Nota INL del 25 settembre 2020, e in ragione del periodo “protetto” ai sensi del dell’art.55 comma 4 del D.lgs 151/2001 (come modificato dalla Legge 92/2012), madri e padri sono infatti obbligati a presentare al datore di lavoro le proprie dimissioni in formato cartaceo e a richiederne la convalida all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente, anche laddove si tratti di recesso durante il periodo di prova o, con talune specificità, di lavoro domestico.
 
Nello specifico, i lavoratori sono tenuti a presentarsi personalmente presso l’Ispettore di turno, ora anche per il tramite di un collegamento da remoto, portando con sé la lettera di dimissioni indicante la data dell’ultimo giorno in forza con l’apposizione in calce del timbro di ricevuta da parte della ditta (in alternativa la ricevuta di spedizione della raccomandata postale), un documento di identità/titolo di soggiorno e una busta paga recente.

A tutela della lavoratrice e del lavoratore, le dimissioni vengono poi convalidate in prossimità alla scadenza del rapporto di lavoro. Al fine di accertare e salvaguardare la genuinità della scelta, l’effettività del recesso è subordinata all’avvenuta convalida delle dimissioni da parte dell’ente.
 
Pur osservando la medesima procedura, le dimissioni volontarie presentate entro l’anno di vita del figlio si distinguono però per particolari e aggiuntive tutele. Ai sensi rispettivamente del comma 5 e comma 1 del D.lgs 151/2001, i lavoratori e le lavoratrici non solo non sono tenuti all’obbligo del preavviso ex art. 2118 c.c. (Interpello 7 novembre 2014 n. 28), ma godono parimenti del diritto di accedere alle indennità previste dalle disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.

In sostanza, è consentita loro la cessazione immediata, il riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso e la possibilità di fruire della disoccupazione. In particolare, per beneficiare della Naspi sarà necessario inviare all’Inps anche la lettera di avvenuta convalida predisposta dall’Ispettorato del Lavoro.
 
Nonostante la complessità percepita rispetto agli obblighi procedurali – che porta spesso i lavoratori a rivolgersi agli uffici degli enti abilitati, come le organizzazioni sindacali – le differenze evidenziate mettono in luce un quadro normativo in cui lo Stato svolge una funzione tipicamente “sociale”, volutamente indirizzata a incentivare la genitorialità e a tutelare i lavoratori con specifici carichi di cura.
 
In particolare, l’esigenza di equiparare gli effetti delle dimissioni a quelli della perdita involontaria del posto di lavoro deriva dalla presunzione che il lavoratore o la lavoratrice, fino al compimento di un anno di età del figlio, si trovi in una posizione di fragilità, maggiormente esposto al rischio di essere discriminato dalle logiche produttive del mercato del lavoro. A tal proposito, basti pensare ai mutamenti di mansioni, alla mancata valorizzazione, agli spostamenti del luogo di lavoro o a vere e proprie strategie di emarginazione messe in atto al rientro dai congedi.
 
Di fatto, riconoscere il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e alla disoccupazione significa evitare che l’improvviso recesso arrechi danno al lavoratore, individuando, in capo all’azienda privata e all’istituto pubblico, forme di indennizzo per un mutamento lavorativo da presumersi attuato in funzione della indispensabile cura della prole.
 
Il servizio ispettivo del Ministero del Lavoro è tornato a chiarire più volte questa tematica, da ultimo con la Nota n. 9550 del 6 settembre 2022, a cui segue la più recente Nota n. 2414 del 06 dicembre 2022 contenente gli aspetti applicativi. Adeguandosi all’entrata in vigore del D.lgs 105/2022, in attuazione della direttiva UE 2019/1158 relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, l’ente interviene in una questione di dubbia interpretazione: l’applicazione ai padri delle tutele previste in caso di licenziamento per le dimissioni entro l’anno di vita del figlio.
 
Prima dell’entrata in vigore del D.lgs 105/2022, il testo del D.lgs 151/2001 era chiaro nel prevedere che il regime di tutela rafforzata potesse essere applicato solo alle madri, mentre ai padri fosse spettante in via residuale, ovvero potevano usufruirne solo nel caso in cui avessero avuto diritto al congedo di paternità in sostituzione alla madre, impossibilitata per gravi motivi ad attendere alle cure del bambino. In questo senso, il legislatore caratterizzava in modo tipicamente femminile gli impegni familiari.
 
Ad oggi, invece, nel contesto delle sollecitazioni europee e delle dinamiche reali che vedono una progressiva diminuzione del divario di genere tra i lavoratori che si dimettono nei primi anni di vita dei figli (vedi Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, INL, 2022), il congedo di paternità obbligatorio (relativo ai dieci giorni lavorativi, non solo dunque quello alternativo alla madre, ex art. 28 D.lgs 151/2001) viene a tutti gli effetti parificato al congedo di maternità obbligatorio.

Di conseguenza e in accordo con la tendenza ad estendere ad entrambi i genitori le misure previste del D.lgs 151/2001, la Nota INL n. 9550 del 06 settembre 2022  sembra sostenere che anche al padre che abbia fruito del congedo e che si dimetta entro l’anno di vita del figlio spettino le tutele (Naspi e indennità sostitutiva del preavviso), prima riconosciute in via quasi esclusiva alla madre.
 
Pur con una certa prudenza, questa interpretazione fortifica una lettura costituzionalmente orientata della norma attraverso “una interpretazione aderente al principio di uguaglianza e alle esigenze di solidarietà sociale”, peraltro già richiamata dalla Corte di Cassazione,sez. lav., n. 11676/2012.
 
È ancora presto per dirlo, non avendo molti riscontri pratici o precedenti valutabili sul piano operativo, ma l’architettura normativa così orientata potrebbe lasciare aperte alcune questioni. Sul versante pratico, se così fosse, sarà interessante osservare per esempio il comportamento della normativa di fronte ai casi concreti in cui entrambi i genitori si trovino di fronte alla medesima decisione di dimettersi.

Ancora, per i papà dimissionari entro l’anno di vita del bambino sembra emerge un elemento di differenza tra i presupposti richiesti per la procedura di convalida e quelli relativi all’accesso alle tutele previdenziali ed assistenziali. Infatti, il padre può accedere alle tutele della disoccupazione e del riconoscimento dell’indennità sostituiva del preavviso solo se ha usufruito di almeno un giorno di congedo di paternità, mentre ai fini della convalida delle dimissioni non è necessaria questa condizione, ma è sufficiente la sola conoscenza della situazione familiare da parte del datore di lavoro (vedi la Nota INL del 25 settembre 2020).

In ogni caso, pur non rappresentando una misura di conciliazione vita-lavoro, quanto piuttosto una mancata conciliazione (se l’effetto è quello della non conservazione del posto di lavoro), l’auspicio è che la novella sortisca l’effetto di stimolare attivamente gli individui verso comportamenti socialmente desiderabili lungo un fine come quello della simmetria relazionale, lasciando liberi i genitori di condividere le responsabilità e i carichi familiari.
 
Anna Marchiotti

Scuola di dottorato in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@Marchiotti_Anna

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